SALUTE

Cancro: la sfortuna non c’entra

Nuovo studio mostra che il DNA delle staminali umane adulte acquisisce gli errori a un ritmo costante, anche in organi che mostrano tassi di incidenza diversi.

Bad luck, è lecito pensare che la maggioranza dei tumori non sia prevenibile in alcun modo? Crediti immagine: Pixabay

SALUTE – Aveva fatto scalpore la notizia apparsa nientemeno che su Science a gennaio 2015, in cui un team di ricercatori della John Hopkins di Baltimora asseriva che in buona parte l’insorgenza del cancro fosse imputabile alla sfortuna – “Bad luck” le parole esatte utilizzate nel comunicato stampa – con la conseguenza che fosse lecito pensare che la maggioranza dei tumori non potesse essere dunque prevenibile. All’indomani della pubblicazione dello studio, il mondo dell’epidemiologia reagì in modo netto, ridimensionando i risultati della ricerca. “Un elemento di casualità nello sviluppare un certo tumore ha poco a che fare con il livello di rischio in una popolazione” precisava Christopher Wild, Direttore dello IARC. Lo studio presentava inoltre altri problemi – come sottolinea il noto epidemiologo Paolo Vineis – anzitutto, lo studio si basava su un numero relativamente piccolo di tipi tumorali escludendo “big killers” come i tumori della mammella, della prostata, delle vescica e dell’endometrio; inoltre, non si considerano le importanti differenze nella frequenza a livello mondiale per lo stesso tipo di tumore e il cambiamento di frequenza dei tumori nel corso del tempo.

Oggi una nuova ricerca, condotta nell’ambito della Worldwide Cancer Research, e pubblicata su Nature, sembra mettere la parola fine all’idea che la sfortuna giochi un ruolo preponderante nello sviluppo dei tumori. I ricercatori, studiando le cellule staminali umane adulte, hanno mostrato che il DNA acquisisce gli errori a un ritmo abbastanza costante, anche in organi che mostrano tassi di incidenza diversi. “Queste osservazioni suggeriscono che il graduale accumulo di sempre maggiore “sfortuna” in termini di errori genetici non può spiegare le differenze che vediamo quanto a incidenza nei diversi tipi di cancro” spiega Ruben van Boxtel, primo ricercatore dello studio.

Quello che è certo è che i fattori di rischio, come lo stile di vita, il fumo e la dieta, non vanno certo abbandonati, anche se a oggi i ricercatori non hanno ancora pienamente compreso perché alcuni tipi di cancro sono più comuni di altri. Questa nuova ricerca è dunque molto importante poiché fornisce per la prima volta informazioni sul tasso di accumulazione degli errori a livello di DNA.

Secondo lo studio apparso su Science nel 2015, la maggior parte del rischio di contrarre molti tumori era dovuto a un accumulo di mutazioni del DNA accidentali casuale accumulate durante la normale divisione delle cellule staminali. Questo significa che organi con tassi più elevati di velocità nella divisione delle cellule staminali sarebbero portati ad accumulare più mutazioni e quindi a sviluppare un più elevato rischio di cancro. Questo nuovo studio invece, studiando le cellule staminali di colon, intestino tenue e altri organi, ha scoperto che l’accumulo di errori del DNA in queste cellule è in realtà fondamentalmente stabile, con circa 40 mutazioni all’anno. Un tasso che è risultato sostanzialmente invariato indipendentemente dal tipo di organo da cui le cellule staminali provengono, o dall’età del paziente.

Nonostante questo trend principale, i ricercatori hanno comunque rilevato alcune differenze tra i tipi di mutazioni del DNA fra i diversi tessuti, che potrebbero in ultima analisi – precisa van Boxtel – spiegare almeno in parte perché alcuni tumori sono più frequenti di altri fra la popolazione. “Abbiamo bisogno tuttavia di molte più prove per scoprire come, e in che misura questo accade. Questo è quello che vogliamo mettere a fuoco con le nostre prossime ricerche”.

@CristinaDaRold

Leggi anche: Alimentazione: un’alleata contro il cancro al seno

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.