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Glaucoma oculare: si studia un nuovo approccio terapeutico

Al via il primo studio italiano sulla protezione delle cellule ganglionari della retina. Ma al momento la chiave rimane ancora la diagnosi precoce.

Il glaucoma porta le cellule ganglionari a morte precoce tramite alcuni meccanismi tra cui lo stress ossidativo, la neuroinfiammazione e la disfunzione mitocondriale. Crediti immagine: Pixabay

RICERCA – Sono circa cinquemila gli italiani che perdono la vista ogni anno a causa del glaucoma, una malattia cronica che porta al progressivo danneggiamento del nervo ottico, con la conseguente alterazione irreversibile del campo visivo. Una malattia che non si può prevenire al momento, per cui l’unica via possibile è quella della diagnosi precoce e di un trattamento tempestivo, che rappresenta però spesso un problema dal momento che il glaucoma è tendenzialmente asintomatico. Quando si iniziano a notare i primi sintomi, solitamente la malattia è già in fase avanzata, tanto che si stima che la metà dei casi non siano diagnosticati. È una malattia prevalentemente dell’età adulta, dato che può iniziare a presentarsi dopo i 40-45 anni di età.

Sappiamo che uno dei principali fattori di rischio è l’aumento della pressione oculare e per questo i trattamenti che vengono attuati tendono a ridurre la pressione dell’occhio, non per portare a guarigione, ma per evitare che la malattia progredisca. La ricerca però sta provando nuove percorsi terapeutici, e una di queste arriva dal Centro per lo Studio del Glaucoma presso l’Università degli Studi di Brescia, che in occasione della settimana mondiale del glaucoma ha annunciato l’avvio di uno studio clinico per testare l’efficacia di un nuovo approccio terapeutico basato sull’idea di considerare la malattia come una forma di neurodegenerazione primaria delle cellule ganglionari retiniche, con l’obiettivo terapeutico di individuare sostanze che agiscano su queste specifiche cellule, i cui assoni formano il nervo ottico.

Il glaucoma porta infatti le cellule ganglionari a morte precoce tramite alcuni meccanismi tra cui lo stress ossidativo, la neuroinfiammazione e la disfunzione mitocondriale. “Le cellule ganglionari retiniche sono ricche di mitocondri necessari a produrre energia per la conduzione nervosa” racconta a OggiScienza Luciano Quaranta, Direttore del Centro bresciano. “La riduzione nella produzione di energia e l’aumento della produzione di radicali liberi a livello mitocondriale delle cellule ganglionari è da considerarsi un meccanismo chiave nell’eziopatogenesi del glaucoma che predispone alla morte le cellule ganglionari e i loro assoni, fenomeno noto come disfunzione mitocondriale”.

Lo studio testerà in particolare il Coenzima Q10, noto anche come ubiquinone, come aiuto nel far sì che la malattia rallenti la progressione, in un gruppo di pazienti malati del tipo di glaucoma più frequente, quello detto “ad angolo aperto”, che è completamente asintomatico. “Il Coenzima Q10 è una sostanza simile ad una vitamina presente in molte cellule eucariotiche soprattutto a livello mitocondriale, di cui alcuni studi clinici hanno dimostrato l’attività neuroprotettiva, tanto che è stato studiato, con risultati non sempre univoci, nell’ambito di malattie neurodegenerative come la malattia di Parkinson, l’Alzheimer, la corea di Huntington e la SLA”. Al momento l’azione del coenzima è stata studiata in ricerche pre-cliniche, e in fase clinica in uno piccolo studio pilota.

“Si tratta di una ricerca che sta per iniziare e speriamo possa fornire risultati positivi, sulla base del fatto che vi sono ottimi presupposti scientifici che indicano una potenziale efficacia del Coenzima Q10. Il messaggio principale è e rimane quello di puntare sulla diagnosi precoce, attraverso dei controlli oculistici a partire dai 40 anni di età” conclude Quaranta. “L’insorgenza della presbiopia può essere il momento giusto per recarci dall’oculista per una visita completa. In questa sede potrà essere formulata una diagnosi di un eventuale glaucoma anche nella fase più iniziale ed intraprendere le più opportune terapie, questo al fine di evitare di ritrovarsi dopo anni con danni della capacità visiva irreversibili.”

@CristinaDaRold

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.