TECNOLOGIA

Le olimpiadi delle macchine intelligenti

Ovvero, come un gruppo di scienziati abbia decretato l'obsolescenza del test di Turing, ideando una nuova sfida per macchine davvero intelligenti.

Chalie Ortiz ha inventato una vera e propria sfida a cui algoritmi e automi di nuova generazione devono sottoporsi affinchè li si possa ritenere, con maggiore certezza, intelligenti. Crediti immagine: Geralt, Pixabay

TECNOLOGIA – Siamo nel vivo delle Olimpiadi di Rio: migliaia di atleti, provenienti da tutto il mondo, si sfidano in centinaia di discipline diverse, puntando a un sogno davvero glorioso, conquistare una medaglia d’oro. Nel frattempo però, c’è qualcuno che ha concepito un’altra competizione globale, con dei protagonisti davvero d’eccezione: le macchine.

Infatti, la crescente complessità delle macchine ha spinto da tempo scienziati e ricercatori a identificare nuovi paradigmi per la verifica delle potenziali capacità intellettive artificiali, sottolineando l’obsolescenza di uno degli studi più famosi in proposito: il test di Turing.

Come molti già sanno, si tratta di un criterio, concepito dalla mente geniale di Alan Turing nel 1950, che consente di verificare se una macchina è in grado di pensare. Lo schema di base è molto semplice: un interrogatore umano A dialoga (usando, ad esempio, una tastiera e un terminale video) con due interlocutori: un altro umano B, e una macchina. La macchina supera il test di Turing, e quindi è (almeno potenzialmente) da ritenersi intelligente, qualora l’interlocutore umano A non sia in grado di decidere, basandosi sul contenuto delle conversazioni, quale dei due sia l’interlocutore B e quale la macchina.

L’effettiva capacità di questo test di identificare un comportamento intelligente, o meglio, senziente, in un automa è sempre stato oggetto di dispute e discussioni molto serrate nel mondo scientifico. Quando, nel 2014, un chatbot denominato Eugene Goostman, imitando le risposte di un tredicenne ucraino, ha infine superato il test, alcuni ricercatori si sono convinti della sostanziale inefficacia pratica del criterio ideato da Turing.

Infatti, per quanto sofisticato, Eugene Goostman è un algoritmo che non possiede alcun barlume di intelligenza, intesa come auto-consapevolezza, volontà o simili: esso è nient’altro che un algoritmo sviluppato da un programmatore umano, che lo ha munito di una efficacissima capacità di apparire, nelle sue risposte, del tutto simile a un ragazzino.

E c’è chi è sicuro di poter andar oltre: Charlie Ortiz, direttore del Laboratory for AI and Natural Language Processing di Nuance Communications è uno dei più convinti assertori di questa possibilità. Al punto da concepire una vera e propria sfida a cui algoritmi e automi di nuova generazione dovranno sottoporsi affinchè li si possa ritenere, con maggiore certezza, intelligenti: il Winograd Schema Challenge. Insomma, una sorta di olimpiadi di intelligenza artificiale, con tanto di podio, medaglie e commissione.

Nato tre anni fa, il simposio biennale voluto da Ortiz raccoglie tutti i più brillanti e visionari scienziati che, in giro per il mondo, studiano o sviluppano automi in grado di manifestare quello che è ormai comunemente ritenuto un prerequisito fondamentale di un’intelligenza simile a quella umana: il senso comune.

Per Ortiz, infatti, una macchina può dirsi davvero intelligente se è in grado di affrontare e risolvere una serie di situazioni che richiedono non una mera capacità di analisi sintattica, ma una spiccata dose di capacità di interpretazione e di pensiero laterale e, perchè no, di senso dell’umorismo: doti tutte molto umane.

E, per questo, insieme con gli altri fondatori della sfida, come Hector Levesque dell’Università di Toronto, ha deciso di impiegare i cosiddetti Schemi di Winograd, di cui abbiamo già parlato in questo articolo: si tratta di un test che mette a dura prova la capacità delle macchine di esibire un vero e proprio senso comune, introducendo peraltro anche un preciso sistema analitico di valutazione delle performance.

Un esempio tipico di schema di Winograd è il seguente:

Joan si era assicurata di ringraziare Susan per tutto l’aiuto che lei aveva fornito/ricevuto

Chi ha fornito l’aiuto?

Risposta 0: Joan

Risposta 1: Susan

Passando a una descrizione più generale, ogni schema di Winograd consiste almeno delle seguenti parti:

▪ La definizione di una frase con caratterizzata da due possibili soggetti della stessa classe semantica (femminile, maschile, inanimata e così via) – nel caso considerato, “Joan” e “Susan”

▪ Un pronome ambiguo che può riferirsi a entrambi i soggetti del punto 1. – nel caso in esame,  “lei”

▪ Una parola speciale ed una parola alternativa, tali che se esse vengono scambiate tra di loro, il senso della frase e l’attribuzione del pronome cambia – nel nostro esempio: “fornito” e “ricevuto”

▪ Una domanda sulla identità del soggetto a cui è riferito il pronome ambiguo

▪ Infine, due possibili opzioni di risposta.

Perchè questo test dovrebbe essere più affidabile del test di Turing?
Secondo Ortiz, uno dei motivi è semplicissimo: perchè, soprattutto se le domande vengono rese complesse a sufficienza, trasformandosi in vere e proprie narrazioni di trame con dei quesiti finali, una macchina in grado di rispondere dovrà essere necessariamente dotata di un barlume di senso comune.

Inoltre, il test basato sugli schemi di Winograd non prevede l’interpretazione di un arbitro: esistono unicamente risposte esatte o sbagliate, in modo che un automa non possa ingannare un interlocutore umano, come potrebbe invece in una conversazione ampia e generica, come quella prevista dal test di Turing.

Non ci resta, a questo punto, che attendere il 2018, anno della prossima edizione del Winograd Schema Challenge: se le intuizioni di Ortiz sono corrette, potrebbe uscirne vincitore il primo essere senziente artificiale che l’umanità abbia mai creato.
Teniamo pronta, nel caso, una splendente medaglia di silicio massiccio.

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Gianpiero Negri
Laureato in Ingegneria Elettronica, un master CNR in meccatronica e robotica e uno in sicurezza funzionale di macchine industriali. Si occupa di ricerca, sviluppo e innovazione di funzioni meccatroniche di sicurezza presso una grande multinazionale del settore automotive. Membro di comitati scientifici (SPS Italia) e di commissioni tecniche ISO, è esperto scientifico del MIUR e della European Commission e revisore di riviste scientifiche internazionali (IEEE Computer society). Sta seguendo attualmente un corso dottorato in matematica e fisica applicata. Appassionato di scienza, tecnologia, in particolare meccatronica, robotica, intelligenza artificiale e matematica applicata, letteratura, cinema e divulgazione scientifica, scrive per Oggiscienza dal 2015.