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Il gemello della Terra a portata di sonda

La campagna osservativa Pale Red Dot ha portato alla scoperta di un pianeta roccioso potenzialmente abitabile, che ruota attorno alla stella più vicina alla Terra, Proxima Centauri.

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Attorno alla stella Proxima Centauri orbita un pianeta roccioso potenzialmente abitabile, ad appena 4,2 anni luce dalla Terra. Crediti immagine: ESO/M. Kornmesser

SCOPERTE – Dopo le voci circolate nei giorni scorsi, finalmente è arrivato l’annuncio ufficiale: Proxima Centauri, la stella più vicina alla Terra, ha un pianeta roccioso potenzialmente abitabile. La notizia è stata pubblicata oggi sulla rivista Nature ed è il frutto della campagna osservativa Pale Red Dot che ha visto l’importante coinvolgimento dell’ESO (European Southern Observatory). Il pianeta è stato chiamato Proxima b, ha una massa stimata simile a quella terrestre e orbita in circa 11 giorni attorno alla sua stella.

La scoperta era stata anticipata dal settimanale tedesco Der Spigel, grazie a una fuga di notizie ed è di quelle che fanno rumore. Il pianeta infatti su scala astronomica si trova letteralmente alla porta a fianco. La stella attorno a cui orbita, Proxima Centauri, è una nana rossa ed è ad appena 4,2 anni luce dalla Terra, vicino al sistema di α e β Centauri. La sua massa è molto piccola, circa un decimo di quella solare, e la sua luminosità è ancora minore, appena un centesimo di quella del nostro Sole. Per questo motivo, malgrado la sua vicinanza, non è visibile ad occhio nudo. Secondo le stime ha circa 4,8 miliardi di anni, poco più vecchia del Sole e data la sua temperatura alla superficie molto bassa (3000 °C) appare di colore rosso.

La campagna osservativa Pale Red Dot che ha portato alla scoperta è stata condotta nella prima parte del 2016. “I primi indizi di un possibile pianeta sono arrivati nel 2013, ma il rilevamento non era stato convincente. Da allora abbiamo lavorato duramente per avviare ulteriori osservazioni con l’aiuto di ESO e di altri. La recente campagna Pale Red Dot era in pianificazione da circa due anni”, racconta Guillem Anglada-Escudé, uno degli astronomi del gruppo di ricerca. La campagna, anche se ha fatto uso di diversi telescopi e strumenti, si è appoggiata principalmente su due strumenti dell’ESO, lo spettrografo HARP e l’ESO 3.6-metre telescope situati a La Silla in Cile.

Il primo è uno strumento progettato appositamente per la ricerca di pianeti extrasolari (HARP sta per High Accuracy Radial velocity Planet Searcher, ovvero cercatore di pianeti ad alta accuratezza di velocità radiale) e permette di calcolare con altissima precisione la velocità di avvicinamento o allontanamento di una stella. La presenza di un pianeta induce nella stella una rotazione attorno al comune centro di massa, così se l’orbita del pianeta è vicina alla nostra linea di vista si può osservare la stella a fasi alterne avvicinarsi e allontanarsi. Questo movimento è osservabile grazie a un’analisi della luce della stella che appare leggermente più blu quando si avvicina e più rossa quando si allontana (il cosiddetto effetto Doppler). Il problema è che le velocità indotte dalla presenza di un pianeta di massa terrestre in orbita sono molto basse – pochi chilometri orari o anche meno – e sono estremamente difficili da misurare. Lo spettrografo HARP tuttavia permette di misurare variazioni di velocità inferiori a 0,5 km/h, e ciò ha consentito negli ultimi anni la scoperta di numerosi pianeti di piccola massa.

Quando gli astronomi del Pale Red Dot hanno cominciato a puntare i loro strumenti su Proxima Centauri, i dati hanno mostrato ben presto i segni di un’oscillazione di velocità, proprio il segno che ci si aspetterebbe dalla presenza di un pianeta. I risultati sembravano combaciare con quelli di precedenti osservazioni e con quelli in arrivo dagli altri strumenti utilizzati durante la campagna, tuttavia si è resa necessaria un’attenta verifica. Le stelle come Proxima Centauri sono molto attive e possono subire brusche variazioni di luminosità. La loro attività magnetica produce macchie molto più grandi di quelle solari. Il loro effetto sulla luce, combinato con la rotazione della stella, somiglia a quello causato da un pianeta. Diversi telescopi a disposizione della campagna sono stati perciò utilizzati per misurare eventuali variazioni di luce ed escludere eventuali effetti spuri.

“Ho controllato la consistenza del segnale ogni singolo giorno durante le 60 notti della campagna. I primi 10 erano promettenti, i primi 20 erano consistenti con le aspettative e dopo 30 giorni i risultati erano abbastanza definitivi e così abbiamo iniziato a scrivere l’articolo!”, racconta Guillem Anglada-Escudé. Alla fine i risultati delle varie osservazioni, una volta combinati, hanno confermato che Proxima Centauri si avvicina e si allontana a fasi alterne a velocità che raggiungono i 5 km/h con un periodo di 11,2 giorni. Questo indica la presenza di un pianeta di circa 1,3 masse terrestri, che orbita alla distanza di circa 7 milioni di km da Proxima Centauri, appena il 7% della distanza della Terra dal Sole. La distanza di Proxima b dalla sua stella, quindi, è molto minore di quella di Mercurio dal Sole. Tuttavia, Proxima Centauri ha una luminosità molto bassa, quindi il pianeta in orbita ricade nella fascia di abitabilità, ovvero è alla giusta distanza per avere acqua liquida in superficie. Le nane rosse come Proxima Centauri sono però soggette a un’intensa attività magnetica che produce improvvisi brillamenti ed eruzioni catastrofiche, molto maggiori di quelle solari con intense emissioni di raggi X e ultravioletti. Le condizioni sulla superficie di Proxima b quindi potrebbero essere fortemente condizionate da questi fenomeni, data anche la piccola distanza che separa il pianeta dalla stella.

Un’altra particolarità è che il pianeta, trovandosi così vicino alla stella, ne ha subito gli effetti mareali. Ciò ha rallentato la sua rotazione fino ad averne una sincrona, mostrando alla stella sempre la stessa faccia (come la Luna con la Terra), oppure a entrare in una risonanza 3:2. Questo ha naturalmente forti conseguenze su clima ed abitabilità. Gli studi fatti a proposito sono stati pubblicati in due diversi articoli e indicano che non si può escludere la presenza di acqua liquida sulla superficie, ma se ci fosse, sarebbe presente solo nelle zone più assolate, sulla faccia illuminata in caso di rotazione sincrona, o nella fascia tropicale in caso di risonanza 3:2.

Al momento nulla si può dire dell’atmosfera, ma nei prossimi anni il pianeta sarà oggetto di attenti studi con strumenti ancora più potenti, come il VLT (Very Large Telescope), nel tentativo di carpirne i segreti. Conoscerne l’atmosfera infatti è di cruciale importanza per sapere se è possibile che ospiti la vita. La presenza di ossigeno, metano o altri idrocarburi potrebbe essere un forte indizio di attività organica sul pianeta. Per saperlo però occorre che si riesca ad analizzare la luce passata attraverso gli strati superiori della sua atmosfera. L’ideale sarebbe che transiti davanti a Proxima Centauri, tuttavia al momento non risulta che ciò avvenga.

La relativa vicinanza del pianeta apre però anche un’altra affascinante prospettiva. I pianeti finora scoperti sono a distanza di decine, centinaia o addirittura migliaia di anni luce. Proxima b, invece, è a soli 4,3 anni luce e potrebbe essere l’unico pianeta che potremmo mai raggiungere: questo lo rende unico. Malgrado la vicinanza, con i mezzi più veloci costruiti fino ad ora occorrerebbero decine di migliaia di anni per fare il viaggio. Tuttavia proprio quest’anno Stephen Hawking, Mark Zuckerberg e il miliardario russo Yuri Milner hanno presentato l’ambizioso progetto StarShot per raggiungere α Centauri con delle sonde. Il viaggio durerebbe 20 anni, un periodo accettabile per la specie umana, e ci permetterebbe di raggiungere il primo pianeta extrasolare.

Guillem Anglada-Escudé conclude: “Molti esopianeti sono stati scoperti e molti altri saranno trovati, ma cercare l’analogo della Terra e avere successo è stata l’esperienza della vita per tutti noi. Molte storie e sforzi delle persone sono confluite in questa scoperta. Il risultato è anche un tributo a tutti loro. La ricerca della vita su Proxima b è il prossimo passo.”

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale