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Cure palliative, cosa possono fare per il paziente?

Spesso il termine "palliativo" le fa percepire come qualcosa di inutile e poco efficace. Succede anche in Italia, ma l'invecchiamento della popolazione le renderà una risorsa sempre più importante

I media, i dottori e gli infermieri danno spesso l’impressione che le cure palliative siano solo cure di fine vita, ma è davvero così? Crediti immagine: taston, Flickr

APPROFONDIMENTO – Le cure palliative hanno bisogno di un rebranding? È quello che si chiede una ricerca pubblicata sul Canadian Medical Association Journal (CMAJ), riaprendo una discussione che va avanti da tempo. Camilla Zimmermann e i colleghi si sono confrontati con un gruppo di pazienti dal quale è emerso che le cure sarebbero state recepite con meno ansia se presentate con un nome diverso. Sembra che la definizione stessa di “palliative” spinga i pazienti a percepirle come una sorta di condanna, poco efficaci e che non risolvono il problema.

L’obiettivo di queste cure, ampiamente valutate dalla letteratura scientifica (qui alcuni riferimenti bibliografici su The Lancet), è migliorare la qualità di vita dei malati che si avviano alla fine della vita attraverso il controllo del dolore e dei sintomi che causano sofferenza (nausea, problemi legati al sonno, depressione, ansia…), supportando anche i loro familiari nella pianificazione del futuro, in tutti i bisogni della vita quotidiana anche dal punto di vista psicologico e spirituale. Garantiscono, insomma, che le persone continuino a essere curate con impegno e competenza anche quando una guarigione non è più possibile, e in base alla definizione dell’OMS “si possono applicare anche nei primi stadi della malattia, insieme ad altre terapie che hanno lo scopo di prolungare la vita”.

Secondo Zimmermann l’origine del problema risiede in due punti: i professionisti della salute, perché “dottori e infermieri danno l’impressione che le cure palliative siano solo cure di fine vita” e i media. “Credo che queste siano due forti istituzioni in cui possiamo portare un cambiamento, in modo da dare a famiglie e caregiver un’impressione diversa su cosa siano davvero queste cure”.

Le cure palliative in Italia

In Italia le cure palliative sono regolate dalla legge 38/2010, che impegna le regioni a organizzare reti regionali di cure palliative per l’adulto, di cure palliative e terapia del dolore per il bambino e analoghe reti locali in ogni ASL. “Queste ultime devono garantire cure palliative appropriate e di qualità a tutti i malati che ne hanno bisogno, prima di tutto a domicilio, in hospice [le strutture residenziali per il malato e la famiglia], negli ospedali e nelle case di riposo”, ci spiega Carlo Peruselli, presidente della Società Italiana di Cure Palliative (SICP). I professionisti coinvolti sono medici e infermieri dedicati ed esperti in questo tipo di cure, garantite anche da vere e proprie équipe che comprendono diverse professionalità: medici palliativisti, di medicina generale, pediatri di libera scelta, psicologi e assistenti sociali.

Purtroppo “lo sviluppo delle reti regionali e locali è ancora disomogeneo”, continua Peruselli. “In molte regioni le cure palliative vengono garantite in quanto diritto come indicato dalla legge, in altre non succede o sono garantite solo in piccola parte”. Gli hospice sono cresciuti di numero in questi anni e oggi sono quasi 250 su tutto il territorio nazionale, “ma le cure a domicilio, quelle che la grande maggioranza degli italiani preferisce, sono ancora disponibili senza una vera continuità”. Anche da noi il termine “palliativo” viene spesso associato a qualcosa di inutile, il che può creare difficoltà o la necessità di spiegare bene a malati e familiari di cosa si tratta. “Dove la rete è realmente operativa sul territorio la gente ha compreso come funzionano le cure e apprezza i servizi offerti. Dove non è ancora operativa o lo è in minima parte, queste difficoltà richiedono maggiore impegno e attenzione”.

La letteratura scientifica per orientare gli investimenti

Numerosi studi, anche trial clinici randomizzati (i primi tre titoli nella bibliografia alla fine dell’articolo), documentano il miglioramento nel controllo dei sintomi e nella qualità di vita dei pazienti assistiti con cure palliative, soprattutto se sono attivate precocemente e non solo negli ultimi giorni di vita. “Aiutano i malati anche a comprendere meglio la propria prognosi e a fare, di conseguenza, scelte terapeutiche motivate”, conferma Peruselli. “Il contenimento dei costi non è il primo obiettivo delle cure palliative, ma il risparmio ottenuto è un epifenomeno importante, la conseguenza di cure più appropriate. I risultati sono una migliore qualità di vita per malati e familiari oltre a costi ridotti per la collettività: è una situazione che gli autori degli studi anglosassoni definiscono di win-win, una nella quale vincono tutti”.

Nel 2013 una Cochrane Review ha analizzato in modo approfondito l’efficacia dei servizi specialistici di cure palliative domiciliari, anche per fornire nuove evidenze a sostegno degli investimenti. I principali risultati mostrano che i malati assistiti dai servizi di cure palliative specialistiche hanno una possibilità di essere seguiti a casa fino alla morte 2,21 volte superiore (rispetto ai malati che non godono di questi servizi), e che le cure domiciliari si sono dimostrate efficaci nel ridurre la sofferenza provocata dai sintomi, che risulta maggiore dove i servizi non sono disponibili.

In Italia come nel resto del mondo le cure palliative stanno andando incontro a grossi cambiamenti. Maggiore aspettativa di vita significa anche che sono sempre di più le persone affette da patologie croniche degenerative come demenze gravi, malattie cardiovascolari, neurologiche, polmonari ed epatiche. Secondo i dati ISTAT del 2014 continua l’invecchiamento della popolazione italiana, e mentre calano le nascite oggi l’età media è di 44,4 anni. L’esempio di cure palliative più noto è legato alle patologie oncologiche, ma “anche le altre malattie, nelle fasi di avvicinamento alla fine della vita, possono causare gravi sofferenze e sono caratterizzate da bisogni simili a quelli dei malati di cancro”, conclude Peruselli. “Le cure palliative sono una delle risposte più appropriate, anche dal punto di vista del rapporto costi/benefici: questo richiederà modifiche significative nell’organizzazione generale dei servizi sanitari”.

Una piccola bibliografia per chi volesse approfondire ulteriormente

  • Temel J.S., Greer J.A. et al. “Early Palliative Care for patients with metastatic non-small-cell lung cancer” N.E.J.M. 2010;363:733-742
  • Zimmermann C., Swami N. et al. “Early palliative care for patients with advanced cancer: a cluster-randomised controlled trial” Lancet 2014 February
  • Higginson I., Bausewein C. et al. “An integrated palliative and respiratory care service for patients with advanced disease and refractory breathlessness: a randomised controlled trial” Lancet Respiratory Medicine, 29 October 2014
  • Parikh R.B., Rebecca A. et al. “Early specialty palliative care – Translating data in oncology into practice” N.E.J.M. 2013;369:2347-2351

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Cancro, come aiutare le famiglie e gli amici dei pazienti

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".