IL PARCO DELLE BUFALE

La Sindone e l’arte del rammendo invisibile

Una rivista dell'editore Elsevier pubblica la difesa di una "teoria pseudoscientifica" sulla Sindone, senza accorgersi che le figure sono manipolate e le sostanze chimiche inventate.

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Continua la discussione sulla datazione della Sindone di Torino, tra polemiche e teorie psuedoscientifiche. Crediti immagine: Koppchen, Wikimedia Commons

IL PARCO DELLE BUFALE – Nel 1988 in tre laboratori a Tuscon, Oxford e Zurigo 21 ricercatori svolgevano 12 esperimenti diversi con il carbonio-14 e facevano risalire la Sindone di Torino al 1260-1390 (confidenza: 95%). La Chiesa dichiarava concluso un secolo di ricerche scientifiche e pseudo tali, ma alcuni dissidenti continuavano ad attribuire al tessuto origini più remote. Nel 2005 sulla rivista Thermochimica Acta, dell’editore Elsevier, il chimico in pensione Raymond Rogers confrontava gli spettri – ottenuti con pirolisi accoppiata a spettrometria di massa – di fibre ritagliate nel 1973 e nel 1988, e di peluzzi che aveva prelevato con un adesivo nel 1978 per lo Shroud of Turin Research Project.

Trovava alcune differenze nella composizione delle sostanze chimiche e  ne deduceva che la datazione era stata effettuata su un “rammendo invisibile” – che nessuno esperto aveva mai osservato né ad occhio nudo né sotto un microscopio, infatti – mentre il tessuto originale era sicuramente più antico. E moriva pochi mesi dopo.

Al contrario di altre tesi sulla Sindone, questa usciva su una rivista peer-reviewed e su Nature Philip Ball le attribuiva un minimo di credibilità. Ma nell’agosto scorso in un editoriale sulla stessa rivista, i chimici Marco Bella e Roberto Samperi dell’Università La Sapienza, e Luigi Garlaschelli dell’Università di Pavia esaminavano gli spettri di Rogers:

L’unica differenza significativa tra il campione preso dalla zona della Sindone con un’immagine (e analizzata con il C-14, ndr) e quella del presunto “rammendo invisibile” è dovuto a un contaminante esterno: una specie chimica con una catena alifatica.

Ne concludevano che la “teoria pseudoscientifica” del rammendo restava priva di evidenze.

Nel frattempo c’erano state critiche più incisive e parecchi dubbi sulla competenza dei revisori, i tre autori speravano che la redazione di Thermochimica Acta ritrattasse l’articolo di Rogers. Nel dicembre 2015 invece, usciva una “breve comunicazione” stizzita di Mario Latendresse, il bio-informatico titolare del sito sindonology. “L’analisi tecnica di Bella et al. è scorretta,” scriveva, gli spettri di Rogers non mostrano alcuna specie chimica con una catena alifatica, semmai il contaminante è trimalpitina, una componente del sebo.

Peccato che la trimalpitina abbia proprio una lunga catena alifatica, fanno ora notare Bella, Samperi e Garlaschelli in una replica. Da un lato, ricordano che Rogers aveva paragonato capre e cavoli perché i campioni erano stati trattati in modo diverso, dall’altro mostrano che, negli spettri che ricopia, Latendresse taglia via i picchi e sia nel testo che nella didascalia trasmuta addirittura in “hexadecan-1-ol” la sostanza indicata sullo spettro come “hexadecane-1-ol, 1-TMS“.

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Ne concludono che la “teoria pseudoscientifica” del rammendo resta priva di evidenze (bis).

Perché una rivista con una discreta reputazione pubblica un falso così visibile da sembrare confezionato dalla custode del Parco per un 1 aprile? si domanda la custode che in cambio di risposta regala una maglietta Boycott Elsevier come nuova. Nel caso se lo domandino anche Marco Bella e Roberto Samperi, per favore lo chiederebbero al prof. Stefano Materazzi, un loro collega della Sapienza che fa parte del comitato editoriale di Thermochimica Acta?

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