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Siamo così intelligenti da capire l’intelligenza degli animali?

Il nuovo libro di Frans de Waal è un viaggio alla scoperta di etologia e cognizione, adatto a un pubblico già esperto ma anche a chi si fa affascinare dal comportamento animale per la prima volta

“In biologia, nelle neuroscienze e nelle scienze mediche, la continuità è un presupposto dato per scontato. E non potrebbe essere altrimenti; perché mai infatti qualcuno dovrebbe studiare la paura nell’amigdala del ratto per curare le fobie umane, se non ci si riferisse alla premessa che tutti i cervelli dei mammiferi sono simili?”

siamo-cosi-intelligenti-da-capire-lintelligenza-degli-animali-2448LIBRI – Il nuovo libro del primatologo ed etologo Frans de Waal, “Siamo così intelligenti da capire l’intelligenza degli animali?” (Raffaello Cortina Editore, 398 pagine, €29) è un volume che non può mancare nella libreria di chi è appassionato di intelligenza e cognizione animale, di etologia e di psicologia comparata. O come scrive de Waal, di intelligenzE e cognizionI, perché ogni specie reagisce con flessibilità all’ambiente e sviluppa soluzioni ai problemi che questo le pone, in modi anche diametralmente diversi. In fondo perché dotarsi di abilità che non ti serviranno a nulla? “Spesso gli animali sanno solo quello che hanno bisogno di sapere”. Ma per arrivare a poter parlare di animali in questo modo, attribuendo loro capacità cognitive avanzate, empatia, intenzioni, complesse strutture sociali e politiche, la strada è stata molto lunga. E costellata di fallimenti, scetticismo e fraintendimenti.

Non serve andare troppo indietro nel tempo, perché solo nel secolo scorso gli scienziati stessi erano ancora molto cauti di fronte a tutte le scoperte che portavano le specie più disparate, dai corvi agli scimpanzé, di gradino in gradino più vicine a noi. Trovare test adatti alla fisiologia, all’etologia e al temperamento delle diverse specie non è stato (né è oggi) un compito semplice, ma quelle scoperte ci hanno resi via via meno unici. Dimostrando che non siamo i soli a trasmettere conoscenze, a distinguere tra diversi volti, a “viaggiare con la mente” verso avvenimenti passati o a pianificare il futuro. Mentre etologia e studi comparati prendevano forma ci siamo scrollati di dosso anche prerogative meno onorevoli, come il tessere complicate e scorrette trame politiche, o vendicarci sulla famiglia di chi ci ha fatto torto, attività che nel tumulto sociale degli scimpanzé sono all’ordine del giorno.

De Waal ha vissuto gran parte di questa transizione in prima persona, visitando i centri di ricerca di tutto il mondo e assistendo al lavoro straordinario di altri pionieri come lui. Ad esempio la psicologa americana Irene Pepperberg, che studiando gli psittaciformi, in particolare il suo cenerino africano Alex (da Avian Learning Experiment), nel 1977 gettò le basi per tutti gli studi futuri sull’intelligenza degli uccelli. “Per Irene”, scrive de Waal “fu una dura lotta convincere il mondo delle abilità di Alex, a maggior ragione perché lo scetticismo nei confronti degli uccelli era stato sempre più radicale di quello verso i nostri parenti prossimi, i primati”. Alex aveva imparato a etichettare correttamente gli oggetti, padroneggiato il concetto di uguale e diverso, sapeva confrontare forme, colori e materiali sfruttando il linguaggio. Era anche capace di fare le somme e ci riusciva persino senza avere di fronte gli oggetti da contare, dimostrando di poterlo fare a mente.

Le centinaia di ore spese da de Waal nell’osservazione dei suoi beniamini, scimpanzé e bonobo, lo portano a esprimere anche pareri piuttosto tranchant (i primati occupano gran parte dell’ultima porzione del libro). In particolare in merito agli studi scientifici che mettono a confronto le abilità di bambini umani e primati, per scoprire quanto e da quale età padroneggino concetti come la permanenza dell’oggetto, ovvero il fatto che un oggetto continua a esistere anche quando scompare dalla scena, infilato in un cassetto o nascosto da un altro. Per i bambini avviene a partire dagli 8-12 mesi d’età. “Non occorre dire che considero la maggior parte dei confronti fra scimmie e bambini grossolanamente sbagliato”, scrive l’etologo, abbracciando così una distinta porzione di studi di psicologia comparata. I problemi di queste indagini secondo lui sono molteplici, ma soprattutto legati all’approccio (e alla specie di appartenenza) dei ricercatori.

Ovviamente non possiamo far indossare un camice bianco e un paio di occhiali a degli scimpanzé, affinché i soggetti di studio vengano testati da qualcuno della loro specie, ma allo stesso  tempo sappiamo che gli scimpanzé prestano molta più attenzione ai loro conspecifici che agli umani. Allo stesso tempo i ricercatori interagiscono con questi animali in modo rigorosamente controllato, seguendo protocolli e deprivandoli a volte di interazioni sociali, mentre per far collaborare i bambini li premiano, li incoraggiano e comunicano con loro in modo diretto, instaurando un rapporto, inviando indizi. Un aspetto che -scrive de Waal- non può che entrare nel merito dei risultati, visto che una delle due specie parte già in netto svantaggio.

“Solo sottoponendo a test scimmie con scimmie, lupi con lupi e bambini con adulti umani noi possiamo valutare la cognizione sociale nel suo contesto evoluzionistico originario. L’unica eccezione potrebbe essere il cane, che abbiamo addomesticato (o che si è addomesticato da solo, come credono alcuni) per legarlo a noi. Sarebbe logico che l’uomo sottoponesse il cane a test cognitivi”.

Allo stesso tempo, de Waal non manca di ricordare che una profonda conoscenza della biologia e dell’etologia di una specie, frutto di centinaia di ore di osservazione in natura, è un elemento imprescindibile nel momento in cui si voglia studiarla. Questo permette poi di lavorare seriamente con quella specie anche in un ambiente controllato, mettendo gli animali a loro agio, sottoponendogli problemi tarati sulle loro abilità già note e per loro interessanti, evitando anche di far loro affrontare dei test quando sono stressati (es: uno scimpanzé appena uscito da una lite). Bisogna creare delle condizioni tali che per ogni esemplare l’esperimento sia un’attività piacevole, non un lavoro. Se non si seguono procedure di questo tipo gli scimpanzé, ad esempio, possono comportarsi come se non capissero il problema, quando in realtà sono distratti, preoccupati o ansiosi per altri motivi. Molti risultati negativi in letteratura, scrive de Waal, si possono spiegare in questo modo. Quando l’esperimento fallisce, o porta a risultati diversi da quelli attesi, la prima domanda che un ricercatore dovrebbe porsi è “in cosa era sbagliato il test?”.

Di pagina in pagina de Waal racconta come negli ultimi decenni siamo riusciti ad allontanarci da un approccio antropocentrico e scettico, attraverso una selezione di studi scientifici, incontri straordinari ed esperienze e aneddoti personali. Ad esempio il racconto degli scimpanzé di uno zoo in cui ha lavorato, che all’arrivo del direttore, un uomo severo e rigoroso che metteva tutto il personale in agitazione, mostravano di riconoscergli una sorta di status da “maschio alfa”, salutandolo con grugniti rispettosi anche quando era lontano dal loro recinto. Un atteggiamento, dice de Waal, che non avevano con nessun’altra persona. Ma oltre al rigore della scienza e a una storia complessa e coinvolgente, gli aneddoti di una vita di lavoro sugli scimpanzé non mancano di comunicare anche grandi emozioni e di farci capire, tra stupore e incredulità, come dai singoli gesti di un animale possano scaturire intuizioni sulle sue capacità cognitive e fiorire gli spunti per studi controllati. Come un incontro con la scimpanzé Lolita.

“Un giorno Lolita, che già era madre, ebbe un nuovo piccolo, e io decisi di andare a dargli una bella occhiata. […]. Lei, guardandomi, prese la mano destra del piccolo nella sua destra e la mano sinistra del suo piccolo nella sua sinistra. Sembra semplice, ma siccome il piccolo era aggrappato a lei ventralmente, lei dovette incrociare le braccia. Il movimento assomigliò a quello di quando ci togliamo una t-shirt prendendola per gli orli. Poi lei sollevò lentamente il piccolo in aria rivolgendolo verso di me. Sospeso tra le mani della madre il piccolo si trovò rivolto faccia a faccia a me anziché alla sua genitrice. […] Con questo movimento elegante Lolita dimostrò che si rendeva conto che io avrei trovato la parte frontale del suo neonato più interessante di quella dorsale. Prendere il punto di vista di qualcun altro rappresenta un immenso balzo in avanti nell’evoluzione sociale”.

Quindi: siamo così intelligenti da capire l’intelligenza degli animali? La risposta potrebbe essere che ci stiamo lavorando. E il libro di de Waal è un’ottimo punto di partenza per chi vuole capire -senza mai annoiarsi, ma in funzione di solidi dati scientifici e la preziosa esperienza di decenni di lavoro- come si è evoluto lo studio dell’intelligenza animale. Per chi conosce già l’ambito di studio una discreta porzione del libro non sarà una novità, ma non per questo lo rende meno interessante: guardare a uno studio noto dal punto di vista di un “insider”, che lo scetticismo sulla mente animale l’ha vissuto in prima persona per decenni, può mettere in moto ragionamenti inaspettati e spingerci a riflettere ancora di più sulle abilità delle altre specie. Fornendo utili elementi di riflessione per farsi un’opinione più informata sugli argomenti più disparati, dall’etica degli esperimenti sugli animali fino al valore degli zoo. Terminata la lettura, una cosa è certa: ci si rende conto che ancora oggi sottovalutiamo le altre specie in maniera imperdonabile.

@Eleonoraseeing

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".