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La caccia al nono pianeta continua

Il pianeta X dovrebbe essere cinque volte più distante di Plutone, con una massa pari a 15 volte quella terrestre

“Siamo in una situazione simile a quella di metà Ottocento quando Alexis Bouvard notò il particolare moto orbitale di Urano che poi portò alla scoperta di Nettuno”. Crediti immagine: Nasa, Flickr

ASTRONOMIA – Nel 2014 gli astronomi Scott Sheppard and Chadwick Trujillo pubblicarono una ricerca che attirò molta attenzione, nella quale suggerivano l’esistenza di un nono pianeta molto più distante di Plutone e diverse volte più grande della Terra. Ulteriori osservazioni dei due astronomi hanno confermato i dati precedenti e suggeriscono che il Pianeta X, o Pianeta 9 come viene chiamato, dovrebbe essere cinque volte più distante di Plutone e avere una massa molto più grande della Terra. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista The Astronomical Journal.

La lunga storia del nono pianeta inizia nel 1846. Era appena stato trovato Nettuno e già gli astronomi cominciavano a ipotizzare l’esistenza di un altro pianeta ancora più lontano, dando così il via alla sua ricerca. Per millenni l’umanità è stata a conoscenza dell’esistenza di soli sei pianeti. Urano, da sempre visibile ad occhio nudo, per la debolezza della sua luce e la sua lentezza non era mai stato notato. Quando l’astronomo tedesco William Herschel nel 1781 casualmente lo scoprì si aprì per la prima volta la prospettiva che ci potessero essere ancora altri pianeti sconosciuti nel Sistema Solare.

In effetti proprio studiando l’orbita di Urano emersero alcune anomalie inspiegabili. Una volta misurata con precisione dall’astronomo Alexis Bouvard, fu palese che l’orbita non era quella che si otteneva tenendo conto della perturbazione gravitazionale di Giove e Saturno. C’era forse qualcos’altro a influenzare la sua orbita? Il matematico inglese John Couch Adams e il francese Urbain Le Verrier calcolarono indipendentemente, nel 1843 e nel 1846, quale sarebbe dovuta essere la posizione della fonte di queste perturbazioni. In quello che fu un importante successo scientifico, il pianeta Nettuno fu osservato proprio dove aveva predetto Le Verrier, una dimostrazione spettacolare della forza delle teorie scientifiche e delle tecniche matematiche sviluppate in quegli anni, che lasciava aperte ulteriori possibilità di indagine.

Gli astronomi non si lasciarono pregare: se ci erano riusciti una volta, perché non avrebbe dovuto funzionare di nuovo? Una volta completati calcoli e misure, emerse un’ulteriore fonte di perturbazione a influenzare le orbite di Urano e Nettuno. La corsa al nono pianeta, tuttavia, si risolse in nulla di fatto, lasciando a bocca asciutta gli astronomi. O non esisteva o doveva essere al di là delle capacità dei telescopi dell’epoca, così la sua ricerca continuò in sordina. L’attesa fu molto lunga: solo nel 1930 l’astronomo Clyde Tombaugh fu in grado di osservare un oggetto che si muoveva rispetto alle stelle fisse esattamente nella posizione dove i calcoli indicavano la posizione del Pianeta X.

Era stato scoperto Plutone, ma anche preso un grosso abbaglio. Fu classificato come un pianeta, ma divenne sempre più evidente che non poteva essere la fonte delle perturbazioni gravitazionali osservate. La sua massa era molto minore di quanto inizialmente pensato, ben meno della Luna, tanto da essere declassato nel 2006 a pianeta nano. Nel 1989 la sonda Voyager 2 sembrò chiudere definitivamente la questione del Pianeta X. Con i dati raccolti sulla massa di Urano e Nettuno, molto più precisi di quelli precedenti, le anomalie delle orbite scomparirono implicando che non ci dovesse essere nessun oggetto di grande massa al di là dell’orbita di Nettuno. L’idea di un altro pianeta di grandi dimensioni fu messa in soffitta per almeno 15 anni.

Solo nel 2004 con la scoperta di Sedna, un corpo ghiacciato molto più lontano di Plutone, tornò a farsi spazio l’idea di un pianeta agli estremi confini del Sistema Solare. A partire dal 1992 si era scoperto che Plutone non era solo: erano stati osservati numerosi corpi ghiacciati di piccole dimensioni, simili a comete o ben più grandi, oltre l’orbita di Nettuno e facenti parte della fascia di Kuiper, un residuo della nube da cui si è formato il sistema planetario.

Telescopi sempre migliori hanno permesso di scoprire più di mille di questi oggetti e man mano che venivano scoperti ci si accorse che alcuni avevano orbite difficilmente giustificabili. Sedna in particolare aveva un’orbita troppo grande per un oggetto della fascia di Kuiper. Un pianeta nelle regioni più estreme del Sistema Solare, ben al di là dell’orbita di Plutone, abbastanza lontano da non influenzare le orbite dei pianeti interni, ma di massa abbastanza grande, avrebbe potuto spiegarle. L’idea del Pianeta X tornò in auge: quando nel 2014 Trujillo e Shepperd scoprirono 2012 VP113, uno dei corpi ghiacciati più distanti mai osservati, si accorsero che la sua orbita aveva caratteristiche in comune con quelle di Sedna.

Le orbite sono descritte da sei parametri e la probabilità che diversi di essi siano simili tra due corpi è molto bassa. A meno che non ci sia qualcosa che le influenza entrambe. Così i due astronomi analizzarono l’orbita di 12 oggetti molto distanti della fascia di Kuiper, e i risultati indicarono che avevano tutte alcuni parametri simili. La loro spiegazione era l’esistenza di un pianeta di svariate masse terrestri e con un orbita molto allungata il cui perielio, il punto più distante dal Sole, doveva distare oltre 150 UA (unità astronomiche, ovvero la distanza del Sole dalla Terra). Nel suo punto più lontano, in pratica, sarebbe stato cinque volte più lontano di Plutone.

In realtà, anche se così distante, sapendo dove cercarlo, un pianeta di quelle dimensioni dovrebbe essere visibile con i moderni telescopi. Individuarlo per caso nella vastità del firmamento (come accadde con Urano) è come cercare un ago in un pagliaio. I dati di Trujillo e Shepperd non erano sufficienti a fornire indicazioni precise, ma la notizia fece scalpore pur incontrando lo scetticismo di alcuni. Negli ultimi due anni le prove hanno continuato ad accumularsi. Nuovi oggetti hanno mostrato le stesse anomalie orbitali notate da Shepperd e Trujillo e altri gruppi di ricerca si sono messi a lavoro, per capire che caratteristiche potrebbe avere, quale potrebbe essere la sua origine e dove potrebbe trovarsi attualmente lungo la sua orbita. Nel loro nuovo studio, i due astronomi sono andati a caccia di altri oggetti estremamente lontani nella fascia di Kuiper, setacciando circa il 10% della volta celeste con alcuni dei più potenti telescopi al mondo. Gli oggetti individuati hanno rafforzato le conclusione della ricerca precedente: il nuovo pianeta potrebbe essere una superterra o un gigante ghiacciato simile a Nettuno, di circa 15 masse terrestri, con un’orbita che si spinge a oltre 200 UA.

La campagna osservativa è tutt’ora in corso. Come ha spiegato Shepperd, date le scarse osservazioni di oggetti simili, è ancora difficile capire cosa stia succedendo nel Sistema Solare esterno. “Siamo in una situazione simile a quella di metà Ottocento, quando Alexis Bouvard notò il particolare moto orbitale di Urano che poi portò alla scoperta di Nettuno. Gli oggetti ben di là di Nettuno sono la chiave per aprire la porta sulle origini del nostro Sistema Solare e sulla sua evoluzione. Riteniamo che ci siano migliaia di questi piccoli corpi, ma non ne abbiamo ancora trovati molti perché sono parecchio lontani. Questi corpi minori possono guidarci al ben più grande pianeta che pensiamo esista là fuori. Più ne scopriamo, meglio saremo in grado di comprendere come funziona il Sistema Solare esterno”.

Leggi anche: Una rara roccia meteoritica all’origine del pianeta mercurio?

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale