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L’altruismo fa bene: aiutare il prossimo allunga la vita

Il supporto fornito dalle persone anziane sembra essere una soluzione win win, sia per i caregivers che per i soggetti che vengono assistiti.

“L’atteggiamento altruistico proprio di genitori e nonni verso figli e nipoti ha lasciato delle tracce nell’evoluzione del corpo umano, influendo ad esempio sul sistema neurale e ormonale.” Crediti immagine: Anne Worner, Flickr

RICERCA – Gli anziani che forniscono supporto ad altre persone allungano la propria vita. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Evolution and Human Behavior, condotto dai ricercatori di diverse università: l’Università di Basilea, la Edith Cowan University, l’Università dell’Australia occidentale, l’Università Humboldt di Berlino e l’Istituto Max Planck per lo sviluppo umano.

Secondo quanto riportato nella ricerca, gli anziani che aiutano e sostengono il prossimo fanno un favore anche a se stessi. Durante lo studio i ricercatori hanno analizzato le caratteristiche di vita di 500 soggetti di età compresa tra i 70 e i 103 anni, utilizzando i dati degli studi sull’invecchiamento della popolazione, condotti a Berlino tra il 1990 e il 2009.

Rispetto agli studi effettuati in precedenza, i ricercatori hanno volutamente escluso dall’analisi i nonni che si occupano dei nipoti con assiduità o che comunque risultano essere un punto di riferimento primario per la cura dei piccoli. Per questo studio, sono stati invece confrontati i nonni che si sono occupati dei nipoti in maniera occasionale e quelli che non se ne sono mai presi cura o non ne hanno mai avuti. La ricerca ha preso in esame anche quella tipologia di adulto che, pur non avendo mai avuto figli o nipoti propri, ha impiegato il proprio tempo per aiutare altre persone.

Il supporto fornito dalle persone anziane sembra essere una soluzione win win, sia per i caregivers che per i soggetti che vengono assistiti. Questa forma di altruismo sembrerebbe condizionare in maniera positiva la durata di vita dei caregivers: gli anziani che si prendevano cura dei propri nipoti, intervistati nel 1990, erano ancora in vita una decina di anni dopo. Questo vale anche per quegli anziani che non avevano avuto nipoti, ma che aiutavano i propri figli in attività quotidiane come la pulizia della casa. Diversi sono i dati relativi agli anziani che non hanno fornito alcun supporto sociale: in media, sono morti cinque anni dopo.

L’impatto positivo del supporto fornito dai caregivers non si limita quindi all’assistenza fornita nel contesto familiare, ma riguarda anche quegli anziani che hanno prestato il proprio supporto a soggetti terzi nel contesto sociale, esterni alla famiglia. I soggetti che hanno fornito questo tipo di aiuto hanno vissuto in media sette anni dalla data del primo censimento (1990), mentre chi non ha svolto alcuna attività di supporto sociale ne ha mediamente vissuti quattro.

“Il supporto sociale non dev’essere intesa come la panacea per una vita più lunga”, spiega Ralph Hertwig, Direttore del Centro di Razionalità adattiva all’Istituto per lo Sviluppo Umano del Max Planck. “Un moderato livello di coinvolgimento e supporto sociale sembra però avere effetti positivi sulla salute- continua Hertwig-. In Svizzera e in Germania i nonni non sono punti di riferimento principali per la cura dei nipoti, come accade invece in altri Paesi, e quest’aspetto non è quindi stato preso in esame. Ricerche precedenti hanno però dimostrato che un coinvolgimento più intenso nella cura dei nipoti causa stress e ha effetti negativi sulla salute mentale e fisica”.

I ricercatori pensano che il comportamento altruistico tragga le sue origini dal contesto familiare. “L’atteggiamento altruistico proprio di genitori e nonni verso figli e nipoti ha lasciato delle tracce nell’evoluzione del corpo umano, influendo ad esempio sul sistema neurale e ormonale. Questo ha poi creato una base per la predisposizione al supporto sociale anche verso chi non fa parte del contesto familiare”, spiega Sonja Hilbrand,  primo autore del paper e dottoranda  presso il Dipartimento di Psicologia presso l’Università di Basilea.

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Sara Moraca
Dopo una prima laurea in comunicazione e una seconda in biologia, ho frequentato il Master in Comunicazione della Scienza della Sissa di Trieste. Da oltre dieci anni mi occupo di scrittura: prima come autore per Treccani e De Agostini, ora come giornalista per testate come Wired, National Geographic, Oggi Scienza, La Stampa.