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Gli adolescenti e l’omosessualità

C'è maggiore apertura, ma si può fare ancora molto per aumentare la conoscenza e quindi l'abbattimento degli stereotipi

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Nella vita degli adolescenti sembra essere aumentata la sperimentazione nella sfera sessuale, anche se la stigmatizzazione è ancora presente in molti contesti. Crediti immagine: Public Domain

SPECIALE MAGGIO – Rispetto all’ormai lontano 1986, gli adolescenti di oggi sarebbero più aperti nei confronti della sessualità, anche quando si parla di rapporti con partner dello stesso sesso. Questo è quanto sembra rilevare una ricerca condotta dall’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica (AIED) pubblicata nel 2014.
Stando ai dati emersi dalla ricerca, il numero dei ragazzi tra i 13 e 19 anni che ammettono di aver avuto esperienze con partner dello stesso sesso sono passati dal 6,5 all’11% per quanto riguarda i maschi, e dal 4 al 10,6% per le femmine.
Abbiamo dunque chiesto a Alessandro Porrovecchio, ricercatore a tempo determinato presso l’University of Littoral Opal Coast in Francia e autore del libro “Sessualità in divenire. Adolescenti, corpo e immaginario”, una fotografia degli adolescenti e del loro rapporto con l’omosessualità.

Possiamo dire che gli adolescenti di oggi hanno una percezione più aperta della sessualità?

È difficile dire se davvero sono aumentate le esperienze omosessuali, perché molto dipende da come sono state condotte le indagini. Per esempio, il fatto che un questionario venga somministrato con la persona di fronte potrebbe dare esiti diversi rispetto ad altre forme di indagine.
Inoltre potrebbe essere cambiato il modo di rispondere a domande di questo tipo rispetto al passato, oltre al modo di sperimentare la sessualità e quindi in fin dei conti il modo di riportare questa esperienza.
Oggi di sicuro c’è una maggiore apertura alla sperimentazione nella sfera sessuale e si è più disposti a parlarne. La mia impressione è anche che ci sia molta sperimentazione che non dà luogo a definizioni. Nel senso che magari ci sono ragazzi che provano esperienze sessuali con lo stesso sesso, ma non per questo poi si definiscono omosessuali. Le pratiche possono disgiungersi dal modo in cui ci si definisce.

Ed è frequente che ciò accada nel corso dell’adolescenza?

Quando si entra in pubertà si assiste a una trasformazione dell’identità. Negli studi psicologici è comune parlare di una fase di “transizione”, cioè di sperimentazione. Per esempio, per quanto riguarda le ragazze, spesso può accadere che passino quella fase in cui tengono per mano o abbracciano le loro amiche. È un passaggio che serve a scoprire la sessualità e che è considerata in linea con l’evoluzione dell’identità dell’individuo.
Poi c’è anche una questione di stile, quello con cui l’adolescente si presenta nel suo gruppo di pari, che è un sottogruppo specifico rispetto alla popolazione con cui normalmente un ragazzo si relaziona. In questo contesto i ragazzi manifestano simili modi di vestire, di atteggiarsi, di vivere la musica. E questo a volte può riguardare anche il modo in cui si esprime la corporeità. In alcuni casi per esempio è apprezzata la femminilizzazione del corpo maschile.

Quindi possiamo affermare che oggi c’è meno discriminazione rispetto al passato nei confronti dei diversi orientamenti sessuali?

No, questo non lo possiamo affermare in senso assoluto. In ambito scolastico, in cui le classi sono miste e in cui il contesto sociale a volte è anche molto complesso, il fatto di essere omosessuale è tutt’ora una stigmatizzazione, derivata dalla paura del “diverso”. E questo si manifesta più nei confronti dei maschi che delle femmine.

Come mai siamo ancora a questo punto? Le recenti modifiche della legge che riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso di fatto sono state un’occasione per aprire un dialogo sull’argomento.

Nella nostra società, sia i maschi che le femmine giudicano attraverso lo sguardo maschile. Una ragazza che si prepara per uscire, si giudica in base al senso estetico degli altri e in particolare dei maschi.
Dal giudizio maschile, di cui tutti siamo portatori, nasce la stigmatizzazione degli omosessuali.
La nostra società è ancora patriarcale e le cose più importanti continuano a competere agli uomini. E poi anche la TV ci ha abituato a questo sguardo, sia nel rappresentare il corpo femminile sia nella presentazione dello stereotipo dell’omosessuale, che di solito è il tizio che non è abbastanza “maschio” e che è amico delle donne.
La figura dell’omosessuale finalmente si sta normalizzando nella nostra cultura. Oggi conosciamo di più, perché se ne parla di più. Anche solo la discussione sulle unioni o sulle adozioni delle coppie gay ha contribuito ad ampliare la conoscenza. Finalmente, per esempio, è caduto il pregiudizio che ci sia un legame tra omosessualità e pedofilia.
L’adolescente nel momento in cui non conosce un determinato mondo, come può essere quello dell’omosessualità, lo filtra il mondo attraverso gli stereotipi in cui è cresciuto: la famiglia, la scuola, i gruppi che frequenta, la tv. Solamente una maggiore apertura dei contesti di esistenza dell’adolescente può permettere di abbattere gli stereotipi.

@AnnoviGiulia

Leggi anche: Teorie biologiche e genetiche sull’omosessualità

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.