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Antartide senza veli

Il continente bianco è uno dei luoghi più inaccessibili del pianeta, l’ultimo a essere stato scoperto e quello di cui tuttora sappiamo meno.

I rilievi aerei restituiscono l’immagine di un unica porzione di terraferma che sotto il ghiaccio unica non è: l’Antartide è costituita da due grandi regioni geologicamente distinte, denominate Antartide Occidentale e Antartide Orientale. Crediti immagine: NASA

SPECIALE GENNAIO – Se non fosse per una lingua di terra che si protende verso l’America meridionale, nessuno farebbe caso a quella striscia bianca sul lato basso del planisfero. Nei libri di testo, la trattazione dell’Antartide si esaurisce spesso alla colossale calotta di ghiaccio, ai pinguini che abitano le sue coste e alle temperature estreme. Negli ultimi decenni, le campagne di rilevamento satellitare, oceanografiche e geologiche hanno metaforicamente sollevato la coltre di ghiaccio che la copre per restituirci almeno in parte il vero aspetto del continente.

Quarto continente per estensione, con una superficie maggiore sia dell’Europa sia dell’Oceania, l’Antartide è quasi interamente compresa nel circolo polare antartico. Due correnti marine concentriche scorrono in direzioni opposte circondando e isolando i suoi mari dagli oceani circostanti: la Corrente Circumpolare Antartica è la corrente marina che muove il maggior volume di acqua del pianeta mentre più vicina alla costa passa la Corrente Polare. I due flussi d’acqua delimitano una regione chiamata Divergenza Antartica dove avviene la risalita di acque profonde, più calde e salate, con il relativo trasferimento di calore negli strati superiori. Le acque dell’Antartide sono tra le più produttive del pianeta, paragonabili per biomassa e biodiversità solamente a quelle dei mari tropicali. Il Mar di Ross e il Mar di Weddel sono i due principali mari interni che si addentrano nel continente come depressioni, delimitando la separazione fra le due Antartidi.

Già, Antartidi. I rilievi aerei restituiscono l’immagine di un unica porzione di terraferma che sotto il ghiaccio unica non è. L’Antartide è costituita da due grandi regioni geologicamente distinte, denominate Antartide Occidentale e Antartide Orientale prendendo come riferimento il Meridiano di Greenwich oppure Antartide Minore e Antartide Maggiore basandosi sulle rispettive dimensioni. L’Antartide Orientale è costituita da un unico cratone, una porzione rigida, antica e stabile della crosta continentale. L’Antartide Occidentale è invece un complesso arcipelago che raggruppa almeno quattro grandi frammenti di crosta spezzata e deformata, di diversa età e costituzione. Di questi, il più vasto è la terra di Marie Byrd che fronteggia il settore pacifico centrale. Procedendo verso oriente seguono la terra di Ellsworth e quindi la Penisola Antartica, costituita dalla terra di Palmer e la terra di Graham. A queste due regioni vanno aggiunte alcune centinaia di isole e isolotti. La più vasta è l’isola Alessandro I, grande due volte la Sicilia, anch’essa inglobata nel continente dal ghiaccio che la ricopre.

I rilievi della Penisola Antartica, unica terra antartica a spingersi oltre il circolo polare, costituiscono il prolungamento geologico delle Ande, essendosi originati nella stesse dinamiche. I monti di Ellsworth, uno stretto fascio di catene allineate, sono i monti più alti del continente: il Monte Vinson, la maggiore vetta antartica con i suoi 4.892 metri. La struttura montuosa più imponente sono però i Monti Transantartici. Quinta catena al mondo per lunghezza, attraversa il continente per quasi 4000 chilometri lungo il margine dell’Antartide Orientale. Larga in media 250 chilometri, la catena supera quasi costantemente i 2500 metri, in più tratti i 4000 metri e culmina oltre i 4500 metri sui monti della Regina Alessandra. Vicino alla base italiana estiva “Mario Zucchelli” si trovano invece le Valli Secche di McMurdo, libere dal ghiaccio ma talmente aride da essere annoverate tra le regioni desertiche più estreme del pianeta.

Non solo montagne: nella giovane Antartide Occidentale sono presenti numerosi vulcani, tra i quali spicca il Sidley, uno dei più grandi dell’intero pianeta, la cui caldera supera i cinque chilometri di larghezza. Nel 2013, uno studio pubblicato sulla rivista “Nature Geoscience” ha confermato per la prima volta l’attività subglaciale di uno di essi. Nonostante una violenta eruzione non fonderebbe, con ogni probabilità, l’enorme massa di ghiaccio che lo sovrasta, il calore rilasciato produrrebbe un colossale flusso di acqua calda dalle conseguenze imprevedibili per la stabilità della calotta occidentale. Ben visibili anche dall’esterno sono invece i vulcani insulari lungo le coste, come l’Erebus, il cui cratere ospita uno dei pochi laghi di lava al mondo.

Infine, l’Antartide è terra di laghi. Laghi subglaciali per la precisione: sono circa una settantina i bacini sepolti nel ghiaccio, caratterizzati da pressioni molto elevate che mantengono l’acqua allo stato liquido. Questi corpi d’acqua dolce, rimasti isolati per decine di migliaia di anni, hanno attirato negli ultimi anni le attenzioni dei biologi di tutto il mondo, alla ricerca di possibili forme di vita. Un progetto internazionale sul Lago Whillans, a cui ha partecipato anche l’Istituto di Scienze Marine del CNR, ha confermato nel 2014 che questi ambienti estremi non sono privi di vita, tutt’altro. Semplicemente, essa ha preso una traiettoria diversa da quanto normalmente accade in superficie: i microrganismi che abitano il lago ricavano energia dalla dissoluzione delle rocce del fondale.

Montagne, laghi, isole, valli e vulcani: il ghiaccio nasconde il vero aspetto dell’Antartide, in larga parte ancora sconosciuto. La Terra Australis Incognita rimane oggi l’ultimo e affascinante baluardo di un’epoca di scoperte giunta ormai ai titoli di coda. Il cambiamento climatico potrebbe presto svelare i suoi segreti. E mettere definitivamente la parola fine ai sogni degli ultimi esploratori rimasti.

Leggi anche: La presa dell’Antartide

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Davide Michielin
Indisposto e indisponente fin dal concepimento, Davide nasce come naturalista a Padova ma per opportunismo diventa biologo a Trieste. Irrimediabilmente laureato, per un paio d’anni gioca a fare la Scienza tra Italia e Austria, studiando gli effetti dell’inquinamento sulla vita e sull’ambiente. Tra i suoi interessi principali vi sono le catastrofi ambientali, i fiumi e gli insetti, affrontati con animo diverso a seconda del piede con cui scende dal letto.