SCOPERTE

Come è nata la Via Lattea? Due antiche galassie per svelarne i segreti

Come sono nate e si sono evolute le galassie simili alla Via Lattea? Lo svelano i dati raccolti dal telescopio Alma su due galassie antiche circondate da un gigantesco alone di gas idrogeno neutro che si trovano a 12 miliardi di anni luce da noi

Le due antiche galassie, studiate in una fase della loro vita appena “adolescente”, hanno mostrato un tasso di formazione stellare moderatamente alto. Crediti immagine: A. Angelich (NRAO/AUI/NSF)

SCOPERTE – Immaginate di poter distinguere una piccolissima lucciola dentro alla luce di un potentissimo faro. Gli astronomi che hanno dato la caccia alle antiche galassie a spirale simili alla Via Lattea, la galassia in cui si trova la Terra, hanno dovuto affrontare questa sfida.

I potentissimi fari che hanno permesso di osservare le galassie in “controluce” sono due quasar, mentre le piccole lucciole sono due antiche galassie simili alla Via Lattea che si trovano a 12 miliardi di anni luce dal nostro pianeta. Le nuove osservazioni hanno permesso di scoprire che questi oggetti, studiati nella loro “adolescenza”, sono massivi e polverosi, circondanti da larghi ed estesi strati di gas e con un tasso di formazione stellare moderatamente alto.

Fino a oggi gli scienziati rivelavano l’esistenza di galassie studiando l’assorbimento della luce di questi quasar all’interno delle nubi di gas e polvere ma ora, grazie al telescopio Atacama Large Millimeter Array (Alma) dell’Eso, situato in Cile, per la prima volta le due galassie sono state osservate direttamente e la sorpresa è stata grande.

Dopo decenni di osservazioni attraverso i quasar, lo studio pubblicato il 24 marzo sulla rivista Science del team di ricercatori della Uc Santa Cruz guidato da Marcel Neeleman e J. Xavier Prochaska ha mostrato due luminosissime galassie lì dove gli scienziati si aspettavano di trovare una debole emissione di luce offuscata dal potente quasar sullo sfondo. Un risultato che indica come in realtà il quasar non sia sovrapposto alla galassia, ma si trovi a centinaia di migliaia di anni luce dall’oggetto celeste e la sua luce sia in realtà assorbita dall’alone di gas gigantesco che circonda la galassia a spirale ancora in via di formazione.

Neeleman e Prochaska hanno così ipotizzato che osservare così tanto gas e così lontano dalla regione di formazione stellare implica che la galassia sia circondata da una enorme nube di gas idrogeno neutro, ma non è ancora chiaro se si tratti di un largo ed esteso disco che sta collassando all’interno dell’oggetto o “semplicemente di una denso alone che permane intorno alla galassia stessa.

Ma come ha avuto inizio la caccia a questi oggetti così simili alla nostra Via Lattea? Per scoprirlo bisogna fare un passo indietro e tornare a 14 anni fa. I protagonisti sono il professor Prochaska e un suo dottorando, Arthur M. Wolfe, co-autore dell’articolo e ricercatore della UC San Diego. Correva l’anno 2003 quando Wolfe ebbe l’intuizione alla base dello studio: usò lo spettro dei quasar per studiare le concentrazioni di gas idrogeno che si trovano nei punti più lontani dell’universo, e quindi anche più antichi, focalizzando l’attenzione sulla linea di Lyman-Alpha, DLA, una linea che indica nello spettro, per esempio di un quasar, l’assorbimento caratteristico del gas idrogeno.

Il merito di Wolfe, che dopo anni può vedere il lavoro arrivare a termine, è stato quello di aver capito le potenzialità del telescopio Alma prima ancora che la sua realizzazione fosse ultimata nel 2011, come sottolinea il co-autore Prochaska: “Abbiamo aspettato 14 anni per poter testare questa ipotesi. Il Santo Graal è stato identificare e studiare le galassie che ospitano gas idrogeno che abbiamo visto nello spettro dei quasar e c’è voluto uno strumento con le capacità di Alma per poterlo fare”.

Avvalendosi della potenza delle antenne radio di Alma e della possibilità di configurarle in diverse modalità, gli scienziati hanno dato la caccia alla linea spettrale del carbonio ionizzato, che è di 158 micrometri nello spettro del lontano infrarosso, e sono così riusciti a individuare le emissioni delle galassie e a distinguerle dalla luce dei quasar. Questo ha permesso non solo l’osservazione delle emissioni dovute alla polvere, ma anche la stima del tasso di formazione stellare nelle galassie così scoperte a 13 miliardi di anni luce dalla Terra, una distanza che ha permesso di studiare questi oggetti quando erano ancora in una fase primordiale della loro vita, ad appena un miliardo di anni dalla nascita dell’universo con il Big bang.

Le due antiche galassie, studiate in una fase della loro vita appena “adolescente”, hanno mostrato un tasso di formazione stellare moderatamente alto. La prima galassia, separata dal suo quasar da 137mila anni luce, ha un tasso di formazione stellare di 100 masse solari l’anno, mentre l’altra galassia individuata a 59mila anni luce dal suo quasar, ha mostrato un tasso di 25 masse solari l’anno. Prochaska ha spiegato: “Si tratta di una fase vitale in cui le galassie mostrano un serio incremento della formazione stellare, una sorta di scatto di crescita come avviene negli adolescenti, prima di raggiungere il picco di formazione stellare circa 2 miliardi di anni dopo”.

La presenza di un gigantesco alone ben lontano dalla regione di formazione stellare implica che deve esserci una grande quantità di gas idrogeno neutro che circonda la galassia. Proprio questo gas potrebbe rappresentare il materiale usato dalla galassia rotante per crescere e svilupparsi nella sua forma a spirale. Alma risponde così a un quesito vecchio di decenni, mostrando che alcune giovanissime galassie hanno un alone più esteso di quanto precedentemente pensato, ma nuove osservazioni saranno necessarie per svelare gli altri segreti della nascita e dell’evoluzione della nostra Via Lattea.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.