SCOPERTE

Trovate “api marine” che impollinano le piante acquatiche

Affidare alle correnti e alle turbolenze marine il processo dell'impollinazione può essere poco efficiente. Una ricerca ha scoperto che alcune piante acquatiche fanno affidamento su animali impollinatori.

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La pianta acquatica Thalassia testudinum è visitata regolarmente da animali impollinatori. Crediti immagine: James St. John, Wikimedia Commons

SCOPERTE – L’impollinazione è il processo chiave nella riproduzione delle spermatofite, cioè le piante che producono semi e costituiscono la quasi totalità del verde che ci circonda. Il trasporto di polline dall’apparato riproduttivo maschile a quello femminile richiede necessariamente un vettore; spesso questo compito è assolto da animali oppure, con minore efficienza, dal vento. In ambiente acquatico, dove api, colibrì e pipistrelli non possono arrivare, si riteneva che la dispersione del polline fosse affidata alle turbolenze marine o alla corrente dei fiumi. Uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications da ricercatori della Università Nazionale Autonoma del Messico ha rivoluzionato questa convinzione, documentando sperimentalmente che nel periodo di fioritura, la pianta acquatica Thalassia testudinum è regolarmente visitata da alcuni organismi che possono essere considerati dei veri e propri impollinatori marini.

Non si devono confondere le piante acquatiche, o idrofite, con le alghe. Le idrofite hanno mosso i primi passi evolutivi sulla terraferma per fare ritorno solo in seguito nell’ambiente acquatico. Nella transizione, hanno modificato profondamente la propria anatomia senza per questo rinunciare all’efficace meccanismo di impollinazione. Tuttavia, in assenza di impollinatori specifici la dispersione è estremamente inefficiente e si riflette nelle grandi quantità di polline prodotto. Un investimento di risorse cospicuo volto a bilanciare le scarse probabilità che i granuli di polline raggiungano per caso i fiori di un’altra pianta. Alcune piante acquatiche come la ninfea superano questo ostacolo spingendo i fiori fuori dall’acqua per permettere agli insetti di raggiungerli. Per tutte le altre idrofite i cui fiori si aprono sotto la superficie, la dispersione affidata alla corrente (impollinazione idrogama) era l’unico meccanismo proposto.

Incuriositi dalla sorprendente diversità genetica, gli autori dello studio hanno esaminato Thalassia testudinum, una pianta acquatica piuttosto comune nel Mar dei Caraibi e nell’Atlantico occidentale. T. testudinum è una specie dioica: i fiori maschili, che producono filamenti mucillaginosi di polline, e quelli femminili sono portati su individui diversi. I ricercatori hanno osservato che durante la notte, nei brevi periodi nei quali i fiori restavano aperti, la pianta era visitata da una grande varietà di organismi, alcuni dei quali avrebbero potuto fungere da impollinatori acquatici.

La semplice visita di un fiore non fa necessariamente di un animale un impollinatore. Per essere tale, deve visitare sia fiori maschili sia femminili, il polline deve aderire al suo corpo e in questo modo essere trasferito da un fiore all’altro, comportandone la fecondazione. Per verificare il succedersi di queste quattro fasi, il gruppo ha utilizzato una serie di telecamere, acquari e mesocosmi, sistemi controllati nei quali è possibile variare a piacimento le condizioni ambientali. In assenza di corrente, gli autori hanno osservato numerose specie di piccoli crostacei e vermi policheti comportarsi come api, spostandosi dai fiori maschili a quelli femminili e quindi da una pianta a un’altra, portando con sé i granuli di polline rimasti impiastricciati sul dorso. La loro presenza all’interno dei mesocosmi si traduceva frequentemente nella fecondazione dei fiori femminili, mentre quando mancavano la fecondazione era rara o nulla. Sebbene è probabile che questo meccanismo sia limitato ai periodi di scarsa turbolenza, l’esperimento è la prova che cambia il paradigma dell’impollinazione acquatica. Le api marine esistono davvero.

@davmichielin

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Davide Michielin
Indisposto e indisponente fin dal concepimento, Davide nasce come naturalista a Padova ma per opportunismo diventa biologo a Trieste. Irrimediabilmente laureato, per un paio d’anni gioca a fare la Scienza tra Italia e Austria, studiando gli effetti dell’inquinamento sulla vita e sull’ambiente. Tra i suoi interessi principali vi sono le catastrofi ambientali, i fiumi e gli insetti, affrontati con animo diverso a seconda del piede con cui scende dal letto.