ATTUALITÀ

Sopralluogo della Commissione Ecomafie al centro oli in Val d’Agri

La ripresa delle attività è stata accompagnata da problemi: già il 13 agosto l'aria della zona attorno al centro oli era diventata irrespirabile e il giorno dopo sono state segnalate sfiaccolate e rumori assordanti.

L’impianto dove viene effettuata la desolforazione di petrolio e gas era stato chiuso il primo aprile a causa dei sequestri di due vasche, del pozzo di reiniezione e dell’impianto di depurazione di Tecnoparco, che avevano reso del tutto impossibile continuare le attività estrattive. Crediti immagine: Vincenzo Senzatela

ATTUALITÀ – Dopo oltre quattro mesi di chiusura il 12 agosto sono riprese le attività del centro oli di Viggiano (COVA) in Val d’Agri, che giovedì scorso ha ricevuto un sopralluogo da parte della Commissione Parlamentare Ecomafie. Assieme all’impianto di proprietà dell’Eni è ripartita anche l’attività estrattiva del giacimento su terraferma più grande d’Europa, bloccata a seguito di un’inchiesta che riguarda lo smaltimento illecito dei rifiuti. Secondo il presidente della Commissione Alessandro Bratti a seguito delle modifiche operate dall’Eni la situazione del COVA sarebbe più “confortante” rispetto a quella riscontrata dalla commissione tre mesi prima. Tuttavia assieme alla riapertura del centro sono riprese anche le polemiche, i problemi e dubbi che non molto sia cambiato.

L’impianto dove viene effettuata la desolforazione di petrolio e gas era stato chiuso il primo aprile a causa dei sequestri di due vasche, del pozzo di reiniezione e dell’impianto di depurazione di Tecnoparco, che avevano reso del tutto impossibile continuare le attività estrattive. In particolare le anomalie riscontrate riguardavano una produzione di scarti di lavorazione pericolsi con codici contraffatti, la reiniezione non autorizzata di parte di questi assieme alle acque di scarto e lo sforamento delle emissioni di anidride solforosa e idrogeno solforato, due gas estremamente nocivi per la salute umana.

A seguito di una proposta di modifica dell’impianto per ovviare ai problemi contestati, tuttavia, la magistratura pur proseguendo l’indagine, ha dissequestrato gli impianti concedendo all’Eni di attuare tali modifiche in modo da riavviare al più presto le attività. Il danno economico ed occupazionale dovuto al blocco delle attività è stato infatti notevolissimo e sia l’Eni, sia la Regione Basilicata, sia i sindacati avevano necessità di ripartire al più presto con la produzione.

La questione è stata trattata anche da OggiScienza in un articolo che preannunciava l’imminente riapertura del COVA  e l’operazione aveva destato forti perplessità. A oggi nessun chiarimento è arrivato: nessuno ha spiegato con quali codici vengono classificati gli scarti di lavorazione e dove vengono trattati e nessuno ha spiegato come i lavori effettuati per evitare di contaminare le acque di strato che vengono reiniettate possano risolvere il problema delle emissioni e delle sfiaccolate, le spaventose fiammate accompagnate da boati e puzza insopportabile che si alzano dalle ciminiere del COVA.

La ripresa delle attività, inoltre, è stata immediatamente accompagnata da problemi. Già il 13 agosto l’aria della zona attorno al centro oli era diventata irrespirabile e il giorno dopo sono state segnalate sfiaccolate e rumori assordanti. Tuttavia il COVA ha una deroga rispetto ai limiti di legge per le emissioni sonore quindi il rumore non è un problema dal punto di vista legale, ma lo è, ed anche serio, per chi in quella zona ci vive. Immaginate di passare notti intere con un Boing che vola sul tetto, questo è quanto hanno vissuto gli abitanti di Villa d’Agri in passato e quanto presumibilmente torneranno a vivere. Naturalmente le autorità hanno assicurato che questa volta il monitoraggio ambientale ci sarà e sarà svolto correttamente. L’ARPAB, l’ente preposto al monitoraggio ambientale, era stato ampiamente screditato a seguito dell’inchiesta della magistratura. Era emersa infatti una totale inefficienza e inaffidabilità nell’opera di monitoraggio tanto che spesso per i dati faceva affidamento a quelli comunicati dall’Eni, dati che dalle intercettazioni sembrerebbero falsificati. Attualmente sono diversi dipendenti dell’ARPAB ad essere sotto inchiesta, ma ora sembra che la situazione dell’ente, rimasto in passato senza fondi, sia migliorata e che si sia dotato di mezzi adeguati. Dati i precedenti i dubbi però sono più che leciti.

Un’ulteriore anomalia è stata segnalata a fine agosto quando un piazzale antistante l’impianto è diventato un deposito per autobotti cariche di rifiuti. La situazione ha visto fino a 80 autocisterne in attesa nel parcheggio improvvisato, ma a seguito di un sopralluogo del NOE, all’Eni è stato ingiunto di rimuoverle in quanto non autorizzate a restare nel piazzale.

Le parole del presidente della Commissione Ecomafie sembrano tranquillizzanti, ma c’è da stare tranquilli in una regione il cui presidente afferma che le morie di pesci nel Pertusillo, il lago vicino ai pozzi che serve due milioni di persone in Puglia, sono dovute alla pesca di frodo? Purtroppo sembra che i tentativi di aprire un discorso serio e trasparente non trovino riscontro. L’ultimo caso è quello del convegno di mercoledì 31 agosto 2016 organizzato dall’Assoil School presentato come un tavolo dove discutere di ambiente e salute, ma svoltosi senza una reale volontà di dibattito. Il problema di fondo è che a seguito di quanto avvenuto negli ultimi tempi la fiducia verso le autorità lucane è venuta meno e solo con una reale volontà di confronto si può ristabilire tale fiducia. Resta da capire se qualcuno ha questa volontà.

Leggi anche: Centro oli di Viggiano: pronto a ripartire dopo il sequestro

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale