IPAZIA

La straordinaria storia di Grace Murray Hopper, pioniera dell’informatica

Matematica, programmatrice e ammiraglio della Marina degli Stati Uniti. Oggi è considerata una delle figure più importanti nella storia dell’informatica

Grace Murray Hopper alla tastiera dell’UNIVAC I, 1960 circa. Crediti immagine: Wikimedia Commons

IPAZIA – Nel 1969 l’Associazione americana dei professionisti dell’informatica conferì il riconoscimento come uomo dell’anno a Grace Murray Hopper. Al di là del trascurabile fatto di essere una donna, Grace Murray Hopper aveva in effetti tutte le carte per ambire al prestigioso riconoscimento. Nata a New York nel 1906 e morta nel 1992, ha attraversato un secolo di grandi rivolgimenti e tumultuose trasformazioni, contribuendo con le sue idee e il suo lavoro all’incredibile progresso scientifico e tecnologico che ha caratterizzato la nostra società a partire dal secondo dopoguerra.

Sin da bambina Grace mostra una naturale propensione per la matematica e una spiccata curiosità scientifica: all’età di sette anni, incuriosita dal funzionamento delle sveglie, ne smonta sette per studiarne le parti interne. I genitori la incoraggiano a coltivare la sua passione per la matematica. La madre da giovane aveva manifestato lo stesso interesse, ma non essendo lo studio della matematica “adatto a una donna” le era stato concesso di studiare la sola geometria. Il padre non voleva che sua figlia fosse costretta a una vita di rinunce e decise di darle le stesse opportunità che avrebbe dato a un figlio maschio.

All’età di 17 anni, la giovane Grace accede al Vassar College, un prestigioso istituto femminile, dove nel 1928 si laurea in matematica e fisica. Due anni dopo si specializza in matematica alla Yale University e nel 1934, sempre a Yale, ottiene il Ph.D. nella stessa materia. Trascorre il decennio insegnando matematica a Vassar e nel 1941 diventa professore associato.

La seconda guerra mondiale rappresenta il vero punto di svolta nella vita e nella carriera di Grace Hopper. Nel 1943 lascia il Vassar College ed entra come volontaria nel corpo delle WAVES – acronimo di Women Accepted for Volunteer Emergency Service – divisione della marina militare degli Stati Uniti aperta alle sole donne. Grace Hopper ha 37 anni e pesa appena 47 chili, è troppo vecchia e troppo minuta per servire nelle WAVES, ma riesce a ottenere una deroga. Si classifica prima al corso di addestramento e nel 1944 viene assegnata, col grado di tenente, al Bureau of Ships Computation Project della Harvard University, dove lavora come programmatrice allo sviluppo dell’Harvard Mark I, il primo calcolatore digitale automatico della storia.

Composto da oltre 750.000 parti meccaniche e centinaia di chilometri di cavi, alto due metri e mezzo e lungo sedici metri, l’Harvard Mark I rappresenta, in un certo senso, la realizzazione della “macchina analitica” immaginata da Charles Babbage un secolo prima. Il calcolatore funziona tramite l’inserimento di schede perforate contenenti istruzioni scritte in linguaggio macchina elaborate in sequenza, scheda dopo scheda. È in grado di eseguire le operazioni matematiche più semplici in pochi secondi, mentre per le funzioni più complesse sono necessari alcuni minuti. La marina militare statunitense utilizza il Mark I per calibrare la traiettoria dei missili e per altri calcoli connessi a operazioni di guerra. Viene usato anche da John von Neumann, il grande matematico del progetto Manhattan, per determinare il modo migliore per far esplodere la bomba atomica.

Finita la guerra, Grace Hopper rifiuta la cattedra da professore ordinario che gli viene offerta dal Vassar College, preferisce continuare a lavorare come ricercatrice per la Marina. Nel 1947, mentre vengono eseguiti dei test su un nuovo calcolatore, il Mark II, una falena resta intrappolata in un relè, impedendone il funzionamento. Il primo bug informatico della storia è quindi un vero insetto e l’operazione di “debugging” consiste nella sua rimozione fisica dal computer. La falena viene poi inserita, a imperitura memoria, nel quaderno di lavoro del team di Grace Hopper, attualmente conservato presso il National Museum of American History, a Washington.

Un altro grande passo in avanti è compiuto nel 1952, quando Grace Hopper realizza il sistema A-0, il primo compilatore della storia, un programma in grado di tradurre le istruzioni scritte nel linguaggio di programmazione -il codice sorgente- in un altro linguaggio, chiamato codice macchina. In principio il codice sorgente è composto dai soli simboli matematici, ma di lì a poco Grace Hopper dimostra che è possibile far riconoscere al computer istruzioni immesse in un linguaggio simile a quello naturale. Nasce così il FLOW-MATIC, un compilatore contenente parole chiave in lingua inglese, molto più semplice da usare, sviluppato per l’UNIVAC I, il primo computer commerciale venduto negli Stati Uniti.

Il FLOW-MATIC è alla base del COBOL, acronimo di COmmon Business-Oriented Language. Altra creatura di Grace Hopper, enorme passo in avanti per l’informatica, si tratta di un linguaggio di programmazione sviluppato nel 1959 e pensato per l’elaborazione di dati di natura commerciale, tuttora utilizzato -a quasi sessant’anni dalla sua invenzione– in ambito finanziario, aziendale e bancario. I software scritti in COBOL sono alla base del funzionamento dei bancomat.

Definita “regina dell’informatica” e “grande signora del software”, negli Stati Uniti Grace Murray Hopper è stata molto conosciuta e amata anche in vita. Oltre che per le sue qualità di scienziata, era famosa per l’irriverenza e la capacità di ragionare fuori dagli schemi. Era anche una straordinaria divulgatrice. Durante le conferenze e gli incontri pubblici a cui partecipava, era solita portare con sé dei cavi lunghi circa 30 centimetri, che utilizzava per dimostrare visivamente cos’è un nanosecondo: la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un nanosecondo è infatti di 29,9 centimetri. In questo modo era chiaro a tutti per quale motivo le comunicazioni satellitari fossero così lente e perché i computer dovessero essere piccoli per essere veloci.

Nel 2015 è uscito The Queen of Code, un documentario che racconta la storia di questa donna straordinaria. Un altro documentario, Born with Curiosity, è attualmente in lavorazione.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.