CULTURA

Il tesoro a pedali: la bicicletta in mostra al Museo della Bilancia

Viaggio alla scoperta della bici al Museo della Bilancia di Campogalliano

CULTURA – La bilancia e la bicicletta hanno in comune una sola caratteristica: per funzionare devono mantenere l’equilibrio. A suggerirci come fare è la mostra temporanea “Il tesoro a pedali”, che dall’ottobre scorso fino a luglio 2016 è ospitata dal Museo della Bilancia di Campogalliano.

Città della bilancia dal 1860, Campogalliano ha una lunga tradizione legata alla costruzione di strumenti di precisione. Questa piccola cittadina tra Reggio Emilia e Modena conta meno di 9000 abitanti e ben 5 aziende che producono strumenti di precisione. La necessità di usare bilance per la vita rurale e lo sviluppo di questa tecnologia proprio in quest’area geografica hanno reso quasi naturale l’istituzione del museo, avvenuta nel 1983. Oggi la collezione del museo conta più di 1000 oggetti tra bilance e altri strumenti di misura, che provengono da tutto il mondo e che coprono una storia di 2000 anni. Il pezzo più antico è una stadera romana, quello più recente uno degli ultimi modelli di cella di carico.

Ma che cosa c’entra la bicicletta? A parte l’equilibrio che la lega alla bilancia, la bici è entrata in questo Museo per rispondere ad alcune curiosità legate alla sua tecnologia e alla fisica che la fa funzionare. “L’idea di concentrarci sulla bicicletta è nata da un ristretto gruppo di persone che gravitano intorno al museo”, racconta a OggiScienza Maurizio Salvarani, direttore del Museo della Bilancia. “Ispirati da altre realtà del territorio bolognese, come la Fondazione Golinelli e il Museo del Patrimonio Industriale, abbiamo voluto prendere la bicicletta come punto di partenza per capire varie leggi della fisica e per sperimentarle, usando proprio i componenti di questo mezzo di trasporto”.

Il Museo della Bilancia, che dal 2009 si occupa di divulgazione scientifica e tecnologica ad ampio raggio, si basa sull’assunto che senza misura non è possibile fare scienza. È nel momento in cui si riesce a misurare qualcosa che si crea il terreno adatto per tutte le attività di indagine del museo, che propone un approccio divulgativo e didattico agli argomenti delle proprie mostre.

“Abbiamo scelto di capire a cosa serve e come funziona ciascun pezzo della bicicletta, perché è un oggetto che diamo per scontato e che forse, proprio perché ce lo abbiamo sempre a portata di mano, conosciamo poco”, ci spiega Maurizio Salvarani. “E poi la bicicletta è il simbolo della mobilità sostenibile – continua il Direttore del Museo – e da qualche anno questo museo è responsabile della promozione turistica del nostro territorio. Campogalliano, nonostante si trovi lungo la via Emilia e all’incrocio di due autostrade, ha una zona verde molto interessante, che è quella dei laghi Curiel, dove si possono svolgere diverse attività naturalistiche e sportive. E la bici diventa, quindi, il mezzo per entrare a contatto con questa ricchezza”.

Schermata 2016-03-01 alle 18.12.57“L’idea originale era quella di fare a pezzi la bici – continua Salvarani – infatti era così che volevamo inizialmente intitolare la mostra. Il titolo è cambiato ma l’essenza è rimasta: in ogni sezione della mostra, analizziamo le singole componenti della bicicletta e ci poniamo semplici interrogativi per mostrare, anche grazie a exhibit interattivi, che le risposte sono solo apparentemente scontate”. A margine di ciascuna sezione, sul pannello di presentazione, sono riportate alcune curiosità sportive e anche aneddoti storici sull’evoluzione di questo mezzo di trasporto nel corso dei suoi 200 anni di vita.

Intorno a “Il tesoro a pedali” è nata una serie di eventi che accompagnano la mostra per tutta la sua durata. La Fiab di Modena organizza una giornata per insegnare le piccole manutenzioni; l’8 maggio l’iniziativa “Bimbi in bici” organizza a livello nazionale una carovana di ciclisti che, nel territorio del modenese, si sposta da Modena alla zona dei laghi di Campogalliano.

 

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Giulia Rocco
Pensa e produce oggetti multimediali per il giornalismo e l’editoria. L’hanno definita “sperimentatrice seriale”.