IPAZIA

Sally Ride, la prima scienziata nello spazio

Su un totale di oltre 8.000 candidati, di cui circa 1.000 donne, nel gennaio del 1978 vengono selezionate 35 persone: 29 uomini e 6 donne. Una di queste si chiama Sally Kristen Ride.

Nel 1982 viene selezionata per far parte dell’equipaggio di terra delle missioni STS-2 e STS-3. Il suo ruolo è quello di Capcom, Capsule Communicator, l’addetto alle comunicazioni fra gli astronauti e il centro di controllo. Crediti immagine: U.S. Information Agency, Wikimedia Commons

IPAZIA – “La National Aeronautics and Space Administration (NASA) ha preso contatti con Margaret Collins, direttrice del Centro per la Ricerca sulle donne, allo scopo di reclutare astronaute per il Programma Space Shuttle”. È questo l’incipit di un annuncio pubblicato il 12 gennaio 1977 sulla prima pagina dello Stanford Daily, quotidiano di informazione della Stanford University. Per la prima volta nella sua storia ventennale, la NASA decide di aprire alle donne le selezioni per gli astronauti che prenderanno parte al programma di lanci del Programma Space Shuttle. Su un totale di oltre 8.000 candidati, di cui circa 1.000 donne, nel gennaio del 1978 vengono selezionate 35 persone: 29 uomini e 6 donne. Una di queste si chiama Sally Kristen Ride ed è una studentessa di fisica della Stanford University, una delle tante che hanno risposto all’annuncio pubblicato sullo Stanford Daily.

Cinque anni dopo, nel 1983, Sally Ride partecipa come mission specialist – membro specializzato dell’equipaggio – alla missione STS-7, la settima del Programma Space Shuttle. Il 18 giugno, a bordo della navetta Challenger, oltrepassa la stratosfera e batte tre record in un colpo solo: è la prima donna americana nello spazio e la terza in assoluto, dopo le cosmonaute sovietiche Valentina Tereškova e Svetlana Savickaja, ma anche la prima con una laurea in fisica e un dottorato in astrofisica; inoltre, a soli 32 anni, è l’astronauta più giovane di sempre. A volte rispondere a un annuncio può cambiare la vita.

Nata a Los Angeles nel 1951, durante l’infanzia Sally Ride ha una sola grande passione: il tennis. A partire dai dieci anni partecipa a numerosi tornei e in breve tempo raggiunge la diciottesima posizione nella classifica nazionale giovanile. Riesce ad accedere alla prestigiosa Westlake School for Girls di Los Angeles grazie a una borsa di studio per meriti sportivi. Ama leggere, il suo genere preferito è la fantascienza, ma durante i primi anni di scuola non mostra un interesse specifico per nessuna materia. Finché, spronata dalla sua professoressa di scienze, a 16 anni inizia ad appassionarsi allo studio della fisica. Si trasferisce in Pennsylvania e comincia a frequentare i corsi di fisica dello Swarthmore College, ma il richiamo del tennis è troppo forte; dopo pochi mesi lascia il college per dedicarsi allo sport a tempo pieno. Probabilmente sarebbe diventata un’ottima professionista, ma l’anno successivo cambia di nuovo idea. Abbandona definitivamente il tennis, torna in California e si iscrive a Stanford. Segue contemporaneamente i corsi di inglese e di fisica e ottiene una prima laurea nel 1973. Due anni dopo si specializza in fisica e accede al dottorato di ricerca in astrofisica. Nel gennaio del 1977, quando legge l’annuncio sullo Stanford Daily, Sally Ride sta lavorando alla stesura della tesi che discuterà nel 1978, subito dopo essere entrata nel programma di addestramento per diventare mission specialist del Programma STS (Space Transportation System) della NASA, conosciuto come Space Shuttle.

Durante il periodo di addestramento, durato un anno, la Ride approfondisce le sue conoscenze teoriche di fisica e matematica e studia meteorologia e informatica, ma soprattutto esegue centinaia di test all’interno di simulatori di volo e impara a pilotare i jet della serie T-38. Nel 1981 e nel 1982 viene selezionata per far parte dell’equipaggio di terra delle missioni STS-2 e STS-3. Il suo ruolo è quello di Capcom, Capsule Communicator, l’addetto alle comunicazioni fra gli astronauti e il centro di controllo. L’anno successivo George Abbey, direttore delle operazioni di volo della NASA, la sceglie per partecipare alla missione spaziale STS-7 a bordo della navetta Challenger. Secondo Abbey, Sally Ride è perfetta come membro dell’equipaggio “per la sua capacità di risolvere problemi ingegneristici complessi” e perché “ama i giochi di squadra”. Buffo, per un’ex giocatrice di tennis. Durante i sette giorni in orbita, dal 18 al 24 giugno 1983, la Ride lancerà due satelliti per la comunicazione e, assieme all’ingegnere John Fabian, recupererà per la prima volta un altro satellite con l’ausilio del braccio robotico della navetta, comandato a distanza.

Nell’ottobre del 1984 il Challenger decolla di nuovo. A bordo, oltre a Sally Ride, è presente la geologa Kathryn Sullivan, un’altra delle sei donne selezionate nel 1978. Per entrambe le astronaute, che partecipano in qualità di mission specialist, la missione è l’occasione per superare un altro traguardo: la Ride è la prima donna americana a prendere parte a due voli spaziali, mentre la Sullivan è la prima a compiere una “passeggiata spaziale” per eseguire alcuni lavori all’esterno della navetta. Poco più di un anno dopo, Sally Ride si sta preparando per una terza missione, ma il 28 gennaio 1986 il suo addestramento viene interrotto bruscamente: il Challenger, giunto alla sua decima missione, esplode pochi secondi dopo il lancio. Nell’esplosione muoiono i sette membri dell’equipaggio, tra cui  l’ingegnera Judith Resnik, un’altra delle sei donne selezionate dalla NASA nel gennaio del 1978. La tragedia del Challenger causa l’interruzione immediata dei voli umani della NASA. Ronald Reagan crea subito una commissione presidenziale, la commissione Rogers, con lo scopo di verificare le dinamiche dell’incidente e indagare le cause del disastro. La commissione è composta da tredici tra i più autorevoli scienziati e astronauti, come Neil Armstrong e Richard Feynman. Tra loro c’è anche Sally Ride.

Nel 1987, dopo aver redatto un report sulle strategie future per l’esplorazione dello spazio in qualità di leader di un’altra task force dell’ente spaziale americano, la Ride lascia definitivamente la NASA. Dopo un breve periodo al Center for International Security and Arms Control di Stanford, ottiene una cattedra come professoressa di fisica alla UCSD di San Diego. Nel 2003 è l’unico componente della commissione Rogers a essere chiamato a far parte di una nuova commissione investigativa su un’altra tragedia legata al programma Space Shuttle, l’esplosione in fase di rientro della navetta Columbia.

Sally Ride ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il National Space Society’s von Braun Award e due NASA Space Flight Medal. Nel 1988 è stata inserita nella National Women’s Hall of Fame e nel 2003 nella Astronaut Hall of Fame. Con Tam O’Shaughnessy, compagna di una vita, conosciuta sui campi di tennis durante l’infanzia, ha scritto sei libri per ragazzi sull’esplorazione spaziale. Le due donne hanno fondato la Sally Ride Science, associazione senza scopo di lucro nata per promuovere la cultura scientifica nelle nuove generazioni. La loro relazione, durata 27 anni, è stata resa pubblica solo dopo la morte della Ride, avvenuta prematuramente nel 2012. Una targa in onore di Sally Ride è stata inserita nel Legacy Walk di Chicago, museo all’aperto nato per ricordare i più importanti contributi delle persone LGBT al progresso dell’umanità.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.