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Macchine, mente, enigmi. L’eredità di Alan Turing

Dalla matematica all'intelligenza artificiale, dagli scacchi alle strutture della natura, la ricerca di Alan Turing ha spaziato in molti ambiti, accompagnati sempre dal pensiero verso il dualismo uomo-macchina: ne parla il fisico Giorgio Chinnici nel suo nuovo libro "Turing. L’Enigma di un genio"

STRANIMONDI – Le macchine possono arrivare a pensare come gli esseri umani e, in estrema sintesi, a essere intelligenti? Questa domanda ha segnato la vita di una delle più brillanti menti della storia, un personaggio fondamentale del XX secolo morto tragicamente suicida a 41 anni dopo un’ingiusta e umiliante condanna per omosessualità: stiamo parlando di Alan Turing, a più riprese celebrato oggi da libri, film e anche messaggi di scuse postumi da parte delle più alte cariche istituzionali del Regno Unito. Difficile quindi, oggi, tentare un approccio originale all’universo-Turing. Tuttavia, la sua produzione intellettuale e i suoi contributi scientifici e filosofici toccano temi talmente complessi che cercare di mettere un po’ d’ordine è opera meritoria. È quello che fa Giorgio Chinnici, saggista, fisico e ingegnere elettronico, nel saggio Turing. L’Enigma di un genio edito da Hoepli.

7115292Chinnici non scrive una biografia del matematico britannico, ma attraverso sette agili capitoli (il libro in tutto consiste di 134 pagine) identifica e illustra in modo estremamente ordinato i principali ambiti di ricerca attraversati da Turing. Logica e filosofia della matematica, filosofia della mente, crittografia, informatica, intelligenza artificiale, gli scacchi, la biologia: ambiti diversi e complessi, ma tutti accomunati da due grande fili conduttori: Alan Turing, certo, ma anche il dualismo mente-macchina. Ogni capitolo cita infatti nel titolo o la parola “mente” o la parola “macchina”. Le pagine dei primi due capitoli, dedicati alle dispute sui fondamenti della matematica, si concentrano soprattutto sui meccanismi della mente. Così come un calcolatore umano risolve un quesito matematico facendo una serie ordinata di passaggi, allo stesso tempo un calcolatore artificiale, una macchina – dotata di “mente” da un umano – potrebbe fare la stessa cosa, anzi, potrebbe anche risolvere calcoli molto più complessi. È in questo ambito che quindi Turing arriva a proporre, come strumento dapprima puramente teorico, la macchina di Turing, uno dei suoi contributi più rilevanti. Come spiega Chinnici, la macchina di Turing era un mero modello astratto che in un secondo momento si è rivelato centrale nello sviluppo dei computer.

Certamente il fatto che una macchina, se debitamente istruita attraverso istruzioni e procedimenti (algoritmi), possa risolvere una serie di problemi non significa che la macchina pensi (si parla in questo caso di “intelligenza artificiale forte”, ovvero la capacità di una macchina di pensare come un essere umano). Il capitolo 5 del libro è intitolato “La macchina ha una mente?” e affronta la questione dell’intelligenza artificiale. Chinnici passa quindi a spiegare il test di Turing e le sue implicazioni: una macchina pensa se esce vincitrice dal gioco dell’imitazione (“The imitation game” sono le stesse parole usate da Turing nel suo paper del 1950 e che danno il titolo anche al film omonimo del 2015 con Benedict Cumberbatch nel ruolo di Alan Turing).

Nel film del 2015 la parte più consistente della trama è dedicata alla storia della squadra di crittografi, fra cui appunto Alan Turing, al lavoro a Bletchley Park nel tentativo di decifrare Enigma, una macchina utilizzata dai tedeschi per cifrare i messaggi scambiati dai vari apparati militari durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel libro di Chinnici, Enigma, che pure dà il titolo al volume, è solo uno degli episodi della vita e della ricerca di Turing. Nel terzo capitolo, intitolato “La mente batte la macchina”, l’autore spiega in modo molto convincente la storia della crittografia: si parla del cifrario di Cesare noto fin dalll’antichità fino ad arrivare a sistemi più complessi utilizzati a partire dal Rinascimento. Per esempio la crittografia e lo spionaggio ebbero un ruolo di primo piano nel decidere le sorti della Guerra di Indipendenza Americana. La storia delle spie e dei sistemi di criptoanalisi e crittografia utilizzati dai Confederati sono riproposti nella serie televisiva Turn – Washington’s Spies.

In questo video potete vedere proprio un disco di cifratura dei Confederati, uno dei sistemi di crittografia utilizzati in quell’epoca, come il cifrario di Vigenère.

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Ogni sistema di cifratura, prima o poi, fu violato e decodificato: Enigma pareva fare eccezione. La macchina Enigma non aveva però fatto i conti con la mente di Turing che, insieme ai suoi colleghi di Bletchley Park – tutti matematici, logici e crittografi di primissimo piano, quali Max Newman, Joan Clarke, Jack Good, Derek Taunt e anche i campioni di scacchi Hugh Alexander e Stuart Milner-Barry – riuscì a decifrare Enigma grazie alla macchina denominata “Bomba”. Nel libro Chinnici spiega, anche con l’aiuto di box esplicativi, il funzionamento di Enigma e i vari passaggi grazie ai quali Turing e colleghi riuscirono nell’impresa di battere il codice, riuscendo addirittura a creare uno strumento in grado di decifrare messaggi audio.

Il libro si chiude con due capitoli che apparentemente si allontanano dai temi iniziali: si parla infatti di scacchi e biologia. Il capitolo 6, dedicato agli scacchi, s’intitola “La macchina batte la mente”: dopo la sconfitta subita con Turing che decifrò Enigma, le macchine ebbero una sorta di rivincita quando nel 1997 il campione del mondo di scacchi, il russo Gary Kasparov, fu battuto a scacchi da un computer, Deep Blue.

Ma perché parlare di scacchi? Perché come racconta Chinnici già negli anni di Bletchley Park Turing lavorò ad algoritmi da applicare al gioco degli scacchi. Turing scrisse un algoritmo chiamato Turochamp: un algoritmo che, in assenza di hardware adeguato, rimase solo su carta e applicato con carta e matita dallo stesso Turing. L’ultimo capitolo invece spazia su questioni più filosofiche, si parla ad esempio di libero arbitrio, una delle caratteristiche per cui, anche secondo Turing, era difficile anche se non impossibile far sì che una macchina potesse davvero pensare (nel senso visto prima, ovvero intelligenza artificiale forte). Infine, Chinnici accenna a una delle ultime passioni di Turing, ovvero la sua attenzione verso gli schemi numerici rintracciabili in natura. Queste strutture ordinate potevano essere una chiave per capire importanti meccanismi fisiologici della mente e aiutare Turing a decifrare, per la seconda volta, un altro grande enigma.

Leggi anche: Alan Turing, fra storia e stereotipi

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Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.