SALUTE

Energy drinks ed epatite acuta. Quale rischio?

Un uomo americano ha riportato una grave forma di epatite acuta dopo un consumo prolungato e intenso di bevande energetiche. È un evento sporadico ma i consumi sono in crescita e con essi il rischio

“Gli energy drinks non causano l’epatite virale” precisa a gran voce Donnica Smalls, portavoce presso l’CDC Americana. Ma le abitudini alimentari legate al consumo di queste bevande non sono da sottovalutare. Crediti immagine: Ibrahim Asads Photography, Flickr

SALUTE – La notizia dell’uomo che negli Stati Uniti ha riportato una grave forma di epatite dopo aver consumato una media di 4-5 comuni bevande energetiche al giorno per circa tre settimane, ha fatto in poco tempo il giro del mondo e ci costringe a soffermarci ancora una volta sulle conseguenze, specie su quelle che ancora non sono note, del consumo di queste bevande per la nostra salute.

Non si tratta infatti della solita notizia non meglio precisata atta a fare sensazionalismo, ma di un caso di studio descritto da un team dell’Università della Florida e apparso nientemeno che su British Medical Journal Case Reports, una delle più prestigiose riviste scientifiche del settore. L’uomo, 50 anni e in buona salute, non fumatore, non consumatore di alcol, presentava malessere, anoressia, dolori addominali, nausea, vomito, ittero e urine scure. Non consumava farmaci o droghe, ma “solo” una media di 4-5 bevande energetiche al giorno nelle 3 settimane precedenti il ricovero. Inizialmente i ricercatori pensavano si trattasse di una conseguenza dell’epatite C, che il paziente presentava, ma studi più approfonditi hanno escluso che il virus fosse il responsabile dell’episodio acuto. Solo una biopsia al fegato ha rivelato la situazione: una forma di epatite acuta, dovuta all’eccesso di niacina, o vitamina B3, il cui consumo giornaliero da parte del paziente era di circa 200 milligrammi, dieci volte la dose raccomandata. Il fabbisogno giornaliero di vitamina B3 varia a seconda del sesso: 14 mg/g per le donne adulte e 18 mg/g per gli uomini adulti.

Se sembra una soglia alta, basti considerare che una sola lattina in media ne contiene 40 milligrammi, cioè il doppio della quantità limite. Già nel 2011, una giovane donna di 22 anni aveva manifestato una forma acuta di epatite dopo aver bevuto 10 lattine di energy drinks, per un totale di 300 milligrammi di niacina ogni giorno per due settimane, come riportato dal Staten Island University Hospital report.

Si tratta di casi molto rari, certo, e fortunatamente la situazione si è risolta positivamente per il paziente: i sintomi sono scomparsi dopo tre giorni dall’interruzione dell’assunzione di queste bevande, e l’uomo è stato dimesso dopo neanche una settimana di ricovero.”Gli energy drinks non causano l’epatite virale” precisa a gran voce Donnica Smalls, portavoce nell’ambito epatite presso l’CDC Americana. Tuttavia, le abitudini alimentari legate al consumo di queste bevande non sono certo da sottovalutare.

Alcuni dati interessanti li ha pubblicati EFSA (European Food Safety Authority) nel 2013, in una relazione sul consumo di bevande energetiche a livello europeo per gruppi di età, in particolare in relazione al consumo di caffeina, taurina e D-glucurono-y-lattone. Anche se la relazione evidenzia una pericolosa carenza di dati in merito al consumo di bevande energetiche in Europa, quello che è emerso è che circa un adulto su 3 fra gli intervistati sono consumatori di bevande energetiche, il 12 % dei quali ne fa un uso “elevato e cronico” ( 4-5 giorni alla settimana o più), mentre un altro 11% circa ne beveva almeno 1 litro in una sola volta. La metà degli adulti intervistati ne fa uso in combinazione con l’alcol.

Ma il dato più inquietante arriva dalla popolazione più giovane. Circa 7 adolescenti su 10 si dicono consumatori di bevande energetiche. In circa il 12% di questi, il consumo era “elevato e cronico” con una media di 7 litri in un mese, e nel 12% il consumo era “elevato e acuto”. Non sono esenti nemmeno i bambini fra i 3 e i 10 anni: circa il 18% – riporta EFSA – consuma bevande “energetiche”. Non dimentichiamo che il marketing spesso associato agli energy drinks fa leva sul miglioramento delle performance, della concentrazione e della velocità nell’apprendimento. Le bevande energetiche inoltre contengono importanti dosi di caffeina e zuccheri. La caffeina in particolare è l’ingrediente principale, fino a 500 milligrammi per bevanda (più o meno come 5 tazze di caffè).

Ma soprattutto, il consumo di bevande energetiche aumenta anche importanti problemi di sicurezza. Alcuni dati in merito li riporta il NIH (National Insitute of Health), un’agenzia del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti. Tra il 2007 e il 2011 il numero complessivo di arrivi al pronto soccorso legate all’abuso di bevande energetiche è raddoppiato, con un incremento del 279% fra gli over 40. Una tendenza crescente tra i giovani adulti e gli adolescenti è invece il mescolare queste bevande con l’alcol. Circa il 25 per cento degli studenti universitari consumano alcol unito a energy drinks. Sempre nel 2011, il 42 per cento di tutte le visite di pronto soccorso correlate con il consumo di bevande energetiche evidenziavano anche la combinazione con alcol o droghe, dove per “droghe” si intendono anche i farmaci.

Non si tratta però solo di un problema di comportamenti individuali, ma di un eccellente esempio di quello che Michael Marmot nel suo ultimo libro “La Salute Disuguale” definisce un approccio a 360 gradi ai problemi di salute. Qui infatti in gioco ci sono gli interessi dei poteri forti, fra i produttori di bevande e chi ruota loro intorno. Qui la questione è anzitutto economica e politica. Il mercato americano degli energy drinks è letteralmente esploso, dal 2008 al 2012, con una crescita del 60%, e un business stimato per il 2017 di 21 miliardi di dollari. I numeri li riporta un rapporto americano dal titolo eloquente Buzz Kills, commissionato da alcuni senatori democratici, che riporta le risposte delle 16 maggiori aziende che producono energy drinks per valutare in che misura esse si impegnano a mettere in pratica misure per proteggere i giovani consumatori e prevenire l’uso improprio di queste bevande. Con risultati agghiaccianti, sia dal punto di vista della protezione dei più giovani dall’abuso di queste bevande, dal momento che in molti casi il rapporto ha rilevato la presenza di campagne di marketing mirate alla popolazione più giovane, spesso mimetizzando questi drink fra le bevande sportive.

@CristinaDaRold

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.