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Batteri spazzini e virus che curano: come le biotecnologie riscrivono la vita

Sono già qui, ma ancora poco comprese. Nel suo nuovo libro il virologo Giovanni Maga parla sia agli ottimisti che ai pessimisti, alla ricerca di un equilibrio tra facile entusiasmo e rifiuto a priori

9788808920836_0_500_0_75LIBRI – È il 1983 e i ricercatori dell’Università di Ghent, in Belgio, hanno appena realizzato la prima pianta transgenica della storia. È una piccola piantina di tabacco, dotata di un gene per la resistenza a un antibiotico. Chi è stato a “fare la magia”? Oltre agli scienziati, il batterio Agrobacterium tumefaciens.

Innocuo per gli animali, A. tumefaciens può infettare un gran numero di specie vegetali (ma non tutte) provocando il loro la comparsa di tumori. Questo suo potenziale è legato a un plasmide, una molecola di DNA a doppia elica presente nelle cellule di gran parte dei batteri. È il  plasmide Ti: quando il batterio aderisce alla cellula di una pianta, una porzione del DNA di Ti (T-DNA) viene trasferita nella cellula e integrata. Le cellule infettate proliferano ed ecco che si sviluppano i tumori. I biotecnologi scoprirono che al posto del T-DNA era possibile inserire qualsiasi altro pezzo di DNA, anche uno estraneo sia al batterio che alla pianta, e che questo DNA sarebbe stato trasferito allo stesso modo, per essere integrato nella cellula ricevente.

L’utilizzo di batteri da parte degli scienziati in ambito biotecnologico è uno dei punti di partenza del nuovo libro del virologo Giovanni Maga, Batteri spazzini e virus che curano: come le biotecnologie riscrivono la vita (Zanichelli Chiavi di lettura, 206 pagine, 13,50€), che li definisce “gli animali da soma delle moderne biotecnologie”. Sembra distante dalla realtà di tutti i giorni? Non per i 415 milioni di diabetici del mondo, la cui insulina viene regolarmente prodotta sfruttando microbi e lieviti. Nè per la maggior parte delle coltivazioni di papaya delle Hawaii, rese resistenti a un virus che ha rischiato di spazzarle via.

Nonostante questo, oggi la parola OGM scatena ancora reazioni contrastanti, portandosi dietro un grosso bagaglio di diffidenza soprattutto quando il “modificato” viene contrapposto al “naturale” (che diventa sempre sinonimo di migliore). Eppure oggi, sul pianeta, oltre 150 milioni di ettari sono coltivati con piante geneticamente modificate: dunque quando parliamo di organismi OGM non siamo di fronte a creature mitologiche, bensì a qualsiasi animale, pianta o batterio il cui genoma sia stato alterato sfruttando tecniche di ingegneria genetica. I primi a farlo, in assoluto? Herber Boyer e Stanley N. Cohen, che dieci anni prima della piantina OGM belga inserivano un gene di rana nel genoma di Escherichia coli, per vedere cosa succedeva.

Nel secolo scorso le biotecnologie hanno cambiato il mondo come lo conosciamo e non solo con piante e proteine per uso medico. Crediti immagine: DNA Lab, Flickr

Nel 1996 Ian Wilmuth e i colleghi al Roslin Institute di Edinburgo clonavano una pecora a partire dall’informazione genetica di una cellula somatica, riuscendo in qualcosa che era considerato impossibile. Dolly non solo visse una vita dignitosa, ma non mostrò mai segni di invecchiamento precoce -salvo una lieve artrite- e diede alla luce sei agnellini. Ma le farmafattorie (come le chiama Maga) non si sono fermate lì.

Prendiamo i latti “speciali” che oggi troviamo in qualsiasi supermercato. Si ottengono trattando il normale latte intero con degli enzimi che degradano il lattosio, facendo in modo che anche chi è intollerante (in Europa all’incirca il 30% della popolazione) possa berlo. In Asia, dove la percentuale di intolleranti sale al 90%, gli scienziati hanno escogitato un sistema diverso. Inserendo il gene per la lattasi in embrioni vaccini, hanno ottenuto una mucca che esprime il gene direttamente nelle ghiandole e, potenzialmente, può produrre il latte a ridotto contenuto di lattosio. La mucca OGM è fertile e in salute, ma il suo latte “a prova di intolleranza” non è ancora sul mercato. Perché?

[…] In base alle norme internazionali ogni alimento destinato all’uso umano che provenga da un OGM deve essere trattato come un farmaco, ovvero essere sottoposto a una serie di prove di tollerabilità e sicurezza prima negli animali e poi nell’uomo. Si tratta di un percorso di sperimentazione che richiede da tre a cinque anni e investimenti stimati nell’ordine dei 100 milioni di euro. Inoltre, singoli Paesi, tra cui molti dell’Unione Europea, hanno regole ancora più severe e, ingenerale, un’attitudine assai negativa nei confronti di alimenti provenienti da OGM […]

Un’attitudine che riflette l’opinione dei consumatori e che -senza entrare nel merito delle posizioni pro o contro gli OGM- lascia molti scienziati perplessi. È per lo meno curioso, continua l’autore

che un latte a ridotto contenuto di lattosio o arricchito con acidi grassi omega-3, prodotto da mucche transgeniche, sia considerato un pericolo potenziale per la salute, quando alimenti con esattamente le stesse caratteristiche, ma ottenuti con manipolazioni chimico-fisiche, sono in commercio e, addirittura, magnificati come salutari.

Il cuore della questione sta tutto qua. Le biotecnologie sono già ovunque nella nostra vita di tutti i giorni, ma allo stesso tempo ancora poco comprese. Da una parte gli ottimisti vi vedono la possibilità di migliorare la nostra esistenza e di sfamare quelli che presto potrebbero diventare 10 miliardi di persone sul pianeta. Dall’altra i pessimisti vedono nel geneticamente modificato una minaccia, un contro-natura. Ma è a entrambi che consigliamo la lettura di questo libro. Che inquadra con rigore e in modo accessibile tutte le possibilità che le biotecnologie hanno spalancato per noi, ma anche se (e come) è davvero già possibile coglierle.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Libri, Il gene riluttante. Diamo troppe responsabilità al DNA?

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".