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Zika, scoperto possibile rapporto con la microcefalia

Per dimostrare l'effetto causale c'è ancora molto da fare, ma ora sappiamo quali sono le cellule vulnerabili al virus

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Il virus Zika è in grado di infettare le cellule progenitrici neurali corticali, causandone la morte. Crediti immagine: Sarah C. Ogden

SCOPERTE – Mentre la comunità scientifica si mantiene cauta nell’associare Zika alle malformazioni neurologiche, nei laboratori di tutto il mondo si lavora per conoscere meglio il virus Zika e indagare il suo possibile collegamento con la microcefalia, la patologia che colpisce i feti e causa una riduzione significativa del volume del cervello e della circonferenza cranica.

I casi riportati in Brasile sono stati quasi 4000 in un anno – anche se le analisi per confermarli sono ancora in corso – e nel novembre 2015 è stata dichiarata l’emergenza sanitaria. Mentre l’OMS ribadisce l’importanza della prevenzione, dalla collaborazione tra i laboratori della Johns Hopkins, della Florida State University e della Emory University arriva un primo risultato. Ottenuto sulle cellule staminali in un’intensa indagine durata un mese, che riflette l’urgenza con la quale Zika e le possibili complicazioni dell’infezione sono diventate una preoccupazione globale.

Gli scienziati, che hanno pubblicato i nuovi dati su Cell Stem Cell, sospettano di aver scoperto come lo Zika determina la microcefalia nei feti. Il virus infetta in modo selettivo le cellule della corteccia cerebrale, lo strato più esterno, aumentando la probabilità che muoiano e compromettendo la loro capacità di dividersi. Così nel cervello non si formano nuove cellule.

Gli studi su feti e bambini colpiti dalla patologia nelle zone interessate da Zika hanno già identificato delle anormalità nella corteccia, conferma in un comunicato Guo-li Ming, a capo del gruppo di ricerca che ha pubblicato il paper, “inoltre il virus stesso è stato trovato nel tessuto fetale. Il nostro studio non è la prova definitiva che lo Zika causa la microcefalia, ma mette in evidenza il fatto che le cellule della corteccia sono potenzialmente sensibili all’infezione. E che il virus è in grado di comprometterne la crescita”.

Il gruppo di Ming ha confrontato gli effetti del virus sulle cellule progenitrici neurali corticali – quelle che diventeranno neuroni immaturi – con altre due tipologie cellulari: neuroni immaturi e staminali pluripotenti indotte. Queste ultime sono generate artificialmente per la ricerca, riprogrammando cellule mature e mettendole nelle condizioni di diventare qualsiasi tipo di cellula, comprese le progenitrici neurali corticali. Grazie alla collaborazione tra più laboratori, gli scienziati hanno indagato l’espressione genetica delle cellule, monitorando quali geni utilizzavano e quali no.

Tre giorni dopo essere state esposte al virus Zika, il 90% delle progenitrici neurali corticali si era infettato ed era stato modificato in modo da contribuire a produrre nuove copie del virus. Ma l’aspetto davvero inatteso, commenta Ming, è che i geni per combatterlo non erano stati attivati. Molte delle cellule infettate sono morte, altre non potevano più dividersi. “Ora che sappiamo che le progenitrici neurali corticali sono le cellule vulnerabili, potremmo anche sfruttarle per testare velocemente potenziali terapie”, aggiunge cautamente Hongjun Song, co-autore della ricerca.

@Eleonoraseeing

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".