CRONACA

L’Artico continua a sciogliersi: è la nuova “normalità” dei ghiacci

Dopo il record negativo di fusione registrato a marzo 2016 dalla NASA, il discioglimento è stato rapido fino a maggio e solo a giugno è stato osservato un rallentamento. L’estensione dei ghiacci continua a diminuire

artico 3
Tra marzo e maggio 2016 lo scioglimento dei ghiacci artici ha registrato un record negativo. Crediti immagine: NASA/Kate Ramsayer

CRONACA – I ghiacci perenni dell’Artico negli ultimi 100 anni si sono dimezzati e lo scioglimento dei ghiacci marini prosegue. Si tratta di una nuova condizione di “normalità” per i ghiacci artici secondo gli scienziati della NASA, che continuano a monitorare il livello di fusione. Tra marzo e maggio 2016 lo scioglimento ha registrato un record negativo e solo nel mese di giugno c’è stato un rallentamento.

Walt Meier, scienziato della NASA che lavora presso il Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, ha spiegato che nonostante il rallentamento nella fusione dei ghiacci, a lungo termine lo scioglimento è destinato a proseguire a lungo termine. Il rallentamento, sottolinea Meier, implica che non si tratterà di una situazione estrema come negli anni precedenti poiché le condizioni meteo dell’Artico non sono state estreme come in passato: “Fino a un decennio fa il livello registrato nel 2016 di estensione dei ghiacci artici avrebbe rappresentato un nuovo record di minimo, ma ora che siamo abituati a questi bassi livelli per l’Artico si tratterà di una nuova normalità”.

Gli scienziati infatti hanno osservato che nel corso del 2016 i passaggi ghiacciati dei mari di Barents e di Kara, a nord della Russia, si sono aperti già in aprile e al 31 maggio l’estensione del mare Artico era comparabile ai livelli medi registrati solitamente alla fine di giugno degli altri anni. Se lo scioglimento sembrava destinato a segnare un nuovo record negativo, l’arrivo di una persistente regione di bassa pressione atmosferica, accompagnata da nuvolosità e forti venti, ha comportato un rallentamento nella fusione del ghiaccio.

Un andamento di rallentamento che, sottolineano gli scienziati della NASA, non è durato molto: già nelle prime settimane di agosto infatti il discioglimento dei ghiacci marini artici è tornato ad aumentare a causa dell’arrivo di un ciclone sulla calotta polare artica. Il rischio, spiegano, è che ci sia una accelerazione nello scioglimento dei ghiacci proprio come avvenuto nell’agosto 2012, quando un ciclone portò ad un rialzo delle temperature, mitigando così l’effetto di rallentamento della fusione dovuto anche all’inizio del tramonto del Sole sull’Artico.

Il ciclone in arrivo sulla calotta polare però, rassicura Meier, non dovrebbe comportare grosse sorprese: “I dati raccolti in questo anno rappresentano un ottimo caso di studio che evidenzia quanto importanti siano le condizioni meteo durante l’estate artica e il ruolo che hanno nello scioglimento dei ghiacci, specialmente tra i mesi di giugno e luglio, quando si hanno 24 ore di luce e il Sole e alto nel cielo. Se si verificano le giuste condizioni atmosferiche durante questi due mesi, la perdita di ghiaccio può accelerare significativamente. Se invece non si verificano, si ottiene un rallentamento della fusione. Per questo motivo la nostra capacità di predire il minimo di settembre nel mese di maggio è limitata, perché la copertura di ghiaccio è altamente sensibile alle condizioni atmosferiche estive e non è possibile prevedere le condizioni meteo dell’intera estate”.

La NASA continua così a tenere sott’occhio i ghiacci marini artici, ma punta anche a valutare un altro parametro per comprendere la situazione dei ghiacci perenni, che è quello dello spessore del ghiaccio. Proprio lo spessore infatti rappresenta un importante fattore da tenere sotto controllo per monitorare la situazione nella calotta polare artica in discioglimento, ma è allo stesso tempo un parametro difficile da valutare e determinare, come ha spiegato Thorsten Markus, capo del laboratorio di criosfera della NASA: “Abbiamo una buona conoscenza su come varia la presenza di ghiaccio marino nella regione artica, ma abbiamo una conoscenza davvero limitata del suo spessore”.

Le navi di ricerca e i sottomarini possono misurare direttamente lo spessore dei ghiacci e alcuni strumenti aerei sono in grado di raccogliere dati che permettono di calcolare lo spessore, ma fino ad oggi i satelliti non sono stati in grado di fornire uno sguardo completo allo spessore dei ghiacci marini, in particolare durante il periodo di scioglimento.

Nemmeno i radar sono stati in grado di registrare lo spessore in estate. Se in inverno infatti riescono a lavorare e raccogliere importanti dati, quando il ghiaccio comincia a sciogliersi e si mischia all’acqua salata, la salinità interferisce con il lavoro dei radar e misurare lo spessore diventa impossibile. Per questo motivo, spiega la NASA, sarà lanciato nel 2018 il satellite IceSat-2, che utilizzerà un fascio laser per cercare di ottenere una misura che sia il più possibile esatta e completa dello spessore del ghiaccio marino.

Anche IceSat-2 però presenta dei limiti nel monitoraggio della situazione: il satellite infatti presenta un altimetro laser che misurerà l’altezza dei banchi di ghiaccio rispetto al livello dell’acqua, ma solo un decimo del ghiaccio marino si trova al di sopra della superficie. Il restante 90% infatti si trova sotto la superficie del mare e per stimare il reale spessore del banco di ghiaccio i ricercatori hanno bisogno di eseguire dei calcoli che tengano conto di fattori come la presenza di neve in cima al ghiaccio e la densità degli strati ghiacciati.

La nuova “normalità” dei ghiacci artici resta così sotto stretto monitoraggio da parte degli scienziati della NASA, che come ha sottolineato Markus non vedono l’ora di elaborare i dati e scoprire cosa le misure riveleranno dello stato della calotta polare artica: “Se vogliamo stimare il cambiamento di massa del ghiaccio marino, o l’aumento di fusione, abbiamo bisogno dello spessore. Questa è la misura fondamentale per comprendere i cambiamenti che si verificano nell’Artico”.

@oscillazioni

Leggi anche: Dai resti di un mammut nuovi indizi sulla presenza umana nell’Artico

Condividi su
Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.