CRONACA

Dubbi sul sistema di editing genetico NgAgo: non è riproducibile

Molti scienziati hanno cercato di replicare i risultati della nuova tecnica proposta lo scorso maggio da un gruppo di ricerca cinese, ma senza successo. Ci troviamo di fronte a un nuovo caso di frode?

8224229029_60a4540ae8_b
Molti ricercatori stanno cercando di replicare la tecnica di editing genetico basato sulla proteina NgAgo, senza successo. Crediti immagine: Wheaton, Flickr

CRONACA – Non ha fine la controversia sulla tecnica di editing genetico presentata come l’alternativa alla più famosa CRISPR-Cas9. A maggio 2016 è stato pubblicato su Nature Biotechnology uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Habei University of Science and Technology di Shijiazhuang, in Cina.

Nell’articolo gli autori affermavano di avere identificato un nuovo e più efficiente metodo di editing genetico basato sulle proprietà della proteina NgAgo, appartenente alla famiglia delle proteine Argonauta (Ago). I ricercatori, guidati dal biologo Han Chunyu, dichiaravano di avere modificato con successo otto diversi geni di cellule umane. Poco dopo la pubblicazione, però, sono affiorati alcuni dubbi, espressi per la prima volta dal biochimico Fang Shimin – noto indagatore di frodi scientifiche – sulle pagine del suo sito New Threads sul quale affermava di avere avuto notizia di vari fallimenti nel riprodurre il metodo proposto dal gruppo di scienziati cinesi.

Già il 29 luglio, secondo quanto riportato su Nature dal giornalista David Cyranoski, il genetista Lluis Montoliu del Centro Nacional de Biotecnología di Madrid avrebbe inviato una mail ai colleghi della International Society for Transgenic Technologies per esortarli ad “abbandonare ogni progetto che implicasse l’uso dell’NgAgo”. Pochi giorni dopo, il 4 agosto, Pooran Dewari, biologo dell’MRC Centre of Regenerative Medicine di Edimburgo ha lanciato un sondaggio online per capire quanti, in quel momento, avessero avuto difficoltà nel riprodurre lo studio di Han Chunyu e colleghi. Tra gli scienziati che hanno risposto, solo 9 ricercatori avevano avuto successo nell’utilizzare la tecnica NgAgo mentre ben 97 avevano fallito. L’8 agosto è stato lo stesso Chunyu a mettere a disposizione un documento aggiuntivo contenente ulteriori istruzioni per riprodurre correttamente la sua tecnica e l’invito a prestare attenzione a eventuali contaminazioni dei campioni da parte di micoplasmi. Nonostante i suggerimenti, i fallimenti si sono ripetuti e la rivista Nature Biotechnology ha avviato un’indagine.

A metà novembre – continua la ricostruzione di Cyranoski su Nature – sulla rivista Protein & Cell sono stati pubblicati i resoconti di ulteriori verifiche fallite, condotte da scienziati americani e cinesi. “Alcuni di noi hanno addirittura mandato alcuni ricercatori in visita ai laboratori di Han Chunyu ma non è stato permesso loro di eseguire alcun esperimento di editing genetico su cellule di mammiferi e, di conseguenza, nessuno di loro è tornato con le informazioni per confermare i dati del ricercatore cinese”, ha dichiarato a The Scientist Shawn Burgess del National Human Genome Research Institute. Al momento Han prende tempo e invita ad aspettare la pubblicazione di nuovi protocolli per rendere il suo studio riproducibile.

A questa controversia si aggiungono le critiche e le domande dopo l’annuncio dello stanziamento di 224 milioni di Yuan (più di 30 milioni di euro) per la costruzione di un centro per l’editing genetico proprio alla Hebei University of Science and Technology. “Senza l’articolo pubblicato su Nature Biotechnology e l’hype che si è generato, è impossibile che l’università ottenga un finanziamento così gigantesco da costruire un centro per l’editing genetico” ha commentato Fang Shimin su Nature.

Al momento le indagini continuano ma i dubbi sulla buonafede di Han Chunyu si fanno sempre più pesanti. Dai primi giorni di agosto il ricercatore cinese lamenta di ricevere decine e decine di telefonate o email denigratorie.

“La vicenda a mio giudizio è assai controversa”, ha commentato a OggiScienza Antonio Russo, professore ordinario di oncologia medica presso il Dipartimento di discipline chirurgiche, oncologiche e stomatologiche dell’Università di Palermo e consigliere direttivo nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica). “Da un lato la scoperta di Han Chunyu potrebbe costituire una nuova frontiera nel trattamento di malattie genetiche finora ritenute incurabili e letali (distrofie muscolari, per esempio) oltre che oncologiche, dall’altro è quanto meno curioso il fatto che numerosi ricercatori e studiosi d’oltreoceano non siano riusciti a riprodurre fedelmente i risultati dell’esperimento cinese. E soprattutto che lo stesso ricercatore abbia in qualche modo rifiutato la possibilità che colleghi di tutto il mondo potessero accedere alla sua struttura per poter riprodurre i risultati dell’esperimento nelle medesime condizioni utilizzate dai cinesi”. Questo atteggiamento, secondo Russo, si pone in contrasto con una politica di condivisione dei risultati e delle tecnologie che dovrebbe operare tra gruppi di ricerca interessati a raggiungere un unico obiettivo. E poco aggiungono i commenti di Han Chunyu di possibili contaminazioni batteriche o alterazioni dei livelli di magnesio come possibili spiegazioni dei ripetuti fallimenti. Continua l’oncologo italiano: “Questa situazione però non giustifica in alcun modo atteggiamenti denigratori da parte di colleghi statunitensi e non solo nei confronti del gruppo cinese che ha compiuto queste ricerche. Attenderei più che altro che vengano riportati anche i risultati degli altri esperimenti che ci sono in corso e magari anche quelli di un analogo esperimento condotto dagli stessi ricercatori, come richiesto dai principali gruppi di ricerca internazionali”.

Ma quali sono le caratteristiche della proteina protagonista dello studio del gruppo di Han Chunyu? Quali qualità avrebbe la tecnica basata su NgAgo e perché si parla di tecnica alternativa alla CRISPR-Cas9?

“La novità introdotta da Han Chunyu”, spiega Russo, “risiederebbe nella maggiore selettività di azione della proteina NgAgo (appartenente alla famiglia delle proteine Argonauta) di tagliare via esclusivamente il gene target, a differenza della metodica CRISPR-Cas9 che a volte agisce su altri geni.” Un altro vantaggio della tecnica NgAgo sottolineato da Han Chunyu, continua il medico, sarebbe il fatto che questa tecnica non necessiterebbe di una sequenza guida, il che ne potrebbe ampliare le potenzialità di applicazione in breve tempo.

Ancora difficile fare previsioni accurate sull’esito dell’intera vicenda e sul futuro di Han Chunyu nella ricerca. Secondo Russo, se venisse in qualche modo dimostrata la malafede del ricercatore, la questione sarebbe grave soprattutto per quanto riguarda l’etica professionale. Alimentare false speranze sul successo di una ricerca comporta infatti uno sperpero di energie e di risorse economiche. In questo caso la comunità scientifica non potrebbe fare altro che adottare le misure disciplinari necessarie per isolare il ricercatore. Il risultato non confermato potrebbe però essere il risultato di errori compiuti nella ricerca: in questo caso la responsabilità non dovrebbe ricadere su Han Chunyu o sui suoi collaboratori. Essere esposti a possibili errori tecnici è un rischio intrinseco della ricerca, e questo non dovrebbe compromettere la validità di un ricercatore.

@gianlucaliva

Leggi anche: La cellule che ‘ricordano’ in analogico (grazie a CRISPR)

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Gianluca Liva
Giornalista scientifico freelance.