IPAZIA

Mary Leakey e le scoperte sull’origine dell’uomo

A lei si devono numerose altre scoperte fondamentali per ricostruire il complicato puzzle dell’evoluzione umana

Crediti immagine: Smithsonian Institution

IPAZIA – Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, i paleoantropologi credevano che la specie Homo sapiens si fosse evoluta in Europa o in Asia a partire da 60.000 anni fa. Oggi sappiamo che la nostra storia è molto più antica e affonda le sue radici in Africa, dove i nostri progenitori vissero per milioni di anni e in cui sono stati rinvenuti i resti fossili – risalenti a circa 2,5 milioni di anni fa – di Homo habilis, la prima specie di ominide appartenente al genere Homo. La scoperta avvenne nei primi anni Sessanta nella gola di Olduvai, nel nord della Tanzania, a opera dei coniugi Leakey. Mary Leakey è stata, al pari del marito Louis, una delle figure più importanti della paleoantropologia mondiale. A lei si devono numerose altre scoperte, fondamentali per ricostruire il complicato puzzle dell’evoluzione umana. Nel corso della sua vita è riuscita a uscire dal cono d’ombra del marito, famoso scienziato, e a vedere riconosciuti i propri meriti personali. C’è riuscita, soprattutto, senza avere una brillante carriera accademica alle spalle, ma seguendo semplicemente la sua passione.

Mary Douglas Nicol nasce a Londra nel 1913. Suo padre è un pittore di paesaggi e porta con sé la figlia all’estero, dove dipinge gli acquerelli che poi rivende in Inghilterra. Mary trascorre quindi l’infanzia girovagando per l’Europa. La sua formazione è frammentaria e in gran parte informale, tanto che è proprio il padre a insegnarle a leggere e scrivere. Nel 1926, dopo la morte prematura del padre, torna a Londra con la madre. Frequenta una scuola cattolica, ma dopo pochi mesi viene espulsa perché si rifiuta di recitare alcune poesie. Si iscrive in una seconda scuola, ma anche questa esperienza si rivela disastrosa. Mary provoca un’esplosione in un laboratorio di chimica e viene espulsa di nuovo. La madre decide quindi di rivolgersi a un tutore privato, ma prima di trovarne uno in grado di tener testa allo spirito ribelle della figlia è costretta a cambiarne diversi.

Mary, ovviamente, non riesce a farsi ammettere all’università. Ha però un talento per il disegno e una passione per la preistoria e gli scavi archeologici, nata durante uno dei periodi trascorsi con la famiglia in Dordogna, regione ricca di siti risalenti al Paleolitico, come la grotta del Pech-Merle. Inizia quindi a seguire, da non iscritta, i corsi tenuti dal celebre archeologo Mortimer Wheeler alla UCL (University College London). Grazie alle conoscenze acquisite seguendo le lezioni di Wheeler e alla sua abilità nel disegno, a soli diciassette anni ha la possibilità di partecipare come illustratrice a una campagna di scavi in un sito del Neolitico situato nei pressi di Hembury Dig, nel sud dell’Inghilterra. Per due anni illustra l’avanzamento degli scavi realizzando schizzi e disegni dei resti fossili e degli utensili preistorici rinvenuti sotto la guida dell’archeologa Dorothy Liddell. I suoi disegni attirano le attenzioni di un’altra archeologa, Gertrude Caton Thompson, che nel 1933 le chiede di illustrare il suo libro The Desert Fayum. Grazie a questo lavoro Mary conosce il paleoantropologo Louis Leakey, che la contatta per la realizzazione delle illustrazioni del suo ultimo libro, Adam’s Ancestors. Tra i due nasce quasi subito una storia d’amore. Louis lascia la sua prima moglie e nel 1936 sposa Mary.

A partire dalla fine degli anni Trenta, Mary Leakey partecipa col marito a numerose spedizioni in Africa orientale. I coniugi Leakey trascorrono lunghi periodi fra Kenya e Tanzania, presso la gola di Olduvai, sito archeologico nella pianura del Serengeti. Le conoscenze e le competenze che Mary accumula sul campo nel corso degli anni le consentono di poter lavorare in piena autonomia, senza la supervisione del marito. La sua prima scoperta importante risale al 1948, anno in cui nell’isola keniota di Rusinga ritrova alcuni resti fossili di Proconsul africanus, antenato comune di scimmie ed esseri umani vissuto circa 20 milioni di anni fa. A Olduvai, nel 1959, la Leakey rinviene il cranio ben conservato di un Australopithecus boisei, ominide vissuto tra 2,6 e 1,2 milioni di anni fa, in principio battezzato Zinyanthropus boisei o semplicemente “schiaccianoci”, per via delle enormi mascelle. All’inizio degli anni ’60 Mary e Louis Leakey si trasferiscono in pianta stabile in Tanzania, in modo da potersi dedicare in modo costante alle ricerche nella gola di Olduvai. Qui nel 1961 ritrovano alcuni frammenti ossei di Homo habilis, considerato il primo ominide appartenente alla specie Homo per via della grossa scatola cranica e degli strumenti in pietra che era in grado di realizzare e utilizzare.

Nei decenni successivi, l’Africa orientale è teatro di altri eccezionali rinvenimenti paleoantropologici. Molte delle scoperte più importanti portano il nome di Mary Leakey e a partire dal 1972, dopo la morte di Louis, è lei l’unica responsabile di tutte le campagne di scavo. Nella seconda metà degli anni Settanta, la Leakey conduce le sue ricerche a Laetoli, un altro importante sito archeologico situato 45 chilometri a sud della gola di Olduvai. Qui, nel 1978, scopre le impronte fossili di ominidi bipedi vissuti quasi quattro milioni di anni fa, perfettamente conservate in uno strato di cenere vulcanica solidificata. Si tratta di una delle più importanti scoperte paleontologiche del secolo scorso.

Mary Leakey è morta a Nairobi, in Kenya, nel 1996. A compensazione dei mancati studi universitari, nel corso della sua vita ha ottenuto ben quattro lauree ad honorem e collezionato svariati premi per i suoi meriti scientifici. In occasione del centesimo anniversario  della nascita, il 6 febbraio 2013, Google ha dedicato a Mary Leakey un doodle in cui si vede la paleoantropologa, circondata dai suoi amati dalmata, mentre scopre le impronte di Laetoli.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.