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La Foresta di Białowieża, il patrimonio ancestrale di un’Europa da salvare

La foresta di Białowieża è un'istantanea vivente di come l'Europa era centinaia di anni fa. E di come l'Unione Europea sia oggi in pericolo.

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La foresta di Białowieża rappresenta un patrimonio forestale unico per l’Europa. Crediti immagine: Krzysztof Parzych, Wikimedia Commons

APPROFONDIMENTO – In un angolo remoto dell’Europa, a cavallo del confine dell’Unione, si estende il più antico simbolo del vecchio continente. Un pezzo di terra ancora vergine, un’istantanea vivente di come era il nostro continente prima che l’uomo lo coltivasse, ci costruisse, lo modellasse per i suoi bisogni. La foresta di Białowieża rappresenta un patrimonio unico per tutta Europa, e con essa ne condivide anche le minacce: muri e recinzioni, sfruttamento, politiche un tempo gloriose ma oggi sull’orlo del fallimento.

La foresta di Białowieża (si pronuncia all’incirca come “biauoviegia”) si estende su un’area di 870 chilometri quadrati a cavallo del confine tra la Polonia, astro nascente dell’allargamento a est dell’Unione, e la Bielorussia, ancorata a un passato sovietico da cui non riesce a staccarsi. La foresta per secoli fu riserva di caccia dei re polacchi, per poi passare, alla metà dell’Ottocento, agli zar russi. Proprio il fatto di essere stata a lungo una riserva “privata” (e dunque inaccessibile alla caccia di massa) ha permesso la sua conservazione quasi intatta: l’ambiente ecologico che ora si trova ristretto nei confini di Białowieża ricopriva centinaia di anni fa quasi tutta l’Europa centro-orientale. Ma, dicevamo, il destino di Białowieża è legato a doppio nodo alle vicende europee.

La prima guerra mondiale, più della seconda, fu il vero punto di svolta della storia recente del vecchio continente. Sparirono istituzioni millenarie, crollarono imperi, sorsero nuove realtà politiche finora sconosciute, come l’Unione Sovietica: l’Europa perse il suo ruolo egemone, dal punto di vista culturale, politico ed economico. Anche Białowieża perse alcuni elementi essenziali del proprio patrimonio. Fino al 1917 sopravvivevano nella riserva gli ultimi esemplari del bisonte europeo, lontano cugino del più famoso bisonte americano. Un tempo, questi grandi bovini (sono più grandi dei loro parenti americani) pascolavano nelle foreste di tutta Europa, ma la caccia ne decimò il numero. In breve, già dalla fine del Settecento i bisonti europei sopravvivevano quasi esclusivamente a Białowieża (dove ogni singolo capo era “di proprietà” dello zar). Il colpo di grazia anche in questa zona fu l’invasione dell’impero tedesco, nell’agosto del 1915: da quel momento Białowieża divenne una riserva di carne fresca per le truppe tedesche in marcia verso est. Furono uccisi (oltre a cervi, cinghiali e alci) anche un numero compreso tra i 200 e i 600 bisonti. Nel vano tentativo di salvare la specie, il Reich impose il divieto di caccia ma gli eserciti, affamati, si dettero alla caccia di frodo. Solo la riconquista polacca della riserva nel 1919 riaccese qualche speranza, ben presto svanita: l’ultimo bisonte selvatico era stato ucciso solo un mese prima della conquista polacca.

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Nella foresta di Białowieża oggi si contano più di 800 esemplari di bisonte europeo puro, non ibridato con quello americano. Crediti immagine: Frank Vassen, Wikimedia Commons

Fortunamente, l’uso diplomatico di regalarsi animali tra Stati (che sopravvive tutt’ora, soprattutto con la panda diplomacy cinese) aveva permesso che sopravvivesse una piccolissima popolazione di bisonti in cattività, sebbene molti di essi non fossero più in età fertile. Con un enorme sforzo scientifico si iniziò a cercare di ricreare una popolazione partendo da solamente 12 esemplari in cattività. La nuova mandria fu trapiantata inizialmente a Białowieża, e da allora ne è il simbolo. Oggi nella foresta si contano più di 800 esemplari di bisonte europeo “puro”, cioè non ibridato con bisonti americani. Una particolarità della popolazione di Białowieża è che presenta un basso tasso di problemi legati all’alta consanguineità: alcune femmine presentano uno scheletro più debole e la mortalità dei piccoli è leggermente più alta di quella attesa, ma nel complesso la popolazione sembra superare bene le difficoltà di avere un patrimonio genetico poco differenziato.

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Oggi la foresta di Białowieża è attraversata da una barriera fisica per impedire il passaggio delle persone dalla Bielorussia in Polonia. Crediti immagine: Frank Vassen, Flick

La seconda guerra mondiale vide la foresta smembrata in due da un confine politico: in Polonia rimase un Parco naturale (divenuto nel 1979 Patrimonio dell’Umanità Unesco), in Bielorussia, invece, fu invece una delle tante proprietà del demanio pubblico. Precorrendo una tendenza che si sta pericolosamente diffondendo in Europa, la foresta è ora attraversata da una barriera fisica costruita per bloccare il passaggio delle persone soprattutto dalla Bielorussia alla Polonia, e quindi all’Europa, ma che ha impatti soprattutto sugli animali selvatici.

Non è l’unica similitudine con ciò che sta succede nel resto dell’Unione. Per decenni, la gestione delle foreste non era di competenza delle istituzioni europee ma era “armonicamente coordinata” tra i singoli stati membri. La forestry policy europea è diventata un modello vincente, che si è tentato di esportare anche in altre parti del mondo. Era, insomma, il trionfo di quell’approccio dal basso (in burocratese: principio di sussidiarietà) che l’Unione declama da anni: le foreste avevano iniziato ad allargarsi e si era trovato un bilanciamento soddisfacente tra sfruttamento e conservazione. Con il deterioramento politico degli ultimi anni, e con le restrizioni di budget, anche la politica forestale europea sta mostrando le prime crepe, e Białowieża ne è l’esempio maggiore.

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Gruppi di difesa dell’ambiente temono che le politiche di sfruttamento della foresta di Białowieża possano minacciare la sua ricchezza di biodiversità. Crediti immagine: Herr stahlhoefer, Wikimedia Commons

Białowieża è un hot spot di biodiversità, con più di 20 000 specie animali, alcuni grandi carnivori altrove scomparsi (per esempio la lince), gli alberi più maestosi d’Europa e il mammifero più grande del continente, il bisonte. Con una decisione che ha provocato non poche proteste soprattutto nell’Europa del nord, il governo polacco ha deciso di autorizzare il taglio di più di 180 000 metri cubi di legna dalle zone immediatamente circostanti la zona protetta. Ufficialmente l’operazione vorrebbe bloccare la diffusione di un parassita delle piante, ma Greenpeace e altre organizzazioni denunciano la volontà di sfruttare economicamente la riserva. Anche dall’Unione Europea arrivano però voci critiche: alcuni infatti ritengono che questa decisione polacca possa violare il programma Natura 2000, esponendo la Polonia alla possibilità di essere soggetta ad una procedura di infrazione.

Tuttavia il nuovo governo guidato da Beata Szydło, conservatrice ed euroscettica, non sembra intenzionato a fermarsi, anche se la scusa di combattere il parassita (il tipografo o bostrico dell’abete rosso, Ips typographus) non regge nemmeno dal punto di vista ecologico. Gli ecologisti, infatti, ritengono che il parassita in realtà sia solo un effetto collaterale del cambiamento climatico, cui la foresta sta “rispondendo” a suo modo. Si tratterebbe, insomma, di un male transitorio per rendere la foresta più resiliente.

“Siamo devastati”, ha commentato al Guardian Rafał Kowalczyk, direttore del Mammal Research Institute di Bialowieca. “Se lasciamo che diventi una foresta sfruttabile commercialmente, il suo valore e la sua biodiversità saranno persi. Ci vorranno centinaia di anni per riprendersi da questo tipo di distruzione”. In tempi in cui il progetto europeo è sottoposto a referendum, una risposta forte dell’Unione in difesa del suo patrimonio ancestrale è non solo chiesta, ma forse dovuta.

@gia_destro

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