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I neonicotinoidi colpiscono ancora

Dopo l'esposizione all'imidacloprid, uno dei più famosi neonicotinoidi, i bombi americani sono più restii a impollinare. E si comportano in modo atipico all'interno del nido.

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I bombi sono impollinatori molto importanti per gli ecosistemi nordamericani. Crediti immagine: rockerBOO, Flickr

AMBIENTE – I bombi più diffusi in Nord America, la specie Bombus impatiens, sono grandi lavoratori. Vivono in nidi sotterranei, in cui entrano percorrendo tunnel lunghi fino a tre metri, e si dividono i compiti in modo molto efficiente. I più piccoli stanno vicino al centro del nido, dove nutrono le giovani larve, mentre i più grossi orbitano “in periferia”, dedicandosi alla raccolta di cibo e alla guardia della loro casa. Ma può succedere che questo equilibrio venga a mancare: così alcuni bombi vagano nelle aree più esterne del nido, da soli e senza far nulla, mentre altri abbandonano gradualmente la cura delle larve, dalla quale dipende il futuro della colonia. È l’effetto dei neonicotinoidi.

Questi insetticidi sono già molto noti – e studiati – per gli effetti nocivi su api, farfalle e anche alcune specie di vertebrati, tra i quali l’aumento nella mortalità e la riduzione del successo riproduttivo. L’anno scorso uno studio ne ha documentato un vero e proprio effetto contraccettivo sui maschi di ape mellifera. Ora James Crall della Planetary Health Alliance di Harvard e i colleghi hanno associato a questi insetticidi anche cambiamenti nel comportamento dei bombi, che hanno documentato in ambiente controllato.

Gli scienziati hanno creato un nido “artificiale” in cui i bombi svolgevano normalmente le loro attività: si occupavano delle nuove generazioni, si nutrivano, qualche volta si avventuravano fuori dalla colonia alla ricerca di altre fonti di cibo. Ma alcuni di loro stavano in disparte e non partecipavano più alla complessa vita sociale che permette alla colonia di restare in salute e sopravvivere.

Responsabile di questi cambiamenti, spiega Crall, è stata l’esposizione al pesticida imidacloprid, un insetticida ad ampio spettro che interferisce con gli impulsi nervosi degli insetti e finisce per ucciderli. Insieme a clothianidin e thiamethoxam, è tra i neonicotinoidi che sono stati vietati dall’Unione Europea nell’aprile 2013 dopo una valutazione EFSA (European Food Safety Authority), secondo la quale gli effetti nocivi per l’ambiente erano inaccettabili.

Gli scienziati hanno taggato i bombi in modo da poterli riconoscere e hanno osservato il loro comportamento prima e dopo l’esposizione a una dose non letale dell’insetticida. Per riuscirci hanno sfruttato un sistema di tracking automatico ideato dallo stesso Crall, che attraverso telecamere collegate a un computer permette di riconoscere i singoli individui e di individuarne la posizione e la vicinanza agli altri.

Dallo studio di milioni di questi punti, che hanno permesso di notare i cambiamenti nel comportamento, Crall e colleghi hanno scoperto che dopo l’esposizione i bombi diventavano meno sociali e si occupavano delle larve con meno intensità. Gli scienziati hanno presentato la loro ricerca al meeting annuale della Society for Integrative and Comparative Biology, in Louisiana.

Callin Switzer, studente PhD di Harvard, ha studiato a lungo gli effetti dell’imidacloprid sull’impollinazione da parte dei bombi. B. impatiens è un impollinatore importantissimo per gli ecosistemi nordamericani, dove ha assunto un ruolo sempre più centrale anche in ambito commerciale a causa del declino delle api mellifere: nelle serre di Stati Uniti, Canada e Messico è ampiamente usato per impollinare pomodori, zucche e lamponi.

Switzer ha registrato il suono prodotto dai bombi durante la buzz pollination, la loro abilità di raccogliere cibo e impollinare attraverso vibrazioni del corpo (cruciale per le coltivazioni di pomodori negli Stati Uniti), prima e dopo l’esposizione all’insetticida, in una dose simile a quella che ricevono in un giorno in mezzo nei campi o in serra. Così ha scoperto che i bombi esposti all’imidacloprid erano più restii a riprendere le attività di foraggiamento – dunque di impollinazione – rispetto ai compagni.

Appena l’anno scorso un gruppo di ricerca dell’Università di Taiwan guidato da Wu Chung-sin aveva documentato gli effetti dell’imidacloprid sui pipistrelli, pubblicando i risultati su Neuroreport. Gli autori dello studio si sono resi conto che l’accumulo di queste sostanze a un certo livello “danneggia i neuroni dei pipistrelli e distrugge il loro sistema di ecolocalizzazione”, spiegava Wu in un’intervista. Gli spettrogrammi dei pipistrelli che erano stati esposti al pesticida risultavano incompleti, “I percorsi di volo non erano più regolari ma disorientati, mentre alcuni pipistrelli hanno addirittura perso la loro capacità di catturare insetti”.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Crioconservazione, un aiuto anche per le api?

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".