ricerca

Per il problema del cibo? La scienza ci sta ragionando

Per la fine dell'anno si attende un rapporto con i consigli di un comitato di scienziati. Ecco un po' di ragionamenti preliminari

Aumento della popolazione, malnutrizione, obesità, sicurezza alimentare. Molti problemi globali richiedono che la politica sia supportata da molti scienziati e tecnici. Crediti immagine: Michael Stern, Flickr

RICERCA – Quando si parla di fame nel mondo c’è bisogno di soluzioni pratiche, che possano risolvere i problemi in breve tempo. Alle possibili soluzioni viene fatto spazio se interviene la politica, ma per risolvere i problemi occorre che intervenga la scienza. È sulla base di questo pensiero che le Nazioni Unite hanno proposto la creazione di un Comitato Scientifico Consultivo, di respiro internazionale e multidisciplinare. Compito del gruppo di scienziati è individuare possibili percorsi da suggerire al Segretario delle Nazioni Unite, perché la scienza svolga un ruolo sempre più importante nel sostenere le decisioni politiche, che siano basate sulle evidenze scientifiche.

Il tema della nutrizione e della sicurezza alimentare coinvolge da vicino la scienza. Sono tre le sfide principali: affrontare la rapida crescita della popolazione, che nel 2050 a questi ritmi di crescita potrebbe raggiungere i nove miliardi; il problema della nutrizione che può essere insufficiente o eccessiva, portando in entrambi i casi a problemi per la salute; il cambiamento climatico, che introduce ulteriori variabili sul tema della produttività degli alimenti e sulla disuguaglianza nella distribuzione del cibo.

La sicurezza alimentare è un problema di suolo, acqua, tecnologie per la produzione del cibo, innovativi sistemi di trasporto e distribuzione e tecniche di mercato, tutti elementi fondamentali per assicurare un reddito ai produttori. Ma è anche un problema di educazione, perché è determinante la qualità e la quantità di cibo consumata. Ecco, dunque, che diventa di straordinaria importanza l’osservazione delle abitudini e delle linee guida offerte a ciascun popolo.

Il cambiamento climatico potrebbe cambiare in modi differenti la produttività delle aziende agricole, che richiederanno soluzioni alternative e ciascuna dovrebbe essere adatta ai problemi locali. Il clima pone delle sfide alla biodiversità, il cui degrado potrebbe rendere meno disponibili le risorse naturali. E anche in questo caso è cruciale puntare sulle comunità locali, sui piccoli produttori di cibo, che con il loro lavoro concorrono a mantenere la biodiversità del luogo. Al contrario, in tal senso, sono dannose le produzioni industriali, che consumano il 75-80% del suolo, oltre all’acqua e al carburante.

Quali soluzioni sono state dunque intraviste dal Comitato voluto dalle Nazioni Unite? Per i Paesi in via di sviluppo serve più scienza e conoscenza. Secondo Gebisa Ejeta, professore di agronomia alla Purdue University in Etiopia, “è indispensabile introdurre nuove tecnologie nei Paesi in cui l’agricoltura è ancora basata su sistemi di coltivazione tradizionale”. Le modalità di coltivazione, l’utilizzo dei fertilizzanti, le tecniche di conservazione del cibo, il miglioramento delle pratiche di amministrazione del suolo, sono tutti elementi che, se introdotti in alcuni paesi in via di sviluppo, potrebbero duplicare la produzione del cibo.
Le famiglie e le piccole comunità locali spesso sono i diretti amministratori delle risorse per il mercato locale, ma anche internazionale. Anche oggi i sistemi alimentari su piccola scala, nutrono il 70% della popolazione mondiale, il 5-10% delle persone sono nutrite con il lavoro dei pescatori artigianali e il 10-15% dalla caccia.

E le nuove tecnologie?  Potrebbero essere la soluzione, ad esempio per combattere malattie delle culture molto dannose o per affrontare le condizioni imposte dal cambiamento climatico, perché potrebbero essere in grado di fornire miglioramenti a risorse già presenti in natura. Ma per fare questo servono investimenti anche nel capitale umano, oltre che nelle tecniche. È cruciale infatti che gli scienziati lavorino per risolvere i problemi locali.

Alcuni esempi e buone pratiche in tal senso esistono già. Il network di laboratori dedicati alle biotecnologie presentato da Mauro Giacca, direttore dell’ International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB), è un esempio di sviluppo delle conoscenze locali e di capacità di coinvolgimento delle risorse tipiche di ciascun paese. La delocalizzazione, la possibilità di portare la scienza all’interno dei singoli paesi avvantaggiandosi delle infrastrutture locali, potrebbe offrire infinite possibilità a agricoltura, medicina e ambiente.

Ma una cosa fondamentale perché tutto ciò avvenga è che ci siano le leggi a sostegno del cambiamento e dell’innovazione. È indispensabile che ci sia un maggiore coinvolgimento istituzionale e una migliore comunicazione sui problemi riguardanti la sicurezza alimentare. Ecco perché scienza e politica devono mettersi in dialogo.

@AnnoviGiulia

Leggi anche: Malnutrizione: non si cura solo con il cibo

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.