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Chi si ricorda dell’Ice Bucket Challenge?

I risultati dell’iniziativa di raccolta fondi per la SLA diventata virale

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Nell’estate 2014 la campagna Ice Bucket Challenge ha raccolto più di 100 milioni di dollari in pochi mesi a favore della ricerca sulla SLA. Crediti immagine: Angelin Song, Flickr

SCOPERTE – Vi ricordate dell’Ice Bucket Challenge? Le persone che si facevano filmare mentre ricevevano una “generosa” secchiata d’acqua gelida durante l’estate del 2014?

Fu un fenomeno virale, conosciuto in tutto il mondo e che venne sfruttato dalla ALS Association – l’associazione statunitense contro la sclerosi laterale amiotrofica – per sensibilizzare l’opinione del pubblico sulla malattia. Le critiche non mancarono: ci fu chi accusò i partecipanti di essere degli “attivisti da divano”, chi puntò il dito contro lo spreco ingiustificato di acqua. Nonostante questo, l’Ice Bucket Challenge fu un successo incredibile: più di 100 milioni di dollari raccolti in pochi mesi.

A distanza di due anni sono emersi i primi concreti benefici di questa battaglia di gavettoni per la ricerca.

Gli scienziati coinvolti nel Progetto MinE – uno dei progetti finanziati grazie alla raccolta fondi – hanno confermato il ruolo fondamentale nello sviluppo della malattia del gene NEK1, pubblicando i risultati della loro scoperta su Nature Genetics.

Il Progetto MinE coinvolge undici nazioni di tutto il mondo fra cui l’Italia grazie al lavoro dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano – Dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti – e del Centro Dino Ferrari dell’Università degli Studi di Milano.

Si tratta di risultato importante che permette di fare nuovi passi avanti nella ricerca di una cura.

Le persone affette da SLA sono 420 00 in tutto il mondo e in Italia si registrano 1000 nuovi malati all’anno con un’incidenza di circa 1-3 casi ogni 100 000 abitanti.

Leggi anche: SLA: non è tutta colpa del cervello

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Gianluca Liva
Giornalista scientifico freelance.