ATTUALITÀ

Non trovate Dory. Nè Donatello, Pongo o Finnick

Il successo dei personaggi dei cartoni scatena la richiesta sproposistata di animali selvatici e non da tenere come pet. Ma spesso va a finire male, da tartarughine scaricate nel water a cani dalmata lasciati nei canili

pesce chirurgo blu dory
Crediti foto: Norbert Potensky, Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0

ATTUALITÀ – Alla ricerca di Dory è arrivato nelle sale italiane: un anno dopo le avventure di Nemo, stavolta è il piccolo pesce chirurgo ad andare alla ricerca della sua famiglia. Se da una parte ogni film o cartone ha l’opportunità di passare messaggi importanti, come far conoscere gli abitanti delle barriere coralline e ricordarci che sono in pericolo, dall’altra i negozi di animali saranno presto sommersi dalle richieste di Paracanthurus hepatus, di Dory da tenere in acquario come pet. Proprio come accadde con i pesci pagliaccio all’uscita di Alla ricerca di Nemo, quando la richiesta di esemplari da tenere negli acquari è aumentata del 40%.

Quando trovare Nemo sarà davvero impossibile

A differenza dell’oltre 90% delle specie tropicali, i pesci pagliaccio si possono riprodurre con successo anche in cattività. Eppure secondo Saving Nemo Conservation Fund ogni anno viene comunque prelevato dalle barriere almeno un milione di esemplari per soddisfare la domanda degli appassionati di acquari. Già nel 2011 l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, IUCN, lanciava l’allarme cercando di usare a buon fine il nuovo interesse del pubblico per pesci e barriere: in assenza di provvedimenti importanti, sul lungo termine nessuno sarebbe più stato in grado di trovare Nemo o i suoi amici. Una specie ogni sei, tra le 1500 valutate dagli scienziati come “imparentate” con i personaggi del cartone, era ed è a rischio di estinzione.

Sono minacciate tutte le tartarughe marine, Scorza e Guizzo, oltre la metà degli squali martello e degli squali lamniformi, Randa, Fiocco e Bruto, e dei miliobatidi, i pesci cartilaginei come Ray imparentati con squali e razze. Per altri animali come il gamberetto pulitore Jaques (Lysmata amboinensis), il più diffuso negli acquari marini degli hobbysti, addirittura non sappiamo nulla. La specie non è valutata nella Lista Rossa IUCN, che stabilisce il grado di conservazione. E cavallucci marini, come Varenne? Sono il gruppo di pesci ossei più in pericolo di tutti i protagonisti del film. Oggi conosciamo 40 specie, dal minuscolo ippocampo pigmeo di Denise (due centimetri) al più imponente Hippocampus abdominalis (circa 30 centimetri) ma oltre due su cinque sono a rischio di estinzione.

La specie cui appartiene Dory è l’unica del genere Paracanthurus ed è nota in inglese come blue tang. È diffusa in un ampio areale nella regione dell’Indo-Pacifico e secondo la IUCN, è tra le dieci specie d’interesse acquaristico più ricercate del pianeta. Tra il 1997 e il 2002 sono stati venduti più di 70000 individui, tutti prelevati in natura dalle barriere coralline meno profonde, dove vivono e si riproducono durante tutto l’anno. Come per molti altri pesci, tuttavia, non abbiamo dati precisi per quantificare come le popolazioni siano diminuite nel tempo a causa della distruzione dell’habitat, di pratiche di pesca dannose e dei continui prelievi. A differenza dei pesci pagliaccio riprodurre P. hepatus in cattività non è possibile, perciò ogni Dory negli acquari del mondo è stata catturata dal suo ambiente.

paracanthurus hepatus mappa diffusione
L’areale di diffusione di Dory, il pesce chirurgo blu, in una mappa della IUCN

Il messaggio che conservazionisti, biologi, naturalisti e gli scienziati di tutto il mondo cercano di far passare, ancora una volta, è che un animale non è un giocattolo, non è mai qualcosa da acquistarsi impulsivamente dopo aver visto un cartone per poi abbandonarlo quando diventa costoso, impegnativo, grande. Solamente avviare un acquario marino, prima di poter ospitare pesci tropicali come un chirurgo, richiede settimane di lavoro e notevoli costi: quando si acquista bisogna essere informati e soprattutto sicuri di rivolgersi a un venditore serio che possa dare tutte le informazioni e il supporto necessari alla realizzazione di un acquario, nonché garantire la provenienza dei suoi pesci attraverso apposite certificazioni. La app Tank Watch è un’ottima risorsa per farsi un’idea su quali specie d’acquario possono essere allevate in cattività, e quali invece (i “bad fish”) vengono invece prelevati nel loro ambiente naturale.

In molti paesi come Indonesia, Filippine e Sri Lanka, infatti, per catturare i pesci tropicali da esportare si usano ancora metodi crudeli e devastanti per le barriere coralline come il cianuro di sodio, il cyanide fishing, un composto chimico che viene sciolto in degli spruzzini e sparso sui pesci. Con questa tecnica illegale gli animali storditi faticano a respirare e mantenere l’equilibrio mentre nuotano, diventando perciò facilissimi da catturare: secondo le stime NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) tra il 70 e il 90% degli oltre 12 milioni di pesci tropicali che arrivano negli Stati Uniti annualmente sono stati catturati in questo modo. E per ogni pesce pescato con il cianuro, va distrutto un metro quadrato di barriera.

Non solo Dory

La corsa al negozio di animali dopo aver visto un film non riguarda purtroppo solo i pesci. La lista di pet  selvatici e non che hanno impazzato dopo la comparsa sul grande schermo per poi finire scaricati tra canili, fogne e laghetti è piuttosto lunga. Vediamone alcuni.

Le Tartarughe Ninja, 2014: all’uscita del film i conservazionisti hanno rinnovato l’appello alle famiglie a non comprare tartarughe di terra ai loro figli dopo la visione. In seguito a tutti i film precedenti i negozi di animali hanno avuto centinaia di migliaia di richieste per tartarughe, gran parte delle quali -la stima è del 90%, nove tartarughe su dieci- è finita scaricata nel water, abbandonata o uccisa intenzionalmente probabilmente perché non volava né faceva altri trucchi interessanti. I Centers for Disease Control and Prevention statunitensi hanno anche confermato un aumento spropositato dei casi di salmonella in otto stati proprio in relazione al boom di tartarughe domestiche.

La carica dei 101, remake del 1996: Pongo, Peggy e la loro numerosa famiglia sono adorabili fin dagli anni ‘70 del secolo scorso, ma un cane dalmata in macchie e ossa ha anche necessità e bisogno di cure come qualsiasi altro cane. Mangia, deve essere portato a passeggiare, può capitare che morda o non abbia voglia di giocare e, a giudicare da quanto hanno detto molti padroni scontenti (dopo un dalmata trovato sotto l’albero nel Natale 1996, a seguito del film) “non ama particolarmente i bambini”, è aggressivo. L’anno seguente l’uscita del film i canili statunitensi hanno riportato un aumento nel numero di dalmata abbandonati, ma anche nella quantità di allevatori “amatoriali” improvvisati e inesperti della razza, oltre che dei cosiddetti puppy mill, centri per la riproduzione dei cani a scopo commerciale. Non esistono dati che attraversino l’intera nazione, ma i cani dalmata lasciati nelle strutture perché non più desiderati sarebbero addirittura raddoppiati. È un problema della Disney? Decisamente no. Secondo i dati Humane Society dei primi anni ’90, degli oltre dieci milioni di cani e gatti che ogni anno vengono lasciati nei rifugi il 30% è di razza.

Zootropolis, 2016: In una manciata di scene di questo film di animazione, che ha per protagonisti una lepre e una volpe, appare un fennec (Vulpes zerda). Acquistare un fennec come pet è illegale, ma dopo l’uscita della pellicola in Cina è esplosa la domanda per le piccole volpi del deserto: comprare un esemplare importato dall’Africa costa circa 3.000 dollari. La specie oggi è considerata least concern dalla IUCN, quindi non a immediato rischio, ma se nel mercato cinese prendesse piede, questo potrebbe cambiare presto. La Cina ne importa già numeri importanti per gli zoo del paese, principalmente dal Sudan. Il fennec vive tra le dune dei deserti dell’Africa settentrionale, dal Sahara e Mauritania fino alla parte Nord del Sinai, perfettamente adattato a sopravvivere in un ambiente in cui le precipitazioni sono un miraggio scavando tunnel nel terreno. Come conferma la Lista Rossa IUCN, specialmente in Marocco e Tunisia i piccoli fennec vengono catturati per venderli ai turisti come pet o per farli fotografare. Com’è avere un fennec come animale domestico? Sbagliato, oltre al fatto che la specie non è assolutamente adatta. Come riporta il Guardian molti degli acquirenti che si sono concessi questo costoso “giocattolo” l’hanno già restituito perché non socializzava, era impossibile addestrarlo e “faceva molto rumore durante la notte”. Il fennec è un animale notturno.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Rewildling, il vaso di Pandora della conservazione?

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".