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Human Cell Atlas: la mappa di tutte le cellule umane

Secondo gli scienziati coinvolti la nuova strategia aiuterà a capire meglio molti aspetti della biologia umana e della medicina, permettendo di migliorare la diagnosi, il monitoraggio e la cura delle malattie

La mappatura delle cellule sarà possibile grazie allo sviluppo della “single cell genomics”, una tecnica che consiste nel separare una cellula da un tessuto per studiarne l’RNA messaggero. Crediti immagine: Pixabay

RICERCA – Il giornalista Ed Yong su The Atlantic lo ha definito il Google Maps per il corpo umano. Si tratta dello Human Cell Atlas: un progetto ambizioso, promosso da Wellcome Trust Sanger Institute, Wellcome Trust e Broad Institute, che promette di rivoluzionare la comprensione che gli scienziati hanno del corpo umano. Paragonato per portata allo Human Genome Project, “l’atlante” si propone di creare una mappa di riferimento per tutti i tipi di cellule umane.

Lo scorso 13 e 14 ottobre, un team internazionale di scienziati si è riunito a Londra per discutere sulla possibilità di costruire questa mappatura cellulare. L’obiettivo finale è quello di ottenere un catalogo di tipi -per esempio cellule del sistema immunitario, cellule del cervello…- e sottotipi, localizzareli all’interno di tessuti e dell’organismo, ma anche distinguere lo stato di differenziazione o di attivazione in cui si trova la cellula (per esempio, lo stato di attivazione delle cellule del sistema immunitario).

Questo nuovo approccio è reso possibile dallo sviluppo della single cell genomics, una tecnica che consiste nel separare una cellula da un tessuto per studiarne l’RNA messaggero. Proprio attraverso l’analisi del trascrittoma, l’insieme delle molecole di RNA messaggero trascritte, è possibile capire quali geni vengono espressi in una cellula in un particolare momento e quindi quali sono le sue funzioni e sottofunzioni. È l’espressione di un determinato set di geni, infatti, a determinare se quella particolare cellula svolge le funzioni di una cellula epatica, oppure di una cellula nervosa.

Finora le caratteristiche dei tipi cellulari sono state studiate attraverso l’osservazione al microscopio oppure analizzando gruppi di centinaia o migliaia di cellule e definendo delle caratteristiche medie. Secondo i ricercatori dello Human Cell Atlas, la nuova strategia aiuterà a capire meglio molti aspetti della biologia umana e della medicina, permettendo di migliorare la diagnosi, il monitoraggio e la cura delle malattie. Questo approccio potrebbe infatti essere utilizzato per definire marcatori e tratti distintivi di alcune patologie (una delle principali vie d’indagine moderne) o individuare nuovi target terapeutici. Più in generale, studiare la biologia umana in vivo consente di ovviare ad alcuni problemi legati all’uso di colture cellulari.

La fase pilota del progetto sarà guidata dai tre istituti indicati, che avranno il compito di definire metodi e strategie di analisi. Alcuni esempi di progetti condotti in questa fase iniziale riguardano lo studio di cellule del sistema immunitario, del sistema nervoso, del sistema epiteliale e di cellule tumorali.

Sulla base delle linee guida elaborate, le analisi potranno poi essere ripetute su larga scala per costruire un database completo che includerà tutti i tipi cellulari. L’iniziativa ha ricevuto il sostegno di molti ricercatori e istituti internazionali. Tra i partecipanti c’è anche il Biohub della Chan Zuckerberg Initiative, la società fondata da Mark Zuckerberg e dalla moglie Priscilla Chan con lo scopo di “advance human potential and promote equality in areas such as health, education, scientific research and energy” [migliorare il potenziale umano e promuovere l’uguaglianza in ambiti come la salute, l’educazione, la ricerca scientifica e l’energia]. In linea con i principi che guidano la CZI, il Biohub ha infatti lo scopo di “curare, prevenire o gestire tutte le malattie”. Una volta completato, lo Human Cell Atlas dovrebbe servire proprio a questo scopo.

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Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.