IN EVIDENZA

L’arte dell’insegnare matematica

Il Nucleo di Ricerca Didattica di Trieste studia i meccanismi e le strategie per insegnare la matematica a scuola, senza tralasciare la storia di questa disciplina

184623755_ac6ce4010a_o
In Italia si tendono a giustificare i cattivi risultati in matematica perché la materia viene ritenuta difficile. Crediti immagine: Lainey Powell, Flickr

APPROFONDIMENTO – Quali strategie si possono usare per insegnare la matematica e che tipo di ricerca c’è dietro? Proprio per studiare questi aspetti a Trieste fu fondato il Nucleo di Ricerca Didattica, uno dei primi in Italia, il cui responsabile è oggi Luciana Zuccheri, professoressa di Ricerche in didattica della matematica e Storia della didattica della matematica presso l’Università di Trieste.

Il Nucleo è molto attivo tra le scuole della città e organizza diversi progetti, tra cui la “Matematica dei ragazzi” che vede il coinvolgimento degli studenti nella preparazione di laboratori di matematica. L’iniziativa è stata quest’anno ospite al Trieste Next in una conferenza che si è tenuta il 23 settembre in Piazza Unità dal titolo “Curve celebri, dalla meccanica al computer”. Il tema riguardava le tecniche di costruzione di curve più o meno note e di come alcune di queste possano essere utilizzate come base per la costruzione di curve più complesse. A spiegare questi concetti c’era un gruppo di studenti di seconda del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Trieste sotto la supervisione dei loro insegnanti Paola Gallopin e Loredana Rossi e della stessa Luciana Zuccheri.

Al termine della conferenza ci siamo rivolti a quest’ultima per capire quali sono le sfide poste dall’insegnamento della matematica e quali attività si svolgano, in particolare nell’ambito del Nucleo di Ricerca Didattico per migliorare l’offerta formativa delle scuole.

Innanzitutto, cos’è la didattica della matematica?

Rispondere a questa domanda non è semplice perché è un campo che racchiude una varietà di aspetti e di aree di ricerca. Ci sono aspetti teorici come quello cognitivo, quindi relativo al meccanismo con cui si apprende, ma ci sono anche aspetti pratici relativi a come trasmettere contenuti a livello scolastico e quindi come far apprendere al meglio la matematica nelle scuole. È una disciplina che è nata con la matematica stessa, perché ben presto ci si pose il problema di come insegnarla. Un altro aspetto quindi è anche quello storico: come si è insegnata la matematica nel tempo? Nel passato in effetti l’insegnamento di questa materia ha subito un’evoluzione e non sempre si è andati avanti. Infine, oltre all’abito teorico e alla trasmissione dei singoli contenuti vi è anche un ambito puramente sperimentale dove vengono messi alla prova metodi e strumenti di insegnamento coinvolgendo classi di tutti gli ordini.

La matematica è considerata ostica e a volte poco interessante. Come mai, e come si può ovviare al problema?

In realtà non è così in tutti i Paesi. In altri Paesi, per esempio in Corea, si dà moltissima importanza ai risultati scolastici in matematica. In Italia invece si tendono a scusare i cattivi risultati perché la materia viene ritenuta difficile, e questo meccanismo di giustificazione si verifica in particolare con le bambine. Addirittura fino a qualche tempo fa c’era chi si vantava di non aver capito la matematica anche fra esponenti della classe politica. Ora questo costume sta venendo meno, ma il problema di giustificare l’ignoranza in matematica a causa della sua difficoltà rimane. In fin dei conti però qui si sta parlando di matematica scolastica e a un certo livello dovrebbero arrivare tutti. Uscire dalla scuola con buone conoscenze di matematica porta ad affrontare meglio qualunque percorso formativo successivo.

Spesso nell’insegnamento della matematica manca una prospettiva storica. Si è così portati a proporre con leggerezza concetti e formule che invece hanno un lungo e laborioso lavoro di ricerca dietro e che hanno avuto bisogno di grandi menti per essere elaborati. Un esempio può essere quello dei numeri irrazionali, la cui storia si lega in maniera molto interessante a Pitagora e alla setta dei suoi seguaci. Pensa che contestualizzare la matematica dal punto di vista storico possa rendere migliore il suo apprendimento?

Sono un docente di storia della matematica, quindi non posso che essere d’accordo. In ogni caso la storia non serve solo a interessare gli studenti durante le lezioni. Uno delle iniziative più interessanti a cui ho preso parte è stato il tentativo di far ripercorrere agli studenti particolari momenti storici per rivivere in prima persona come si è giunti a intuire certi concetti. Questa è un’esperienza che abbiamo fatto con ragazzi e ragazze di gruppi di eccellenza, ottenendo ottimi risulti: alcuni di loro, messi nelle stesse condizioni dei matematici del passato e posti di fronte alle stesse sfide, sono riusciti riprodurre le loro scoperte. Questa in effetti può essere una strategia per far capire che la matematica non è una conoscenza data e immutabile, e che esiste anche un lavoro di ricerca che porta a innovazioni. Un altro aspetto connesso alla storia della matematica è quello culturale. Se un insegnante è a conoscenza della storia e degli sviluppi della materia che insegna, allora può considerarsi portatore di una cultura. Dopotutto i numeri sono arrivati prima della scrittura e chi insegna matematica dovrebbe esserne cosciente: senza una prospettiva storica non si può pensare che anche la matematica sia una cultura al pari della discipline umanistiche. Ignorando la storia si perde la percezione del fatto che le idee hanno avuto un’evoluzione e non sono nate così come le vediamo adesso, e viene anche a mancare la dimensione umana delle scoperte. Bisogna aver presente che primo filosofo greco, Talete, è anche il primo matematico: la matematica in Grecia nasce perciò insieme alla filosofia. È un aspetto di cui è importante essere consapevoli, e per questo cerco di diffondere questi concetti nei vari corsi che faccio con gli insegnanti. La storia dovrebbe essere quindi nella formazione di base di chi insegna matematica, ma anche di chi fa ricerca. Oggi i matematici sono portati a rinchiudersi solo nel loro settore e quando manca una dimensione storica si perde la possibilità di avere una visione globale della materia.

Ma è possibile per gli insegnanti a scuola andare oltre il libro testo e trasmettere questa profondità storica con il tempo a disposizione?

Beh, probabilmente ci sono delle difficoltà, però si può rimediare in fase di impostazione del lavoro. Non si può trattare tutto in profondità, ma si possono scegliere gli argomenti più importanti da sviluppare con più attenzione.

Attualmente lei è responsabile del Nucleo di Ricerca Didattica di Trieste, uno tra i primi a occuparsi in Italia della ricerca nell’ambito della didattica della matematica. Come è nato e che cosa ha prodotto finora?

Il nucleo è nato alla fine degli anni Settanta, quando il CNR decise di finanziare vari gruppi universitari affinché, collaborando con gli insegnanti delle scuole, portassero avanti una ricerca nel campo della didattica. A questo scopo furono fondati diversi nuclei, e Trieste fece parte del primo gruppo insieme a Pisa e Pavia. Questo gruppo era nato per seguire il progetto di Giovanni Prodi, all’epoca professore di matematica alla Normale di Pisa, che però precedentemente aveva lavorato a Trieste e aveva conservato contatti con i professori dell’università. Il nome del progetto era “Matematica come scoperta” ed era basato sul concetto del problem solving, all’epoca molto in voga, che consiste nell’affrontare in maniera problematica gli argomenti matematici. L’iniziativa aveva portato alla realizzazione di un libro di testo che è stato poi sperimentato nelle scuole e via via migliorato portandolo avanti per una decina di anni. All’inizio il Nucleo lavorava solo con le scuole superiori, ma in seguito si è aperto anche alle medie e alle elementari. Attualmente, oltre alla collaborazione di alcuni docenti universitari, vede la partecipazione di insegnanti di scuole di ogni ordine e grado, dall’asilo alle superiori. Durante l’anno seguiamo uno o più progetti che hanno la caratteristica di far collaborare insegnanti di vari livelli. Ogni secondo anno dei progetti a partire dal 1996 abbiamo organizzato la “Matematica dei ragazzi”, che è una manifestazione in cui classi o gruppi di studenti presentano in forma laboratoriale argomenti di matematica di vario tipo ai loro coetanei. Si tratta di una lavoro preparato durante l’anno sotto la guida dei loro insegnanti e che poi perfezioniamo in varie riunioni. Qui al Trieste Next è stato proposto in forma di conferenza il lavoro fatto nell’edizione 2016 che si è tenuta ad aprile, ma la versione originale aveva una forma molto più interattiva e diretta.

Come divulgate le vostre attività e la vostra ricerca? E dove trovare il materiale che avete prodotto?

Innanzitutto c’è il sito del Nucleo di Ricerca Didattica. Inoltre nel corso degli anni abbiamo raccolto il materiale e i contributi che sono emersi dalle varie edizioni della “Matematica dei Ragazzi” arrivando a creare una piccola collana pubblicata dalla EUT (Edizioni Università di Trieste) sia in forma cartacea che in formato elettronico. Altro materiale invece è stato pubblicato dai Quaderni CIRD, una rivista di cui sono direttrice responsabile, aperta alla didattica non solo della matematica, ma anche di altre materie. I lavori pubblicati sono disponibile solo online e sono scaricabili gratuitamente.

Le andrebbe di raccontarci infine come è nata questa sua passione per la didattica della matematica?

In realtà già da piccola mi piaceva giocare alla maestra! Mi piaceva imparare, ma poi mi piaceva farne partecipi gli altri e spiegare quelli che avevo imparato. Ho sempre avuto questa tendenza: è una caratteristica che si deve avere se si vuole insegnare, altrimenti è meglio fare altro. Da un lato ho sempre avuto la voglia di comunicare, dall’altro lato mi piaceva la matematica e così è nata l’idea di fare l’insegnante e questa era l’idea con cui mi ero iscritta a matematica all’università. Una volta laureata, in realtà, ho avuto occasione di usufruire di una borsa di studio del CNR per fare ricerca nella didattica e così ho rimandato momentaneamente l’idea di fare l’insegnante, ma alla fine quella è diventata mia carriera. Il mio lavoro però è sempre stato in collaborazione con insegnanti e poi in fin dei conti anche se non ho insegnato a scuola ho insegnato in università.

Leggi anche: Orti didattici: mani tra le piante per imparare (anche a mangiare)

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

 

Condividi su
Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale