SCOPERTE

Cosa ci fa l’ossigeno più antico nella distante galassia?

I ricercatori del National Astronomical Observatory of Japan hanno osservato la presenza di ossigeno ionizzato nella galassia  SXDF-NB1006-2 ch si trova a 13 miliardi di anni luce dalla Terra: un primo passo verso la comprensione del processo di re-ionizzazione dell'universo

Le osservazioni mostrano che la quantità di elementi pesanti è circa il 10% di quelli trovati nell’universo di oggi, ma l’ammontare della polvere, che è composta da elementi pesanti, sembra essere anche inferiore. Crediti immagine: NAOJ

SCOPERTE – Cosa ci fa dell’ossigeno in una galassia antica a oltre 13 miliardi di anni luce da noi? Ci aiuta a svelare il processo di reionizzazione dell’universo, quando il buio del dopo Big Bang fu squarciato dalle prime luci delle stelle. I ricercatori del National Astronomical Observatory of Japan, Naoj, hanno analizzato la galassia SXDF-NB1006-2 con il telescopio Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, Alma, scoprendo la presenza di ossigeno ionizzato che potrebbe essere stato prodotto da un gruppo di giovani stelle giganti.

Lo studio guidato da Akio Inoue, ricercatore della Osaka Sangyo University in Giappone, è stato pubblicato sulla rivista Science e rappresenta un punto di partenza importante nella comprensione dell’universo e della formazione delle prime galassie che hanno portato alla reionizzazione. Proprio lo studio degli elementi più pesanti, come l’antico ossigeno scoperto da Alma, apre una nuova strada nell’interpretazione dell’universo appena nato in uno dei periodi meno conosciuti fino ad oggi.

Dal Big Bang alla reionizzazione cosmica

Tutto nell’universo inizia 14 miliardi di anni fa circa, quando dal Big Bang si origina la nube di gas da cui nasceranno le prime stelle. Si tratta di un gas elettricamente neutro e opaco e tutto resta nel buio. Solo elementi leggeri come idrogeno, elio e litio sono presenti. Poi qualcosa accade, una scintilla dà vita alle prime stelle e il gas inizia a ionizzarsi, diventando elettricamente carico e trasparente: inizia così, 700 milioni di anni dopo la nascita dell’universo, il periodo della re-ionizzazione, in cui l’idrogeno viene scomposto in protoni ed elettroni dalle radiazioni intense delle prime stelle e si formano elementi più pesanti, come ossigeno e carbonio.

Perché cercare l’ossigeno più antico?

L’ossigeno, insieme al carbonio, è uno dei primi elementi più pesanti che si formano dalle reazioni di fusione delle stelle appena nate. Proprio la radiazione emessa dall’ossigeno ionizzato è abbastanza forte da essere osservata anche a 13,1 miliardi di anni luce da noi, spiega Hiroshi Matsuo del Naoj e co-autore dello studio, sottolineando come il lavoro iniziato da Akari, satellite a infrarossi giapponese che ha trovato emissioni brillanti nella Gran Nube di Magellano vada continuato proprio da Alma, le cui caratteristiche consentono osservazioni astronomiche più precise.

Dalla simulazione alla scoperta di Alma

Andare a caccia della radiazione emessa dall’ossigeno ionizzato ha richiesto uno studio della situazione e i ricercatori giapponesi sono ricorsi a una simulazione al computer su larga scala per predire le emissioni  di luminosità e capire quale approccio utilizzare con Alma, che ha iniziato il lavoro di osservazione nel giugno 2015. Dopo un anno di lavoro i ricercatori sono riusciti a trovare l’ossigeno più vecchio mai osservato e stimarne l’abbondanza, che è 10 volte inferiore a quella osservata nel Sole. Naoki Yoshida dell’Università di Tokyo ha spiegato:

“L’universo era molto giovane e la quantità limitata di ossigeno era del tutto prevedibile, dato che la formazione stellare non era ancora entrata a pieno regime. La simulazione eseguita ci aveva predetto che l’abbondanza di ossigeno fosse 10 volte inferiore a quella presente nel Sole, ma dai dati abbiamo avuto anche un risultato inaspettato: una quantità di polvere davvero piccola”.

Le osservazioni mostrano che la quantità di elementi pesanti è circa il 10% di quelli trovati nell’universo di oggi, ma l’ammontare della polvere, che è composta da elementi pesanti, sembra essere anche inferiore. I ricercatori sono inoltre stati in grado di rivelare anche le emissioni di carbonio dalle galassie e di notare che qualcosa di strano è accaduto, perché quasi tutto il gas è stato ionizzato.

Un passo verso la comprensione della reionizzazione

Il deficit di polvere e di carbonio sembra così aver avuto un ruolo cruciale nell’avvio della reionizzazione: la luce ultravioletta emessa dalle galassie e dalle stelle in formazione in assenza di polvere è in grado di uscire al di fuori della propria galassia e ionizzare anche il gas all’esterno. Un risultato che indica agli scienziati dove cercare le sorgenti di luce che hanno dato il via al processo di reionizzazione dell’universo miliardi di anni fa.

Solo un primo passo, sottolineano i ricercatori, ma non per questo meno importante. Ora che l’ossigeno più antico è stato osservato, Alma prosegue nel lavoro di raccolta dati ad alta risoluzione della distribuzione e il moto di questo elemento nella galassia, gettando le basi per svelare il processo di reionizzazione e comprendere, passo dopo passo, i segreti del nostro universo.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.