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Joides Resolution: nel Mar Cinese Meridionale per studiare la storia del pianeta

A febbraio è partita da Hong Kong la spedizione 367. A bordo anche tre italiani: l'obiettivo è investigare i modelli di distensione litosferica e di formazione della crosta oceanica.

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La nave scientifica Joides Resolution al porto di Hong Kong, all’inizio della spedizione 367. Fotografia di William Crawford, IODP JRSO

RICERCA – Un centro di ricerca galleggiante dotato di laboratori all’avanguardia e attrezzati con strumenti di altissima qualità come magnetometro, spettrometro di massa, difrattometro delle polveri, strumentazioni per stimare le proprietà meccaniche delle rocce, microscopi ottici ed elettronici. Ma anche una potente imbarcazione, in grado di effettuare la perforazione del fondo oceanico al di sotto di migliaia di metri di colonna d’acqua, con un potenziale di più di otto chilometri di tubi per la trivellazione scientifica.

È la Joides Resolution, acronimo di Joint Oceanographic Institutions Deep Earth Sampler, una nave scientifica che in questo momento si trova nel Mar Cinese Meridionale. A bordo un team internazionale di scienziati e professionisti della comunicazione, tra i quali ci sono tre italiani; l’obiettivo della missione, gestita dall’International Ocean Discovery Program (IODP, di cui fa parte anche l’Italia) è investigare i modelli di distensione litosferica e di formazione della crosta oceanica.

“Questa nave porta avanti progetti di ricerca in tutti gli oceani del pianeta, anche grazie agli scienziati che mandano le loro proposte e le idee sulle quali vorrebbero lavorare”, racconta a OggiScienza Joann Stock del California Institute of Technology Seismological Laboratory, co-chief scientist della spedizione IODP numero 367. “Siamo molto fortunati ad avere a disposizione la Joides, perché non tutte le imbarcazioni scientifiche hanno una tale capacità di trivellazione. L’obiettivo di questa spedizione è studiare i margini del Mar Cinese Meridionale per capire come si sono formati gli oceani; la particolarità di questo mare è che non è un sistema attivo, non produce più crosta, il che rende il suo margine passivo [la transizione tra la litosfera oceanica e quella continentale] accessibile per attività di ricerca che altrove, ad esempio nell’Atlantico, non sarebbe possibile fare”.

La scienza a bordo

Il modello della tettonica delle placche, che descrive e spiega i fenomeni legati alla crosta terrestre, è stato diffusamente studiato nel corso dei decenni. Eppure molte aree degli oceani, da questo punto di vista, restano largamente inesplorate: esistono vari modelli tettonici riguardo alla formazione di un nuovo oceano dopo la rottura dei continenti, ma testarli non è semplice. “Il Mar Cinese Meridionale è il posto migliore per sperimentare questi modelli: estrarremo carote in punti diversi per studiare quali tipi di rocce emergono. Campionando quelle rocce, gli scienziati potranno ricostruire la loro storia e capire come si sono spostate nel tempo, a quali profondità, ma anche indagare le condizioni nelle quali si sono formate, analizzarne i cristalli e molto altro”, conferma Stock.

Se le carote di ghiaccio permettono di viaggiare indietro nel tempo al massimo di un milione di anni, con i record di sedimenti marini possiamo abbracciare una scala temporale molto più ampia e arrivare anche all’era dei dinosauri. Milioni di anni, documentati con continuità strato dopo strato e che permettono agli scienziati di condurre approfondite analisi geologiche ma anche di fare ricostruzioni paleoambientali, paleoceanografiche e paleoclimatiche per documentare l’andamento del clima nelle epoche passate.

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Lo staff scientist Adam Klaus descrive ai colleghi le procedure di lavoro per l’arrivo delle carote nei laboratori. Fotografia di Zhifei Liu & IODP JRSO

“Io sono una micropaleontologa e il mio compito in questa missione è studiare un gruppo di microfossili a teca carbonatica, i nannofossili calcarei. Questi organismi vivevano nelle acque superficiali e sono stati, come lo sono oggi i loro corrispettivi viventi, tra i maggiori costituenti delle rocce e dei sedimenti carbonatici marini”, spiega a OggiScienza Claudia Lupi dell’Università di Pavia. “In base alla loro abbondanza nei vari strati di sedimento possiamo ricostruire i parametri delle acque superficiali come la temperatura e la disponibilità di nutrienti, o le variazioni di salinità dovute ad apporti di acqua dolce dai continenti. Ci sono poi colleghi che studiano nei miei stessi campioni il contenuto in foraminiferi planctonici e bentonici, un altro gruppo di microfossili, ed altri ancora che studiano le molecole organiche ancora presenti nei sedimenti, per ricostruire la vegetazione del continente nei nostri stessi intervalli di tempo e permettere una correlazione tra i dati marini e terrestri, oltre a una ricostruzione più robusta delle variazioni climatiche nel tempo.”

Le attività di ricerca a bordo sono un lavoro di squadra diviso in gruppi in base alle varie discipline, continua Jacopo Boaga, specialista in Geofisica del Dipartimento di Geoscienze dell’Università degli Studi di Padova. “C’è chi studia le proprietà fisiche dei materiali estratti dalla carota, chi quelle chimiche, mentre altri scienziati ancora descrivono i materiali stessi delle carote in termini di granulometria, strutture particolari, tipi di rocce. I paleontologi, come Claudia Lupi, studiano i fossili in modo da determinare la scala temporale con l’aiuto dei paleomagnetisti: sfruttando un magnetometro per misurare l’inclinazione magnetica dei sedimenti, questi ultimi possono valutare come erano posizionati i poli Nord e Sud al momento della sedimentazione. I poli periodicamente si invertono e se riusciamo a riconoscere questa polarità nei campioni possiamo inquadrare la finestra temporale nella quale si sono sedimentati”.

Terminata la spedizione, per un anno, gli scienziati che oggi si trovano a bordo saranno gli unici ad avere accesso ai dati e ai materiali raccolti, in modo da poterli studiare e pubblicare le loro scoperte. Da settembre 2018 in poi queste informazioni diventeranno pubbliche, e i campioni raccolti saranno a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo; verranno conservati in un deposito negli Stati Uniti, una sorta di “biblioteca”, alla quale gli esperti interessati potranno richiederli per visionarli e analizzarli nel dettaglio presso le proprie sedi.

L’importanza della divulgazione

La terza italiana a bordo insieme a Lupi e Boaga è Alessia Cicconi, insegnante di Scienze del Liceo Classico “Stabili-Trebbiani” di Ascoli Piceno e dottoranda in Geoscience Education presso l’Università di Camerino. Alessia Cicconi riveste il ruolo di Education and Outreach Officer, posizione per la quale potevano fare domanda i docenti di scienze di tutti i paesi coinvolti nel programma IODP. Il suo compito a bordo? Preparare materiale didattico e divulgativo da diffondere durante la missione e a spedizione finita, intervistare gli scienziati e gestire i contatti con le scuole di tutto il mondo che vogliano partecipare alle videoconferenze organizzate giornalmente sulla nave. È la prima volta che sulla Joides Resolution c’è un Education Officer italiano, in grado di agevolare la diffusione nel nostro paese della conoscenza del programma IODP e delle attività di ricerca che si svolgono sulla nave.

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L’Education Officer Alessia Cicconi mostra le attività a bordo (in tempo reale) agli studenti delle scuole. Fotografia di William Crawford, IODP JRSO

“Il rapporto con le scuole è l’aspetto principale del mio lavoro e ogni giorno organizziamo almeno due video-conferenze con le Scuole, con le Università o con i Musei dove a volte ci sono classi in visita. Come è successo di recente quando ci siamo collegati con il Museo civico di Storia Naturale di Piacenza”, dice Cicconi. “La figura dell’Education Officer è in Italia -e più in generale in Europa- è poco nota; per gli americani invece è una presenza quasi obbligatoria. IODP è un programma finanziato in gran parte dalla National Science Foundation, l’ente statunitense che si occupa di finanziare la ricerca, e la stessa Joides è operata da una compagnia americana. Per loro è scontato che alle spedizioni partecipi una persona che si occupa della divulgazione, partendo dal presupposto che la ricerca è pagata dalle tasse dei cittadini dunque è un loro diritto sapere come i soldi sono stati investiti. Deve esserci una diffusione dei risultati ottenuti che sia comprensibile e fruibile per tutti”.

Vedere all’opera lo scienziato durante una spedizione scientifica è un incontro che ha un grandissimo impatto, dice Cicconi, specialmente sugli studenti più giovani. Permette loro di conoscere le diverse professionalità coinvolte in un progetto di ricerca, li avvicina alle materie scientifiche, lascia un segno indelebile e “questo gli americani l’hanno capito molto bene. Ieri, ad esempio, ci siamo collegati con l’Università di Camerino e una delle domande fatte a Joann Stock è stata ‘come vengono selezionati i partecipanti?”, racconta Cicconi. “Lei ha risposto che, per quanto riguarda gli Stati Uniti, la scelta viene fatta in modo tale che si crei un equilibrio tra scienziati esperti e giovani. Per guardare al futuro e formare ricercatori che possano un giorno portare avanti i progetti e diventare a loro volta senior scientist. Per questo motivo sono presenti giovani americani che stanno svolgendo la tesi di master o il dottorato di ricerca, ma vengono già coinvolti direttamente in progetti internazionali. A bordo della Joides si respira un’atmosfera di grande motivazione, interesse ed entusiasmo per la scienza che si tramuta in fruttuosi scambi di idee tra scienziati”.

@Eleonoraseeing

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".