STRANIMONDI

Lost e The Walking Dead: con un po’ più di (fanta)scienza

Un evento ignoto ha sconvolto l'esistenza quotidiana, e un gruppo di persone deve sopravvivere cercando di capire cosa è successo: due note serie a confronto tra spunti di scienza e fantascienza non sempre sfruttati del tutto

cdc
Un rapido incontro con uno scienziato del Center for Disease Control fornisce le prime informazioni sul virus responsabile dell’epidemia zombie in The Walking Dead.

STRANIMONDI – Consideriamo due delle serie di maggior successo degli anni Duemila. La prima è Lost, creata da J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber, sei stagioni per un totale di 114 episodi. La seconda è The Walking Dead, basata sull’omonimo fumetto e ideata dal regista Frank Darabont, attualmente in corso (è uscita lunedì in Italia su Fox la decima puntata della sesta stagione). Ci sono molti punti in comune fra le due serie: un inizio brusco, in medias res: in Lost siamo di fronte a un gruppo di persone su un’isola deserta dopo un disastro aereo; in The Walking Dead (d’ora in poi, abbreviato in TWD) seguiamo il protagonista Rick Grimes mentre scopre che il mondo è alle prese con una ormai inarrestabile epidemia zombie. Ben presto incontrerà un nucleo di altri sopravvissuti come lui: da qui in avanti si tratterà, come in Lost, di sopravvivere. Le dinamiche psicologiche e sociali, poi, sono molto simili: di chi ci si può fidare? Quanto conta chi si era prima del disastro? Si riuscirà a ritornare a una situazione di “normalità”: nella fattispecie, tornare a casa (Lost) o a trovare una cura per l’epidemia zombie (TWD)? Su questo punto le due serie giocano in maniera un po’ diversa. E in questo ambito intervengono anche elementi scientifici e fantascientifici.

(da qui in avanti: attenzione, molti spoiler!)

Uomo di scienza, uomo di fede

Lost è una serie dai temi decisamente ampi. Come detto, si parte da un tema classico nella narrativa: l’isola deserta e la lotta per la sopravvivenza su di essa. Lost traborda di riferimenti filosofici. A partire dai nomi di molti personaggi, chiaramente ispirati a filosofi: fra loro John Locke, Jeremy Bentham, Desmond David Hume, Mikhail Bakunin e Danielle Rousseau. La serie propone diversi riferimenti a classici della narrativa come Il Signore delle Mosche, da cui trae a più riprese ispirazione. Soprattutto nella polarità fra i capi delle due fazioni che ben presto si vengono a creare sull’isola: l’uomo di scienza e razionale, ovvero il medico Jack Shepard e l’uomo di fede, mistico, che quasi venera l’Isola che lo ospita, ovvero John Locke. Nel video che segue possiamo vedere un confronto fra i due decisamente esplicativo.

Shepard applica molto spesso nelle sue azioni un ponderato riferimento ai fatti, alle esperienze, al buon senso e alla concretezza: in questo ricorda Ralph, il protagonista del romanzo di William Golding. Il suo rivale Locke invece agisce molto di più sulla spiritualità, sulle paure dei suoi compagni di sventura e punta a guidare i naufraghi opponendosi alla razionalità di Jack. Una polarità che si ritrova anche in TWD, dove ben presto nel gruppo di sopravvissuti si viene a creare una oscura rivalità fra Rick e l’amico e collega Shane. Sebbene in TWD questo elemento fra razionale e irrazionale non sia così sviluppato, si arriva in ogni caso a una lotta per il potere in una situazione in cui il prendere decisioni è basato su ben poche informazioni e su una conoscenza limitata del contesto globale.

A proposito di contesto globale

Cosa sappiamo di quello che sta succedendo intorno all’isola e intorno al gruppo che cerca di fuggire agli zombie? All’inizio ben poco in entrambi i casi. Qui le scelte delle due serie si dividono: in Lost la sopravvivenza sull’isola non prescinde da un costante riferimento dei protagonisti a ciò che sta succedendo (e ciò che è successo, vedi i continui flash back) nel resto del mondo. I naufraghi verranno salvati? Perché sono sull’Isola? L’incidente aereo è colposo o doloso? In TWD – finora – la serie si disinteressa completamente da domande analoghe quali: si troverà mai una cura? Perché c’è l’epidemia? Chi l’ha causata? C’è qualcuno che sta cercando di curarla o tutto il mondo è impegnato in una ben più immediata e crudele lotta per la sopravvivenza?

A dire il vero qualche riferimento al contesto globale c’è, ma s’interrompe sul nascere. Mi riferisco alla fugace apparizione del dottor Edwin Jenner. Alla fine della prima stagione infatti il gruppo di Rick e Shane incontra un medico al centro di controllo malattie, Jenner appunto. Da Jenner veniamo a sapere, insieme a Rick e gli altri protagonisti, di alcune caratteristiche del virus e di come attacca il corpo umano. Nel video che segue possiamo vedere una parte delle spiegazioni di Jenner a Rick e ai suoi compagni.

Non sappiamo come si è diffuso e, soprattutto, non sappiamo se è curabile. Veniamo a conoscenza soltanto del fatto che alcuni ricercatori francesi avevano scoperto qualcosa di importante sulla pandemia, ma che in qualche modo non sono riusciti a fare molto di più. Dalla seconda stagione in poi la serie non ci dice altro sulla malattia, che è presentata come un orrendo e inquietante dato di fatto. Il contesto globale è del tutto irrilevante: c’è la quotidiana, locale e tremenda sopravvivenza da ottenere, esplorando passo dopo passo le vicinanze, lottando all’interno del gruppo e all’esterno, fronteggiando nuovi amici e nuovi nemici. Con gli zombie sempre pronti a creare nuovi grattacapi: una vera e propria lotta tutti contro tutti, homo homini lupus (nel caso degli zombie la frase che ben riassume la visione antropologica del filosofo inglese Thomas Hobbes è drammaticamente letterale).

L’occasione sprecata di Lost 

Ben diversa la scelta di Lost, dove informazioni su dove e cosa sia l’Isola e cosa succeda nel mondo intorno vengono sapientemente centellinate nel corso degli episodi. Tuttavia le prime tre stagioni rispondono a pochissime domande, anzi, aprono continuamente quesiti. Nella quarta stagione arriva un personaggio che inizialmente sembra poter dare allo spettatore (e ai naufraghi) le risposte che aspetta da tempo. Si tratta di Daniel Faraday (anche qui il nome non è per nulla casuale), fisico di Cambridge alle prese con lo studio scientifico dei viaggi nel tempo che sembra suggerire una inesplorata risposta: e se le disavventure dei naufraghi fossero il frutto di studi ed esperimenti che hanno avuto esiti inaspettati e infausti? I naufraghi sono naufraghi sia nello spazio che nel tempo? Faraday sull’isola calcola, è alle prese con equazioni, costanti, variabili. Un personaggio in particolare (Desmond Hume) viene definito una costante matematica. Se le prime stagioni si erano concentrate sulla lotta per la sopravvivenza, intrighi, tradimenti, riferimenti a situazioni di fantapolitica e scenari mistici, qui Lost veleggia più decisa verso la fantascienza.

Tuttavia, quando è il momento di iniziare a dare davvero le risposte, Lost letteralmente si perde. Gli sceneggiatori non riescono a sfruttare il filone narrativo offerto da Faraday e dalla fisica, che diventano altre domande e non le tanto attese risposte. Le puntate della sesta stagione segnano poi il progressivo abbandonano dei temi fantascientifici, le equazioni e i calcoli di Faraday e finiscono per spostarsi in un ambito più fantasy e sovrannaturale. Le puntate diventano eccessivamente barocche e pretenziose, lasciando del tutto inesplorate le possibili linee narrative che il fisico di Cambridge lasciava sperare una volta entrato in scena.

L’occasione sprecata di The Walking Dead 

Come detto, TWD procede su altri binari. Il gruppo di Rick è sempre alle prese con nemici, gang rivali, e zombie (anzi, vaganti), tanti vaganti. Fino alla terza stagione la scelta paga: la tensione psicologica, la vera e propria paura di vedere uno dei protagonisti imbattersi in un vagante o in uno spietato rivale, l’attesa e il timore di un tradimento o di un terribile segreto basta per tenere altissima l’attenzione e l’adrenalina. Ma dalla quarta stagione in poi il gioco s’incrina, i meccanismi diventano ripetitivi e gli episodi sempre più simili (e, al netto che ci troviamo in un’epidemia zombie, del tutto inverosimili e poco coerenti). Una fiammella di speranza la accende il fortuito incontro con uno scienziato, Eugene Porter, che deve arrivare a Washington perché, a suo dire, è in possesso della cura.

Questo sembra aprire un filone nuovo e inaspettato: sapremo qualcosa di nuovo sulla malattia, visto che da molte puntate nessuno ci dice più nulla? Lo sguardo della serie diventerà più globale? Si potrà salvare il gruppo di Rick perché la stessa salvezza toccherà al mondo intero? Anche qui, lo scienziato sembra promettere una svolta narrativa, i chiarimenti necessari, le risposte alle domande. Tuttavia, l’amara sorpresa: lo scienziato è un impostore che ha inventato di avere la cura per ottenere una scorta e totale protezione. E TWD torna ad annegare nella lotta e negli stessi stilemi narrativi da sei stagioni a questa parte. Una vera occasione sprecata. Almeno, a differenza di Lost, ci potrebbe essere il tempo per rimediare.

Leggi anche: La fantascienza di The Expanse

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Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.