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L’ “effetto principessa”: eroine Disney e stereotipi di genere

Un team di scienziati americani ha analizzato la questione trovando una correlazione tra gli stereotipi di genere femminile e il mercato plurimiliardario legato al marchio delle Principesse Disney

Uno studio haevidenziato una chiara correlazione tra la quantità di input “principeschi” e lo sviluppo di stereotipi di genere femminile sia nelle bambine che nei bambini. Crediti immagine: jill111, Pixabay

RICERCA – “Cosa vuoi fare da grande?”. “La principessa“. Chi non ha ricevuto questa risposta interpellando una bambina di età compresa tra i 3 e i 6 anni? D’altra parte, da qualche anno a questa parte il merchandising rivolto alle bambine di quell’età è stato popolato dalle principesse di turno, come Biancaneve, Ariel, Pocahontas, Rapunzel o Elsa, tanto per citarne alcune. Un team di scienziati americani ha analizzato la questione trovando una correlazione tra gli stereotipi di genere femminile e il mercato plurimiliardario legato al marchio delle Principesse Disney, popolato di eroine belle, con capelli fluenti e dagli improbabili girovita. E a quanto pare nemmeno i maschietti sono immuni dall’effetto “principessa”.

Lo studio, pubblicato sulle pagine della rivista Child Development, ha analizzato per un anno il comportamento di 198 tra bambini e bambine di età compresa tra i 3 e i 6 anni e mezzo più o meno esposti a prodotti mediatici, oggetti, vestiti e altri oggetti appartenenti al mondo delle Principesse Disney. Eventuali comportamenti legati a stereotipi di genere sono stati evidenziati grazie a questionari sottoposti a genitori e insegnanti, oltre a test “di gradimento” di giocattoli prettamenti femminili (come bambole e set da the), maschili (come super eroi e strumenti da lavoro) o neutri (come puzzle o colori) condotti direttamente sui bambini. I risultati evidenziano una chiara correlazione tra la quantità di input “principeschi” e lo sviluppo di stereotipi di genere femminile sia nelle bambine che nei bambini.

“Abbiamo trovato una correlazione tra l’engagement nei confronti delle Principesse Disney e lo sviluppo di comportamenti legati agli stereotipi femminili, come il giocare in modo quieto, cucinare, pulire, evitare i rischi, evitare di sporcarsi e di provare cose nuove”, spiega Sarah Coyne al New York Times. Lo stesso, anche se in forma meno marcata è stato osservato nei maschietti. Tuttavia, spiega la Coyne, la cosa può avere avere una valenza diversa nei due sessi. “Sappiamo che le ragazze che seguono stereotipi di genere femminile si sentono spesso incapaci di fare qualcosa. Non sono così sicure di poter riuscire in campi come la matematica e le scienze. Non piace loro sporcarsi, così sono meno propense a provare e sperimentare cose nuove”. Inoltre, le Principesse Disney rappresentano il primo modello di corpo magro e slanciato con le quali le giovanissime donne vengono a contatto proprio nell’età in qui questo si stampa indelebilmente nella loro mente. Secondo il team di ricercatori guidati dalla Coyne per i maschi il discorso è diverso. Mentre, infatti, crescere circondati dai canoni rappresentati da queste principesse può essere potenzialmente problematico per le bambine, adottare dei comportamenti tipicamente femminili potrebbe giovare allo sviluppo dei maschietti circondati spesso, al contrario, da una cultura che esaspera la mascolinità.

Il marchio delle Principesse Disney, lanciato nel 2000, è basato su una serie di personaggi femminili apparsi nei film di animazione della multinazionale americana. I ricavi del merchandising tutto in rosa sono passati dai 300 milioni di dollari del 2001 ai 4 miliardi del 2009, per un totale stimato di oltre 5.5 miliardi di dollari, diventando il secondo franchise Disney più ricco dopo Mickey Mouse. Tuttavia, proprio per l’esasperazione degli stereotipi di genere femminile, non sono mancate le critiche al marchio, a partire dal famoso articolo del New York Times “What’s wrong with Cinderella?” (Cosa c’è di sbagliato in Cenerentola?) per finire alla protesta del 2013 contro la versione glamour di Merida. La principessa scozzese, protagonista di Ribelle – The Brave, è l’unica principessa Disney che incarna l’immagine di una ragazza coraggiosa, indipendente, non legata sentimentalmente e anche poco truccata. La Disney ha provato a rilanciare una versione più femminile e più magra del personaggio, ma è stata costretta a desistere a causa di un’ampia protesta mediatica.

Il dilemma per i genitori, quindi, rimane. Principesse si o principesse no? Va precisato che lo studio evidenzia una correlazione tra lo sviluppo di sterotipi di genere e le Principesse Disney ma non è in grado di sviluppare un nesso di causa-effetto. Non prova, cioè, che le bambine che giocano con Elsa e Anna di Frozen sviluppino necessariamente degli stereotipi di genere. Inoltre, non dimostra necessariamente un effetto negativo sulle bambine, ma piuttosto una tendenza maggiore a sviluppare certi tipi di comportamento. Capire se in effetti queste principesse rappresentino o meno un modello negativo per le bambine richiederà altri studi più a lungo termine. La stessa Coyne spiega che l’obiettivo dello studio non è quello di sparare a zero sul mondo delle principesse che, anzi, portano un tocco di magia nell’infazia di innumerevoli bambine, ma piuttosto di stimolare nei genitori la costruzione di un approccio “critico” insieme ai figli nei confronti di questi personaggi. Ok, è magra e carina, ma oltre a questo cosa fa? Come si comporta? Quali aspetti positivi si possono ricavare da questo personaggio? Senza dimenticare di far capire alle piccole donne che stanno crescendo che le opportunità di lavoro per future principesse nella società moderna sono decisamente scarse, decisamente più numerose quelle per chi decide di seguire aspirazioni concrete e reali.

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