IN EVIDENZA

Sex robot: un giocattolo innocente?

Il tema di Trieste Next 2016 era il rapporto tra esseri umani e tecnologia. Durante la manifestazione abbiamo intervistato Kathleen Richardson, ricercatrice in Etica della Robotica presso la DeMonfort University

roxy sex robot true companion
Una delle foto promozionali di Roxxxy, la prima “sex robot” prodotta dall’azienda True Companion. Crediti: True Companion

APPROFONDIMENTO – Nel 2010 veniva presentata Roxxxy, il primo sex robot entrato in commercio. Costava circa 7.000 euro ed era poco più che una bambola interattiva che riproduceva le sembianze di una donna. Da allora tecnici e ingegneri non si sono fermati. L’industria robotica si è lanciata sempre di più nella ricerca e nello sviluppo dei sex robot, ovvero robot che fungano da partener sessuali. Una recente intervista sul New York Times discuteva a questo proposito dello sviluppo di un sex robot molto più evoluto, Denise, il cui costo previsto sarà di circa 40.000 dollari.

Il 24 settembre, nell’ambito della manifestazione Trieste Next il cui tema quest’anno era proprio il rapporto tra esseri umani e tecnologia, si è tenuto un dibattito sulla questione. Tra i partecipanti c’era Kathleen Richardson, ricercatrice in Etica della Robotica presso la DeMonfort University. La dottoressa Richardson, oltre ad aver scritto diversi articoli di ricerca sul tema dei sex robot, si è fatta promotrice della Campaign Against Sex Robots. Lo scopo della campagna è di impedire la loro diffusionione, mettendo in guardia dai possibili pericoli legati al loro utilizzo e sensibilizzando le persone sul grave problema che rappresentano. L’abbiamo intervistata per saperne di più.

Perché una campagna contro i sex robot?

Il messaggio più importante della campagna è l’empatia oltre all’importanza delle relazioni tra le persone. Il mio punto di vista è che le persone sono diverse dagli oggetti e le nostre istituzioni politiche, economiche e culturali dovrebbero rifletterlo. Tuttavia, dato il modo in cui le donne sono trattate in tutto il mondo e i livelli estremi di violenza che subiscono -in particolare sessuale-, dobbiamo chiederci perché questo accada proprio a loro. Io credo che derivi dal fatto che sono ancora percepite come una proprietà degli uomini: anche nelle nazioni occidentali sono considerate strumenti sessuali da usare a piacimento. Non a caso questo messaggio è riprodotto nella pornografia e nella prostituzione. E la pornografia altro non è, dopotutto, che prostituzione filmata. Ciò che si vede nella pornografia è ciò che avviene nei bordelli di tutta Europa.

L’umanità ha però sempre usato sex toy. In che cosa i sex robot sarebbero differenti? E se venissero prodotti anche per le donne?

Sì, hai ragione, anche se non sono sempre stati chiamati “sex toy”. Questo è un linguaggio di marketing che è stato sviluppato nell’ultimo secolo. Gli oggetti a scopo sessuale sono scelti perché si adattano alla superficie dei genitali e sono usati come strumenti per aiutare a raggiungere l’orgasmo o per provare piacere. Inoltre non è necessario che tali oggetti debbano riprodurre artificialmente la forma dei genitali: ci sono persone che possono eccitarsi con scarpe, porte girevoli e persino con monumenti. Ciò che portano avanti bambole e robot a scopo sessuale, invece, è differente. Da una parte rendono esplicito il fatto che le donne sono considerate meno che umane e che servono solo per i desideri sessuali maschili. Dall’altra -e questo è il problema più serio- alla persone viene detto che possono avere una relazione con questi oggetti. Ma se gli esseri umani possono relazionarsi con un oggetto, l’oggetto non può relazionarsi con loro.

kathleen richardson trieste next sex robot
“Penso che ci sia stata una narrazione, negli ultimi 20 anni, che ha detto che i robot possono essere nostri amici o compagni. Bene, tutto questo deve essere messo in discussione”. Kathleen Richardson a Trieste Next

Considerando la questione da un altro punto di vista ci si potrebbe chiedere: perché bandire solo i sex robot e non gli altri? In che cosa sono diversi da robot usati ad altri scopi?

Penso che ci sia stata una narrazione, negli ultimi 20 anni, che ha detto che i robot possono essere nostri amici o compagni. Bene, tutto questo deve essere messo in discussione. L’idea di fondo ha molte cose in comune con lo sviluppo dei sex robot, ovvero la convinzione che le persone possano relazionarsi con altri individui come se fossero strumenti e non persone. Arrivati a questo punto abbiamo bisogno di ripensare a tutto ciò. Anche se possiamo immaginare che costeranno sempre meno, nel futuro è probabile che i sex robot rimangano oggetti piuttosto costosi.

Pensi che potrebbero diffondersi così tanto da diventare un pericolo? E, dopotutto, gli uomini li vorranno davvero?

I robot non saranno mai come appaiono nella fiction. Nella narrativa si può esplorare e presentare l’immaginazione in modi impossibili nella vita reale. Tuttavia dobbiamo contestualizzare i sex robot nella più ampia cultura digitale, dove siamo incoraggiati a relazionarci con gli altri attraverso una macchina piuttosto che di persona. Stiamo entrando in una spirale dove le nostre tecnologie creeranno maggior isolamento. Per far fronte a questo isolamento verranno sviluppate ulteriori macchine, che a loro volta causeranno ancora più isolamento.

Il problema dei sex robot non potrebbe essere solo la punta dell’iceberg dei problemi che emergeranno nel futuro con lo sviluppo della robotica?

No, penso che la questione di fondo sia differente. Le bambole e i sex robot sono il sintomo di ben altri problemi, molto più seri: il considerare le donne come oggetti sessuali, il progressivo isolamento causato dal capitalismo moderno e più in generale i modi usati per ribadire e rinvigorire l’idea culturale dominante delle relazioni proprietà. Macchine come robot capaci di relazioni altro non fanno che promuovere relazioni di proprietà. Queste portano a privilegiare sempre la proprietà (che è detenuta da una minoranza) al di sopra e contro le altre persone, inclusi gli stessi maschi.

Vuol dire che senza l’idea di relazioni di proprietà non esisterebbero i sex robot?

Sì, sto dicendo proprio questo. Nell’opera teatrale RUR (Rossum’s Universal Robots) le persone della società immaginaria non erano diventate isolate a causa della tecnologia, avevano solo perso uno scopo perché ossessionate costantemente dalla produzione di oggetti. Il vero cambiamento avviene in quanto i robot sviluppano la consapevolezza della loro situazione. Erano stati fatti per amare. Infatti, c’è questa idea che i robot (ricordiamo che nell’opera “robot” era un termine che stava per “lavoratore”) diventino coscienti a causa del loro ruolo di sfruttati nella società. Ma se le macchine robotiche reali non faranno niente del genere, gli esseri umani che rifiutano di essere trattati come strumenti possono.

La narrativa in effetti ha esplorato molte volte il tema delle relazioni tra robot ed esseri umani. Può insegnarci qualcosa su questo problema?

Certo: ci insegna che gli umani non sono macchine e che questo sarà una cosa positiva.

Leggi anche: Oltre le leggi della robotica

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale