SCOPERTE

Un bidone dei rifiuti per risolvere il mistero dei venti di Giove

Come simulare l’atmosfera del pianeta Giove e i fortissimi getti di vento che spazzano la sua superficie? Con un bidone dei rifiuti, un tavolo da filatura che lo fa ruotare e 400 litri di acqua un gruppo di geofisici ha trovato la risposta.

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Un confronto tra le foto del polo sud di Giove (in alto a sinistra e in basso a destra) e l’immagine dell’esperimento per ricreare i venti del pianeta (in alto a destra e in basso a sinistra) Crediti immagine: Jonathan Aurnou

SCOPERTE – Le grandi tempeste di Giove, le fortissime raffiche di vento che osserviamo sulla superficie della sua atmosfera, da sempre sono un mistero per gli scienziati. Un gruppo di geofisici della University of California, Los Angeles guidati da Jonathan Aurnou ha utilizzato un bidone dei rifiuti, un tavolo da filatura per farlo ruotare a 120 giri al minuto e centinaia di litri di acqua per teorizzare che i getti di vento che spazzano Giove non si limitano alla sua atmosfera, ma si spingono ben dentro all’interno del pianeta gigante.

La teoria è stata testata in laboratorio e ora potrà essere verificata con i dati della sonda spaziale Juno della NASA, che permetteranno di verificare se le previsioni del team di Aurnou sono esatte. Se la teoria pubblicata sulla rivista Nature Physics sarà provata, si avranno importanti indizi sulla struttura interna del pianeta gassoso e sulle sue dinamiche interne.

Ma cosa serve per riprodurre in un laboratorio le forti correnti e i venti vorticosi che spazzano con violenza Giove e che portano alla formazione di tempeste che spazzano tutto il pianeta come la Grande Macchia Rossa? Gli scienziati hanno cercato di riprodurre i tre elementi chiave necessari alla formazione dei getti: una rapida rotazione, una turbolenza, e l’effetto curvatura che simuli la forma sferica del pianeta stesso.

La difficoltà però risiede proprio nella costruzione di modelli in laboratorio che rispettasse queste tre caratteristiche, ha spiegato in un comunicato l’autore dell’articolo Aurnou: “Noi possiamo riprodurre queste caratteristiche al computer, ma non possiamo riprodurle in laboratorio. Se abbiamo una comprensione teorica del sistema, possiamo essere in grado di creare un modello analogo”. I precedenti tentativi di creare getti analoghi a quelli di Giove in laboratorio erano falliti e il gruppo di Aurnou, insieme ad altri collaboratori di Marsiglia, hanno individuato il problema: i modelli ricreati in laboratorio infatti non erano abbastanza veloci o non era possibile ricreare una turbolenza efficace.

La svolta è arrivata quando il laboratorio di Aurnou è stato equipaggiato con un nuovo strumento. Si tratta di una tavola da filatura dotata di cuscinetti d’aria in grado di ruotare a 120 giri al minuto e che può sopportare un carico fino a 1000 chilogrammi. L’apparecchiatura ha permesso agli scienziati di far ruotare una grande quantità di fluidi ad alta velocità, simulando così proprio la rapida rotazione di Giove. Risolto il problema della rapida rotazione, era necessario ottenere la giusta turbolenza e l’effetto curvatura. Per questo gli scienziati hanno utilizzato un secchio dei rifiuti, di quelli utilizzati industrialmente, lo hanno riempito con 400 litri di acqua e lo hanno posizionato sulla tavola da filatura. Quando il contenitore ha iniziato a ruotare, l’acqua è finita sui lati formando una parabola che approssimava la superficie curvata di Giove, come ha spiegato Aurnou: “Più andava veloce, meglio imitava i forti e massicci effetti di rotazione e la curvatura che esiste sui pianeti”.

I ricercatori sono così riusciti a capire qual è stato il limite pratico dei precedenti esperimenti. Finora venivano utilizzati sistemi che permettevano rotazioni fino a 75 giri al minuto, una rotazione che era abbastanza veloce per forzare il liquido e produrre un effetto di curvatura, ma troppo lento per evitare che l’acqua fuoriuscisse. Una volta ottenuta la rapida rotazione e l’effetto curvatura, gli scienziati hanno introdotto nel bidone un getto di acqua attraverso una pompa posta al di sotto del falso piano per indurre turbolenze nel liquido. L’energia turbolenta è stata incanalata e ha permesso la creazione di sei flussi concentrici che si muovevano in diverse direzioni nel liquido nel giro di pochi minuti, simulando così proprio i getti che caratterizzano Giove.

Un risultato importante, sottolinea Aurnou, perché ha dimostrato per la prima volta che i forti getti osservati su Giove possono originarsi dal fondo e dunque dalla zona più interna del pianeta, e il fenomeno potrebbe non riguardare solo la sua atmosfera più superficiale.

Per poter confermare quanto osservato in laboratorio sarà necessario attendere i dati raccolti dalla sonda Juno, che proprio in questo momento sorvola il gigante gassoso e sta raccogliendo importanti informazioni sulla sua atmosfera, sui campi magnetici e sul suo interno. Lo scorso dicembre, durante il meeting dell’American Geophysical Union durante il quale i risultati del primo sorvolo ravvicinato (o fly-by) di Juno sono stati presentati, Aurnou aveva dichiarato: “I dati raccolti durante il primo fly-by del pianeta hanno mostrato che le strutture di gas di ammoniaca si estendono per oltre 100 kilometri all’interno del pianeta. Il risultato è stato un vero e proprio shock per il gruppo scientifico di Juno e ora noi potremmo giocare un ruolo importante nella spiegazione di questi dati”.

Dopo il primo risultato ottenuto con l’esperimento condotto in laboratorio, ora Aurnou e colleghi si preparano a utilizzare il supercomputer dell’Argonne National Laboratory in Illinois per simulare le dinamiche dell’interno e dell’atmosfera di Giove. Simulazioni che permetteranno al laboratorio di Marsiglia di rendere gli esperimenti con la tavola rotante sempre più complessi e realistici.

Il primo obiettivo sarà quello di aggiungere uno strato sottile e stabile di liquido sulla superficie dell’acqua ruotante, che andrà a simulare proprio il sottile strato esterno dell’atmosfera di Giove. Un gigantesco passo avanti per gli scienziati nella comprensione del meteo gioviano e che potrebbe aiutare a capire e svelare i più violenti fenomeni come la famosa Grande Macchia Rossa.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.