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Barbara McClintock, il premio Nobel che scoprì i “geni che saltano”

La sua scoperta sui trasposoni è stata ignorata per decenni dalla comunità scientifica, ma lo studio di questi elementi genetici ha avuto una grande importanza in ambito medico.

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Barbara McClintock nel suo laboratorio al Cold Spring Harbor Laboratory, New York. Crediti immagine: Smithsonian Institution Archives, Flickr

IPAZIA – Una volta si pensava che il genoma, ovvero il patrimonio genetico di un organismo presente nel nucleo di tutte le sue cellule, fosse immutabile. Oggi sappiamo che non è così: alcuni elementi genetici, chiamati trasposoni, sono in grado di spostarsi da una regione all’altra del genoma. La scoperta dei trasposoni, conosciuti anche come jumping genes (geni che saltano), ha rivoluzionato la genetica e modificato radicalmente la nostra comprensione del differenziamento cellulare. A compierla è stata, alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso, la biologa Barbara McClintock. I trasposoni sono stati individuati analizzando al microscopio le cellule di piantine di mais, ma lo studio di questi elementi genetici si è poi rivelato fondamentale in ambito medico: i jumping genes sono infatti responsabili della trasmissione della resistenza batterica agli antibiotici e della trasformazione delle cellule normali in cellule tumorali.

Premio Nobel per la medicina nel 1983 – prima donna a non dividere questo riconoscimento con un uomo – la McClintock è stata una scienziata appassionata, caparbia, anticonvenzionale. Per tutta la vita ha perseguito le sue idee con tenacia e convinzione. Come tutti i precorritori non ha avuto vita facile e i suoi meriti sono stati riconosciuti tardivamente. Il premio Nobel è arrivato oltre tre decenni dopo la sua scoperta, accolta dalla comunità scientifica con scetticismo e diffidenza.

Barbara McClintock nasce nel 1902 a Hartford, in Connecticut. I genitori la chiamano Eleanor, ma dopo pochi mesi decidono che si tratta di un nome troppo femminile, così iniziano a chiamarla Barbara; alcuni anni dopo il nome viene cambiato legalmente. Barbara cresce come una bambina fuori dagli schemi: ama la solitudine e le attività considerate “da maschi”, come il baseball, la scienza e la corsa su pattini a rotelle. Sia il padre sia la madre le consentono di perseguire i suoi interessi e le danno la libertà di non conformarsi socialmente. Quando Barbara decide di iscriversi al Cornell University College of Agriculture per studiare biologia, però, la madre oppone resistenza perché teme che proseguire gli studi possa rendere la figlia “non adatta al matrimonio”. Grazie all’intervento del padre, nel 1919 la giovane riesce ad accedere all’università. Consegue la laurea breve nel 1923, si specializza nel 1925 e due anni dopo ottiene il dottorato.

Negli anni universitari, Barbara suona il banjo in un gruppo jazz, approfondisce gli studi di botanica e, grazie all’intervento di Claude Hutchinson, un docente che riconosce il suo talento, riesce a seguire un corso di genetica non aperto alle donne. La passione di Barbara è la citogenetica vegetale, una disciplina che in quegli anni si rivelerà fondamentale nel processo di superamento della genetica classica. La genetica classica studiava le differenze visibili a occhio nudo tra una generazione e l’altra di organismi: l’esempio più conosciuto è quello di Gregor Mendel e delle ricerche sull’ereditarietà portate avanti analizzando generazioni di piante di piselli. La citogenetica vegetale aggiunge a queste osservazioni l’analisi al microscopio dei cromosomi contenuti all’interno delle cellule delle piante.

Dopo il dottorato, Barbara McClintock resta alla Cornell ed entra a far parte di un gruppo di studio per l’analisi citogenetica del mais. Tra i suoi colleghi c’è anche un altro futuro Nobel, George Beadle. Nel 1931, assieme alla sua giovane studentessa Harriet Creighton, la McClintock descrive per la prima volta il cosiddetto crossing-over, il fenomeno di scambio e ricombinazione genetica tra parti di cromosomi che avviene durante la meiosi cellulare, fondamentale per la comprensione della variabilità genetica. Dopo sei anni alla Cornell, ottiene una cattedra all’Università del Missouri. Qui prosegue i suoi studi sul mais, combinando l’analisi citogenetica all’utilizzo dei raggi X. I raggi provocano mutazioni nei cromosomi del mais, che si rompono e ricompongono in sequenze diverse. Il meccanismo di instabilità cromosomica scoperto dalla McClintock alla fine degli anni Trenta, conosciuto come breakage-fusion-bridge cycle, è studiato ancora oggi nell’analisi delle mutazioni cellulari che portano alla formazione del cancro.

Purtroppo il lavoro di Barbara McClintock all’Università del Missouri, malgrado la sua indiscutibile rilevanza, non è valorizzato abbastanza: in quanto donna non può partecipare alle riunioni interne e i finanziamenti delle sue ricerche non sono garantiti. Per queste ragioni, nel 1941 decide di lasciare l’Università del Missouri e accetta un posto come ricercatrice al Cold Spring Harbour Laboratory di Long Island, nei pressi di New York, dove finalmente può disporre di tutte le risorse – economiche e materiali, tra cui un appezzamento di terra dove far crescere le piante di mais – necessarie per condurre le sue ricerche.

Nel corso degli anni Quaranta, la McClintock si dedica allo studio dei cambiamenti di colore nelle cariossidi, i chicchi delle pannocchie di mais. Ben presto si rende conto che le variazioni cromatiche tra una generazione e l’altra non sono giustificabili solo sulla base delle caratteristiche ereditarie. Mettendo a confronto il corredo cromosomico delle piante che mostrano variazioni con le piante progenitrici, nota che alcuni cromosomi cambiano di posizione. Scopre così che il funzionamento dei geni che controllano il colore delle singole cariossidi è regolato da altri elementi genetici che fungono da “interruttori” e che possono modificare la propria posizione da un punto all’altro del cromosoma: i jumping genes. Il genoma non è una struttura statica, ma è soggetta a cambiamenti e alterazioni.

Nel 1951, la McClintock presenta la sua scoperta al simposio annuale del Cold Spring Harbor Laboratory. Gli altri scienziati reagiscono con un misto di scetticismo e diffidenza. Quasi nessuno ritiene plausibile che i geni possano muoversi, men che meno “saltare” da una zona all’altra del cromosoma. Inoltre, va ricordato, Watson e Crick avrebbero individuato la struttura a doppia elica del DNA solo due anni più tardi, nel 1953. La comunità dei biologi, però, respinge la scoperta dei trasposoni per decenni, non per anni. Per fortuna Barbara McClintock non cede alle pressioni dei suoi colleghi e porta avanti le sue ricerche sino alla fine della sua carriera.

Negli anni Settanta, l’evoluzione della biologia molecolare rende possibile dimostrare la veridicità della scoperta presentata nel 1951; i biologi Jacques Monod e François Jacob riscontrano la presenza di jumping genes anche in virus e batteri. Ormai nessuno osa più dubitare della scoperta della McClintock, che nel 1981 riceve il prestigioso premio Wolf per la medicina e nel 1983, alla veneranda età di 81 anni e dopo sessant’anni dedicati interamente alla ricerca, è finalmente insignita del Nobel.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.