SCOPERTE

Scoperta la quinta forza?

I risultati del lavoro, se confermati, sarebbero rivoluzionari, e aiuterebbero a comprendere la natura della materia oscura.

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La scoperta di una quinta forza fondamentale, se confermata, potrebbe aiutare a comprendere la natura della materia oscura. Crediti immagine: Lucas Taylor / CERN

SCOPERTE – Una quinta forza fondamentale: se fosse vero, sarebbe sensazionale almeno quanto l’aver trovato il bosone di Higgs, se non di più. Una ricerca dello scorso anno della Hungarian Academy of Sciences annunciava la possibile scoperta di una nuova particella, 33 volte più massiva di un elettrone. Gli scienziati ungheresi erano in cerca del fotone oscuro, una fotone dotato di massa che sarebbe il segnale dell’esistenza della materia oscura. Un’analisi di un gruppo di ricercatori della University of California – Irvine pubblicata sulla rivista Physical Review Letters, invece, suggerisce che tale particella sia qualcosa di diverso e potrebbe essere legata a una quinta forza finora sconosciuta, chiamata interazione protofobica. Questa forza si aggiungerebbe così alle altre quattro interazioni fondamentali – gravitazionale, elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte – prospettando una nuova rivoluzione nel campo della fisica. Questo però non significa che la spiegazione della natura della materia oscura debba essere nuovamente rimandata. L’esistenza di questa forza infatti rivelerebbe un intero settore della fisica dove potrebbero nascondersi nuove forme di materia che oggi non siamo in grado di osservare.

I risultati presentati lo scorso anno dagli scienziati ungheresi erano stati accolti con un certo scetticismo. Il gruppo di ricerca della Hungarian Academy of Sciences si era dedicato allo studio di un decadimento radioattivo, un tipo di ricerca che risale agli albori della fisica moderna e praticabile in laboratori relativamente piccoli e con modeste risorse economiche. Il tentativo era di trovare segni dell’esistenza del fotone oscuro, una particella ipotizzata nel 2008 e legata alla materia oscura. In natura esistono due tipi diversi di particelle, quelle che formano la materia, i fermioni, e quelli che trasportano le forze, i bosoni. Il fotone normale altro non è che il bosone che trasporta la forza elettromagnetica: tramite esso avvengono le interazioni elettromagnetiche tra particelle cariche come elettroni e protoni. Allo stesso modo le particelle di materia oscura potrebbero avere un proprio bosone che trasporta la forza elettromagnetica chiamato appunto fotone oscuro.

Dalle osservazioni astronomiche sappiamo che la materia oscura costituisce l’85% di tutta la materia dell’universo. Noi ne vediamo chiaramente gli effetti gravitazionali, ma non le particelle che la compongono. Le diverse teorie che provano a spiegarla non sono state provate, e tra esse non ve ne sono di particolarmente convincenti. La speranza era di poter finalmente produrre tali particelle grazie a LHC. Nell’acceleratore, però, oltre al bosone di Higgs, non è stato osservato nulla di nuovo, mettendo in crisi molte delle speculazioni fatte dai teorici. Il fotone oscuro, tuttavia, non sarebbe osservabile in esperimenti come quello del LHC, ma si nasconderebbe in situazioni meno estreme come alcuni decadimenti, per esempio: non ad altissime energie quindi, ma in condizioni particolari e in eventi estremamente rari. Già alcuni esperimenti avevano mostrato tracce debolissime di una possibile nuova particella. Poteva trattarsi del fotone oscuro?

Proprio per scoprirlo i ricercatori della Hungarian Academy of Sciences avevano creato in laboratorio un isotopo instabile di berillio per analizzarne il decadimento. Durante questo processo si formano in coppia un elettrone e un positrone diretti con maggiore probabilità in certe direzioni e con minore probabilità in altre. Analizzando come si disperdono in un gran numero di decadimenti, i ricercatori hanno però rilevato un’anomalia: c’è un eccesso di elettroni e positroni in particolari direzioni. Può darsi che ci manchi la conoscenza di qualche meccanismo durante il decadimento del berillio, tuttavia questo fenomeno è ben conosciuto e compreso a livello teorico. La spiegazione che funziona meglio, invece, è l’esistenza di una particella finora sconosciuta. Quando il berillio decade, in qualche caso invece di originare subito la coppia elettrone-positrone forma prima questa particella che poi decade a sua volta nella coppia, generando l’anomalia osservata. Secondo i calcoli questa particella avrebbe una massa 33 volte più grande dell’elettrone, quindi abbastanza leggera, e una vita media di circa 10-14 secondi. I ricercatori ungheresi hanno ipotizzato di trovarsi di fronte al fotone oscuro, ma le analisi non erano conclusive e lasciavano aperte diverse possibilità.

Molti fisici però sono rimasti perplessi. Possibile che in un esperimento così semplice come un decadimento si potesse nascondere la chiave di una nuova fisica? “Se devo scommettere, punto sul fatto che il risultato non reggerà le verifiche. Tuttavia il risultato ungherese merita di essere controllato”, aveva affermato Gian Giudice, direttore del Dipartimento di fisica teorica del Cern di Ginevra. “Il nucleo atomico è un sistema complesso, la cui descrizione teorica è soggetta a incertezze non del tutto sotto controllo”, aveva aggiunto, “c’è spazio per effetti di cui i colleghi ungheresi potrebbero non aver tenuto conto”.

I ricercatori della University of California – Irvine guidati dal professor Feng hanno però voluto vederci chiaro, rianalizzando i risultati dei colleghi ungheresi e di altri esperimenti precedenti. La loro analisi preliminare era stata pubblicata ad aprile sul server online arXiv, sollevando un grosso interesse. I risultati del lavoro, se confermati, sarebbero rivoluzionari: non un fotone oscuro che trasporta la forza elettromagnetica, ma un bosone che trasporta una nuova forza fondamentale, l’interazione protofobica, è quello che si sarebbe trovato. Questo bosone, invece di interagire con protoni ed elettroni, come un fotone normale, lo fa con elettroni e neutroni, qualcosa di mai osservato in natura. Al momento gli scienziati lo chiamano semplicemente bosone X. “La particella non è molto massiva, è dagli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso che i laboratori hanno le energie per produrla”, ha commentato Feng. “Ma il motivo per il quale è difficile da trovare è che le sue interazioni sono molto deboli”, aggiungendo che grazie alla sua piccola massa saranno in molti a poterla studiare ora che sanno dove cercarla.

Questa interazione, non prevista dal Modello Standard, potrebbe aprire un nuovo campo della ricerca contribuendo agli studi sull’unificazione delle forze, secondo Feng. Da tempo infatti i fisici teorici cercano di riunire tutte le interazioni sotto un’unica forza fondamentale e questa scoperta potrebbe fornire indizi determinanti.

Inoltre dietro questa forza si potrebbe anche nascondere un intero settore oscuro della fisica con la sua materia e le sue forze, secondo il professore. È un po’ come aver scoperto un nuovo senso che permette di vedere una realtà prima nascosta. “È possibile che questi due settori parlino e interagiscano tra di loro attraverso una interazione parzialmente nascosta, ma fondamentale. Questo settore oscuro potrebbe manifestarsi come forza protofobica.” E questo “in un senso più generale si adatta al nostro obiettivo iniziale di capire la natura della materia oscura.”

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale