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L’uomo occidentale è in via di estinzione?

Il numero di coppie che si rivolge al medico per difficoltà di concepimento è in aumento, come sono in aumento i principali fattori di rischio di infertilità. Il ruolo di informazione e prevenzione è cruciale.

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Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’infertilità è in aumento e riguarda fino al 20% delle coppie. Crediti immagine: Zappys Technology Solutions, Flickr

APPROFONDIMENTO – Negli ultimi dieci anni in Italia c’è stato un brusco calo della natalità e, in parallelo, un aumento del numero di coppie che ricorre alla procreazione medicalmente assistita. Secondo i dati ISTAT, dal 2008 le nascite sono diminuite del 10% e il Registro Nazionale Italiano della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) segnala che nel 2013 sono nati 12 187 bambini da fecondazione assistita, il 2,4% delle nascite totali. La fertilità umana è in declino o le coppie con problemi si rivolgono più facilmente alla medicina rispetto al passato? Questa la domanda a cui hanno cercato di rispondere Carlo Trombetta, urologo e andrologo presso l’ospedale Cattinara di Trieste, e i ginecologi dell’IRCCS materno infantile Burlo Garofolo Francesco Ricci e Kristina Skerk nell’ambito dell’iniziativa Mens Sana promossa dai Gesuiti di Trieste.

“Il declino della natalità è legato in parte alla modificazione dei fattori socio-economici, dato che nel tempo il ruolo sociale e lavorativo della donna è cambiato”, commenta Kristina Skerk. “Oppure, potrebbe essere un riflesso di un’aumentata infertilità sia maschile che femminile”.
L’infertilità è la condizione per cui una coppia non riesce ad avere una gravidanza dopo uno o due anni di rapporti intenzionalmente fecondi, cioè non protetti, frequenti e regolari. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il fenomeno è in continuo aumento e riguarda ben il 15-20% delle coppie.

Le cause sono tra le più diverse e l’interesse verso i fattori di rischio sta crescendo, soprattutto ai fini di una prevenzione, una diagnosi precoce e della possibilità di intervenire con successo attraverso terapie mediche.
L’età della donna è un aspetto critico, poiché la fertilità femminile si riduce progressivamente negli anni.

Nonostante ciò, oggi le donne cercano una gravidanza in età sempre più tardiva, tra i 30 e i 40 anni, e fanno sempre meno figli: se le straniere in Italia hanno in media 2,1 figli, le italiane si fermano a 1,3.
“Da un lato c’è poca consapevolezza che l’invecchiamento è un fattore di rischio per l’infertilità”, interviene Ricci, “dall’altro forse oggi si confida un po’ troppo nel progresso della medicina e nelle tecniche di PMA, con i mass media che parlano continuamente di donne dello spettacolo che si sottopongono a trattamenti e hanno la prima gravidanza dopo i 50 anni”.
Con l’avanzare dell’età, però, si riduce irreversibilmente la qualità e la quantità degli ovociti e aumenta il rischio di incorrere in patologie che colpiscono l’apparato genitale femminile, come polipi, infezioni pelviche ed endometriosi. Nemmeno la fecondazione in vitro è in grado di fare miracoli: se l’età della donna è inferiore ai 35 anni si ha una gravidanza nel 35% dei casi (quindi comunque non 100%, a dire che la medicina non può dare garanzie nemmeno a una donna giovane) mentre se è superiore ai 40 anni, la percentuale scende a 15%. Questo limite può essere superato con le tecniche di fecondazione artificiale eterologa, nella quale si usano gli ovociti di una donatrice giovane.

Tra le cause di infertilità ci sono anche la frequenza dei rapporti sessuali e la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili (MST). Ogni anno ci sono migliaia di nuovi casi di MST con un’età media di 31 anni. Gli agenti infettivi sono svariati, da batteri a virus ad altri parassiti, e i più preoccupanti sono la clamidia, la gonorrea, i micoplasmi. “Sono malattie che se diagnosticate e trattate in tempo non portano alle complicanze tipiche dell’infertilità”, continua Skerk, “per questo è importante fare campagne di informazione e sensibilizzare soprattutto i giovani”.
Se invece trascurate o non riconosciute, questo tipo di infezioni possono, a breve termine, alterare l’equilibrio clinico-vaginale e ridurre la possibilità di sopravvivenza degli spermatozoi e, a lungo termine, causare aderenze o alterazioni dell’apparato genitale femminile con rischio di infertilità, sterilità, gravidanze ectopiche, poliabortività e dolore pelvico cronico.

Infine bisogna stare attenti alle abitudini di vita, perché ci sono diverse sostanze con cui entriamo in contatto quotidianamente, negli alimenti, nell’acqua e nell’aria, che possono interferire con il funzionamento dell’apparato riproduttivo sia maschile che femminile. Si chiamano interferenti endocrini e comprendono, tra gli altri, residui di plastica rilasciati nell’acqua in bottiglia, pesticidi, erbicidi, farmaci, shampoo e altri prodotti per la cura personale o cosmetici. L’esempio più classico è quello del Bisfenolo A usato in alcuni contenitori per uso alimentare e vietato dalla Commissione Europea nel 2011 dopo il caso dei biberon di plastica.

“È ovvio che non possiamo vivere sotto una campana di vetro”, concludono Skerk e Ricci. “Buona norma è lavare frutta e verdura, preferire bevande contenute in vetro, usare la ceramica per riscaldare i cibi al microonde. Non fumare, non bere, non usare droghe. Stare attenti a cosa e quanto si mangia e al peso corporeo. Ma soprattutto informarsi, fare controlli periodici e prendersi cura della propria salute riproduttiva fin dalla giovane età”.
Se per la popolazione femminile di età compresa tra i 25 e 64 anni c’è almeno la possibilità di effettuare gratuitamente lo screening del tumore dell’utero (Pap test) ogni 3 anni, il discorso per i maschi è completamente diverso.

“Fino al 1986 c’era ancora la visita militare”, commenta Trombetta, “e almeno una volta nella vita il maschio veniva chiamato a un certo tipo di visita. Oggi purtroppo nemmeno il medico di base ha la sensibilità di visitare gli organi genitali maschili”.
L’unico momento di verifica diciamo obbligatoria dell’apparato genitale maschile rimane quello neonatale, cioè quando alla nascita si esegue un controllo generale e se per esempio ci sono problemi di criptorchidismo si può intervenire nell’età giusta senza lasciare ricadute psicologiche. Passata l’adolescenza, i problemi emergono di solito nell’ambito del rapporto di coppia quando, davanti alla difficoltà di avere figli, prima o poi si pensa anche al maschio.

Il disturbo maschile più comune è l’azoospermia, cioè l’’assenza di spermatozoi nel liquido seminale. Per i pazienti che hanno un’ostruzione ai dotti deferenti, Trieste è un punto di riferimento nazionale per la ricanalizzazione microchirurgica delle vie seminali mentre nel caso in cui il testicolo non produca affatto gli spermatozoi c’è poco o nulla da fare.
“In molti casi le anomalie alle vie seminali non sono così difficili da diagnosticare, i dotti deferenti per esempio si sentono alla sola palpazione” continua Trombetta. “Il fatto è che nella nostra società non si comprende bene fino a che punto il potenziale di fertilità del maschio è considerato un valore o un bisogno. È difficile responsabilizzare gli individui, anche giovani, gli stessi medici e psicologi suggeriscono di trattare l’argomento con attenzione perché si rischia di andare a minare le sicurezze maschili. Ma forse, una volta nella vita, una visita fatta bene sarebbe meglio farla”.

L’uomo occidentale è in via di estinzione? Difficile rispondere. Certo è che la cultura della fertilità deve passare per l’informazione, la prevenzione, la cura di sé e un adeguato sostegno, anche psicologico, per le coppie che desiderano avere figli.

Leggi anche: Notti più buie per migliorare la fertilità

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.