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Le nanotecnologie entrano a scuola: il progetto Nanolab

NanoLab è partito nel 2011 nell'ambito del progetto Lauree Scientifiche ed è un tentativo di proporre in Italia esperienze internazionali di successo in ambito educativo come i percorsi sulle nanoscienze proposti dalla National Nanotechnology Initiative.

NanoLab è un’occasione di formazione vera e propria per gli insegnanti, andando oltre la dimensione puramente divulgativa. Crediti immagine: jlenhard, Pixabay

SPECIALE SETTEMBRE – Parlare di nanotecnologie è necessario ed è una sfida complessa, che si può vincere a partire dall’educazione scolastica (leggi qui e qui). A che punto sono i programmi scolastici su queste discipline? La scuola in Italia è attrezzata ad affrontare questa sfida? Ancora no, purtroppo, gli insegnanti hanno una forte preparazione di base ma hanno bisogno di trovare una guida esperta che li aiuti a mettere insieme nozioni e curiosità da trasmettere agli studenti. I luoghi ideali da cui partire sono l’università e i laboratori dove ogni giorno si fa ricerca su nanotecnologie e nuovi materiali. È stato questo in sintesi lo spirito di Nanolab, un progetto ideato presso il Dipartimento di Fisica, Informatica e Matematica dell’Università di Modena e Reggio Emilia, in collaborazione con l’Istituto per le Nanoscienze CNR-NANO.

Oltre la divulgazione: 4 idee chiave

NanoLab è partito nel 2011 nell’ambito del progetto Lauree Scientifiche ed è un tentativo di proporre in Italia esperienze internazionali di successo in ambito educativo come i percorsi sulle nanoscienze proposti dalla National Nanotechnology Initiative (NNI), nello specifico ispirandosi al progetto NANOYOU, con un approccio rimodellato per l’occasione “Gli esperimenti di NANOYOU erano prettamente qualitativi, e avevano l’obiettivo principale di impressionare lo spettatore, nella migliore tradizione divulgativa-museale”, spiega Guido Goldoni di UniMoRe, a capo del progetto “mentre i moduli Nanolab sono stati pensati più in uno spirito da laboratorio di fisica, con la raccolta, la sistematizzazione e l’interpretazione dei dati”. NanoLab, cioè è un’occasione di formazione vera e propria per gli insegnanti, andando oltre la dimensione puramente divulgativa. Attraverso incontri in laboratorio, seminari, kit di materiali e strumenti pratici, gli insegnanti imparano in prima persona cosa sono le nanoscienze e quali sono i punti critici di questa disciplina.

Quest’ultimo passaggio di trasferimento del sapere può essere particolarmente complesso e delicato. Il team di Nanolab ha guardato, anche in questo caso, all’esperienza americana, introducendo nel percorso 4 key ideas in versione italiana, sulla scorta del progetto K-12: nanoparticelle, forze e superfici nano-strutturate, meccanica quantistica, materiali smart.

Queste aree tematiche sono il supporto ideale per comprendere cosa succede e cosa cambia alle leggi della fisica quando si scende a livello della nano-scala, talmente prossima alle dimensioni dei singoli atomi che forze e fenomeni di solito trascurabili diventano predominanti e decisivi. Negli esperimenti di Nanolab, agli insegnanti viene per esempio mostrato come possono incidere le forze di Van der Walls sulle superfici o come la struttura di una materiale può influenzare la conducibilità elettrica.
Secondo Annamaria Lisotti, una dei primi referenti e organizzatori di Nanolab, è possibile proporre il modello anglosassone delle key ideas anche in Italia: “Le 4 idee chiave scelte per il progetto Nanolab sono state scelte appunto per individuare concetti fondanti e imprescindibili da cui partire e allo stesso tempo consentono di allacciarsi al curriculum più tradizionale della scuola italiana. Non è insomma una prerogativa adatta al solo mondo anglosassone.”

Colmare il gap: il testimone passa agli insegnanti

Per formalizzare nuovi linguaggi e nuovi percorsi educativi sulle nanoscienze, il ruolo degli insegnanti è quindi centrale, e strategica la modalità scelta per renderli rpotagonisti attivi: la trasmissione delle conoscenze di questa nuova frontiera non avviene in modo piramidale, ma piuttosto collaborativo tra il mondo della ricerca e il corpo docente, dotandoli di kit formativi completi, con tanto di strumenti da laboratorio, offrendo accesso a seminari e workshop, e informazioni su come utilizzare le nuove competenze per il proprio curriculum vitae.

Il progetto Nanolab è un’iniziativa ancora di nicchia nel nostro Paese. Senza molti altri precedenti, gli insegnanti che hanno finora preso parte al progetto, provenienti da tutta Italia, sono stati certamente motivati e spinti da una forte curiosità personale. Se da un lato questo rappresenta un dato incoraggiante, va rilevato che la sola spinta personale segnala però una lacuna preoccupante “Che si tratti di nanoscienze, esplorazione spaziale o fisica quantistica, la difficoltà nell’introdurre a scuola le nuove frontiere della ricerca scientifica è sempre la stessa: sono sempre e solo i docenti più curiosi a osare, se possono” continua Lisotti.

“Un ostacolo da superare nella scuola italiana è la dicotomia tra la richiesta di un arricchimento dei programmi di scienze con un approccio più sperimentale, magari con occhio di riguardo proprio ai nuovi materiali, e il mancato aggiornamento di materie di base, come fisica, relegate a uno stato prettamente teorico, con il rischio di spingere verso il solo teaching to test.”
Intanto, la strada è tracciata per superare invece quella che secondo Goldoni è la prima grande barriera, quella che separa le nanoscienze dalla classe “Organizzare dei meri incontri una tantum tra noi ricercatori e le scuole ha un impatto pari quasi a zero nella diffusione delle nanoscienze. Collaborando con loro, noi ci siamo occupati di convincere gli insegnanti, tranquillizzarli e fornirgli tutti gli strumenti per essere autonomi in classe.”

Un terreno che rimane ancora piuttosto inesplorato, purtroppo, è quello che riguarda i problemi di tipo etico, sociale e d’impatto sulla salute delle nanotecnologie, in altri Paesi invece già molto vivo.

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Marco Milano
Dopo gli studi in Scienza dei Materiali si è specializzato in diagnostica, fonti rinnovabili e comunicazione della scienza. Da diversi anni si occupa di editoria scolastica e divulgazione scientifica. Ha collaborato, tra gli altri, con l’Ufficio Stampa Cnr e l’agenzia Zadig.