SCOPERTE

Le comete “kamikaze” per studiare l’evoluzione dei sistemi stellari

Il telescopio spaziale Hubble ha osservato una pioggia di comete che cade all’interno della giovane stella HD 172555 che ha “appena” 23 milioni di anni e si trova a 95 anni luce dalla Terra

Crediti immagine: NASA, ESA, A. Feild and G. Bacon (STScI)

SCOPERTA – Tuffarsi nel cuore incandescente di una giovane stella per poi disgregarsi e disperdersi. Questa la sorte a cui le comete che orbitano intorno alla stella HD 172555 vanno incontro. Proprio come dei “kamikaze”, queste comete orbitano nel giovane sistema stellare per poi culminare la loro vita con un tuffo, liberando gas e detriti dei nuclei ghiacciati che vengono osservati nello spettro della stella.

A scoprire la pioggia di comete precipitate nella stella HD 172555, che si trova a 95 anni luce dalla Terra e ha appena 23 milioni di anni, è stato il telescopio spaziale Hubble mentre i ricercatori del Goddard Space Flight Center della NASA ne hanno dato l’annuncio. Si tratta di una scoperta avvenuta quasi per caso, ma che può aiutare gli astronomi a comprendere come la vita e l’acqua siano arrivate sulla Terra e quindi l’evoluzione del nostro sistema solare nei suoi primi anni di vita.

Osservando lo spettro della stella, che si trova nel gruppo delle Beta Pictoris, con gli strumenti spettrografici Space Telescope Imaging Spectrograph, STIS, e Cosmic Origins Spectrograph, COS, del telescopio spaziale Hubble. Proprio dallo spettro gli astronomi guidati da Carol Grady, della NASA, si sono resi conto che qualcosa non tornava e hanno presentato i risultati della loro scoperta il 6 gennaio scorso al meeting invernale della American Astronomical Society che si è tenuto a Grapevine, in Texas.

Il viaggio nello studio delle comete “kamike” inizia in realtà qualche anno prima, tra il 2004 e il 2011, quando un team di astronomi francesi inizia l’osservazione delle comete che orbitano intorno ad HD 172555 grazie allo strumento HARPS (High Accuracy Radial velocity Planet Searcher) dell’European Southern Observatory. La stella fa parte del gruppo delle Beta Pictoris, un gruppo importante per gli scienziati perché quello con le stelle più giovani, sotto i 40 milioni di anni, e dunque si tratta del sistema più vicino alla Terra in cui è possibile osservare la formazione di pianeti e dove già un pianeta gassoso è stato direttamente osservato.

Puntando l’attenzione sullo spettro della stella in questione, gli astronomi francesi si sono accorti che qualcosa non tornava: nello spettro della stella infatti si trovano elementi insoliti, come il calcio, che indicano che qualcosa è stato inglobato e disciolto, ad esempio una cometa.

È a questo punto che il telescopio spaziale Hubble fa il suo ingresso. L’obiettivo delle osservazioni condotte nel 2015 e analizzate dal team della Grady ha permesso di osservare lo spettro della stella in questione anche nella luce ultravioletta, in modo da identificarne la composizione chimica. Oltre al calcio, questa volta gli scienziati hanno individuato anche altri elementi come il silicio e il carbonio.

In particolare, gli astronomi hanno osservato la presenza di materiale che si muoveva alla velocità di circa 580 chilometri orari sulla superficie della stella formando delle striature. Un fenomeno spiegabile proprio con la disintegrazione delle comete, che all’impatto formano delle striature di materiale sulla superficie. Si tratta di strutture molto larghe e quindi facili da osservare, che rendono però più complicata l’osservazione di piccoli esopianeti, che vengono avvistati indirettamente proprio cercando le bassissime cadute di luce nello spettro stellare.

La scoperta è molto importante, ma come ha sottolineato Grady sarà necessaria una nuova acquisizione di dati per poter spiegare questo fenomeno, soprattutto alla ricerca di idrogeno e ossigeno, componenti dell’acqua di cui le comete sono ricche:

“Hubble mostra che il materiale si comporta come se provenisse da comete, ma prima di determinare con certezza la loro composizione. Abbiamo bisogno di altri dati per stabilire se gli oggetti che abbiamo osservato sono rocciosi, come gli asteroidi, o più simili al ghiaccio”.

Ma perché queste comete cercano la morte nella stella proprio come un “kamikaze”? Per gli astronomi la spiegazione più plausibile è che nel sistema stellare di HD172555 si nasconda un pianeta gioviano, un pianeta cioè dalle dimensioni pari a quelle del nostro Giove, che sia in grado di provocare una “agitazione gravitazionale” e con la sua massa deviare le comete dalla loro orbita e catapultarle nella stella.

L’esistenza di questo fenomeno quindi diventa importante su più livelli: oltre infatti a permettere l’osservazione indiretta di corpi celesti, come altri pianeti, rappresenta uno sguardo sul nostro sistema solare quando era ancora un “adolescente” e potrebbe spigare come l’acqua e gli elementi chimici che sono i mattoni della vita, ad esempio il carbonio, siano arrivati sulla Terra e su altri pianeti più interni. Una pioggia di comete “kamikaze” che inconsapevolmente si sono sacrificate per permettere agli astronomi di comprendere un po’ di più l’evoluzione del nostro sistema solare e forse la comparsa della vita nell’universo.

@oscillazioni

Leggi anche: Acqua sulla Luna? Potrebbe essere merito di asteroidi e comete

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.