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Wolbachia: è un batterio il nostro alleato contro i virus

Non solo Dengue e Chikungunya: in futuro potrebbe giocare un ruolo importante anche nella lotta contro Zika, limitando le popolazioni di zanzare o riducendo la loro capacità di vettori

1. Wolbachia (5000x)
Una sezione delle gonadi di zanzara tigre (ingrandimento 5000x) in cui si vedono molti individui di Wolbachia evidenziati dalle linee. Crediti foto: ENEA

APPROFONDIMENTO – Le zanzare Aedes che ospitano batteri del genere Wolbachia, presenti nelle cellule del 60% delle specie di insetti che conosciamo, hanno una capacità ridotta di trasmettere il virus Zika. È il risultato di uno studio pubblicato su Cell Host & Microbe, che sembra indicare in Wolbachia un’alleata importante per le strategie a lungo termine. Il batterio è stato identificato per la prima volta nel 1924, nella zanzara comune Culex pipiens, ma solo 50 anni dopo si è iniziato a capire il suo potenziale nella “lotta ai vettori” che trasmettono virus come Dengue e Chikungunya. Ne parliamo con Riccardo Moretti dell’ENEA, esperto in biotecnologie applicate all’entomologia da anni al lavoro proprio su Wolbachia.

Cosa caratterizza questi batteri e come si è capito che potevano essere efficaci contro le infezioni veicolate dalle zanzare?
Wolbachia è un endosimbionte obbligato: non sopravvive al di fuori delle cellule degli ospiti e si trasmette attraverso i gameti femminili, favorendo in vari modi gli individui che infetta. In alcuni casi aumenta il successo riproduttivo, in altri la probabilità di avere accoppiamenti fertili, in altri ancora la resistenza ai patogeni. Tutti questi effetti aumentano anche la sua capacità di diffondersi: appena pochi individui sono infettati, nel giro di poche generazioni lo diviene l’intera popolazione. Qualche anno fa si è scoperto che dei ceppi di Wolbachia sembravano proteggere Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta, da alcuni patogeni. Altri sembravano avere un effetto patogeno. Così è nata l’idea di trasferire questi ceppi in zanzare vettrici, per ridurne la vitalità o la capacità di veicolare patogeni.

Che conseguenze ha la presenza di Wolbachia da sola?
Si tratta principalmente di tre effetti. L’incompatibilità citoplasmatica, un fenomeno di infertilità tra gameti prodotti da individui con diverso stato infettivo (un infetto e un non infetto o due infetti da ceppi diversi del batterio); il “male killing” e/o la partenogenesi telitoca, femmine non fecondate che si riproducono producendo altre femmine analoghe; la “femminizzazione dei maschi”, che vengono convertiti in femmine.

Come fa Wolbachia a inibire la replicazione del virus che si vuole combattere? Leggo che si tratta di una competizione per le risorse all’interno delle cellule, in cui Wolbachia “vince”. È sempre così?
La competizione è una delle modalità di azione, ma in alcuni casi Wolbachia può alterare i meccanismi del sistema immunitario dell’ospite, e modulare così l’espressione di alcuni geni specifici a esso correlati. In questo modo potenzia le difese dell’ospite e, indirettamente, protegge se stessa in quanto “passeggero” interessato alla riuscita del viaggio. L’interazione tra Wolbachia e ospite non è costante o sempre prevedibile. Ci sono casi in cui l’infezione ha migliorato la capacità di alcune specie di zanzare di trasmettere i patogeni. In altri, basta che cambino le condizioni ambientali (temperatura in particolare) per alterare le capacità di Wolbachia di ostacolare i patogeni stessi. Per questo bisogna fare una serie di test rigorosi, in modo da verificare tutti i possibili effetti indesiderati.

Una delle strategie è il “population replacement”, che porta a un’ulteriore diffusione di Wolbachia. Come si svolge?
Si basa su uno dei tre effetti di cui parlavamo prima, l’incompatibilità citoplasmatica (IC). Il batterio modifica lo stato di compattazione del DNA degli spermatozoi in modo reversibile, ma solo a patto che questi fecondino gameti femminili infettati dallo stesso ceppo di Wolbachia. È una sorta di meccanismo chiave-serratura in cui Wolbachia cripta il codice genetico dell’ospite in modo che il “matrimonio” abbia successo solo se questo si accoppia con un ospite che parla la stessa lingua. In queste condizioni, Wolbachia si diffonde perché le femmine infettate sono in grado di “leggere” i geni sia di maschi infettati sia di quelli non infettati. Quelle non infettate potranno essere fecondate solo da maschi non infettati e alla lunga diminuiranno. Non tutti i ceppi di Wolbachia inducono IC e non tutti gli ospiti sono suscettibili al meccanismo, perciò la strategia non è sempre applicabile.

2. Gli effetti dell'IC
Tra queste uova di zanzara tigre, quelle sfrangiate evidenziano gli effetti dell’incompatibilità citoplasmatica determinata da Wolbachia. L’accoppiamento di individui di diverso stato infettivo non rende possibile lo sviluppo degli embrioni e l’uovo collassa. Crediti foto: ENEA

Quali sono stati i principali risultati ottenuti con Wolbachia finora? Quali i limiti?
I maggiori successi ottenuti finora riguardano il rilascio in campo, in Australia, del ceppo di Aedes aegypti modificato con Wolbachia e non più in grado di trasmettere il virus della Dengue. Il ceppo modificato sta sostituendo quello selvatico e riducendo il rischio epidemiologico. Rilasci analoghi stanno iniziando in Brasile. Ma anche le infezioni di Wolbachia naturali non vanno sottovalutate. In popolazioni diverse della zanzara comune sono presenti dei ceppi di Wolbachia incompatibili tra loro. Spostando le popolazioni e mettendo insieme quelle incompatibili, la frequenza di accoppiamenti non fertili è talmente alta da causare un declino nel numero totale di zanzare. Anche in laboratorio è possibile ottenere maschi in grado di sterilizzare le femmine selvatiche. Il mio gruppo di ricerca l’ha fatto con la zanzara tigre: i risultati di laboratorio e nei gabbioni sono molto buoni, ma ancora non abbiamo condotto esperimenti su grande scala in campo. Riguardo ai limiti, queste strategie non sono applicabili a tutte le specie.

Quali aspetti rendono le strategie basate su Wolbachia preferibili ad altre come zanzare gm e pesticidi?
Hanno il vantaggio di non introdurre in natura nulla che già non ci sia: la Wolbachia del moscerino della frutta è presente praticamente ovunque sul pianeta. Inoltre è poco probabile che Wolbachia passi da un ospite ad un altro -sebbene questo sia chiaramente avvenuto in passato- e si tratta di strategie meno costose, anche meno soggette a restrizioni etiche. Il problema dei pesticidi, oltre agli effetti su ambiente e organismi non target, è che prima o poi è molto probabile che un insetto acquisisca resistenza, rendendo necessario il continuo sviluppo di nuovi principi attivi

Che opportunità ci offre Wolbachia nel contrastare il virus zika?
Non sono ancora disponibili vaccini né contro Zika né contro altri virus come Dengue e Chikungunya, quindi il vettore è oggi il nemico da affrontare. Nel lungo termine, Wolbachia potrebbe essere uno strumento fondamentale per contenere o scongiurare il diffondersi dell’epidemia, perché coniuga un’estrema efficacia con criteri di specificità, sicurezza e costi contenuti. A seconda dei casi specifici, inoltre, le varie strategie possono sia limitare le popolazioni di zanzare sia ridurne le capacità come vettori. Queste possibilità stanno contribuendo a cambiare in modo significativo la visione del controllo degli insetti, puntando da subito su criteri di specificità, ecocompatibilità e sostenibilità. E credo che questo sia un futuro non solo auspicabile ma necessario.

@Eleonoraseeing

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Crediti foto anteprima: PETER ILICCIEVE FIOCRUZ

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".