RICERCANDO ALL'ESTERO

Esiste una tensione superficiale tra liquidi miscibili?

Comprendere questo fenomeno può avere importanti ricadute in ambiti diversi, dalla bonifica del suolo allo studio delle correnti marine, dalla pulizia degli impianti petroliferi alle ricerche sulla viscosità del sangue.

La tensione di superifice è il fenomeno che permette ad alcuni insetti di camminare sull’acqua. Crediti immagine: Public Domain

“La fisica dei liquidi è uno degli ambiti più inesplorati della fisica contemporanea eppure si trova nel mondo di ogni giorno, camminando per strada o andando al mare. Si può studiare senza dover andare in un acceleratore di particelle e ha un numero infinito di sorprese e di applicazioni in ambito industriale”.

RICERCANDO ALL’ESTERO – La tensione superficiale tra due fasi immiscibili è un fenomeno che fa parte della vita di tutti i giorni e quindi piuttosto conosciuto: basti pensare alle bolle di sapone, alla forma di una goccia e agli insetti che camminano sull’acqua. Poco si sa, invece, della tensione superficiale tra due liquidi miscibili fuori equilibrio, cioè prima che l’omogeneizzazione sia completa. Questo fenomeno è rilevante in diversi settori, dalle scienze della terra alla fisica dei polimeri, allo studio dei fluidi multifase.

Generalmente si associa la tensione superficiale a due fluidi immiscibili. Che cosa succede a due liquidi che, invece, si possono mescolare?

È la domanda capitale nella fisica dei fluidi che si occupa di instabilità idrodinamiche e di stabilità interfacciale. La termodinamica suggerisce che esiste una tensione di superficie solo se due fluidi sono immiscibili: in caso contrario, come l’acqua e l’alcool o il miele nel tè, la tensione di interfaccia è zero, anzi non avrebbe nemmeno senso parlare di interfaccia perché, facendo passare un po’ di tempo, si raggiunge l’equilibrio e i fluidi si mescolano.
A Montpellier ho scoperto che quest’affermazione non è del tutto vera: gli esperimenti che ho condotto suggeriscono che, poco prima della completa omogeneizzazione, due fluidi miscibili si comportano come immiscibili e che tra loro esiste una tensione di interfaccia se c’è un gradiente di composizione.

Di che tipo di esperimenti si tratta?

Per capire se ci sono stress all’interfaccia di due fluidi miscibili bisogna essere molto rapidi perché questi, per definizione, prima o poi si mischieranno e l’interfaccia scomparirà: siamo nel campo della termodinamica fuori equilibrio e non è possibile usare i metodi di studio classici della fisica dei fluidi.

Iniettando dell’acqua colorata in una sospensione di polimeri si creano delle forme artistiche simili a fiori: è il fenomeno della digitazione viscosa.

Il metodo che ho messo a punto consiste nell’iniettare un fluido meno viscoso in uno più viscoso, miscibile col primo; nello specifico ho usato una sospensione di polimeri o di microsferette in acqua e ho iniettato dell’acqua colorata pura, cioè senza polimeri: quello che succede (come vediamo nell’immagine) è che all’interfaccia non compaiono i classici cerchi concentrici ma delle superfici più ondulate simili a fiorellini, o più precisamente simili a delle dita. Questo fenomeno si chiama digitazione viscosa e il numero di dita dipende dalle proprietà dei due fluidi a contatto. Per proprietà intendo la velocità di iniezione dell’acqua, la sua viscosità rispetto a quella della sospensione e la tensione di interfaccia. Riuscendo a misurare il numero di dita, che in termini tecnici corrisponde alla lunghezza d’onda dell’instabilità, e conoscendo le altre proprietà dei fluidi, è possibile risalire alla tensione di interfaccia.

Ho fatto un bel po’ di esperimenti per capire com’è fatta questa tensione in funzione delle diverse proprietà dei fluidi, in particolare della loro composizione. I materiali che abbiamo usato finora sono colloidi di silica, di poli-etilen-metacrilato e sospensioni di polimeri sintetici come il polistirene sulfonato, polietileneglicole.

Che risultati avete raggiunto?

Abbiamo capito che esiste una tensione di interfaccia tra fluidi miscibili e che questa dipende in modo drammatico dalla microstruttura dei fluidi in gioco. Abbiamo cercato di razionalizzare tutto questo in un modello termodinamico, chiamato phase-field.

Il passo successivo è stato cercare di studiare la dinamica del fluido vicino all’interfaccia per comprendere la natura microscopica della tensione. Abbiamo iniziato una serie di studi di microfluidica, microscopia ottica, particle tracking, reologia (studio delle proprietà viscoelastiche dei fluidi) e light scattering: dai dati raccolti vogliamo ottenere informazioni sulla velocità del fluido, il tensore di stress (o stress di deformazione), la digitazione viscosa e altri tipi di instabilità come quella di Kelvin-Helmoltz.

Dal punto di vista pratico usiamo dei micro canali in cui inseriamo una sospensione di microsferette (di circa 1 µm) e misuriamo la loro velocità al microscopio. Nelle analisi di microfluidica, si fanno scorrere fluidi diversi a velocità diverse l’uno accanto all’altro in canaletti molto piccoli; le microsferette funzionano da tracciante. Quando i due fluidi si incontrano, l’interfaccia diventa instabile e, seguendo al microscopio le sferette, possiamo capire come si comporta la deformazione e avere un’idea sul campo di velocità dei fluidi.

Le microsferette vengono sparate nei canali a velocità mostruose e per rilevarle usiamo delle camere rapide montate sul microscopio, in grado di registrare più di 10 000 immagini al secondo. Poi, per analizzare le immagini (particle tracking) usiamo apposite routine che abbiamo scritto noi e che ci permettono di mappare la velocità del fluido lungo tutto il canale.

Quali sono le applicazioni di questi studi sulla tensione di interfaccia dei fluidi miscibili?

Ce ne sono moltissime, anche perché in natura ci sono tantissimi fluidi miscibili: le correnti marine a diverse concentrazioni di sale, i fluidi geologici all’interno del nucleo e mantello terrestre con diversi gradienti di temperatura (che dovrebbe incidere sulla presenza delle tensioni di interfaccia), e così via.

Le tensioni di interfaccia regolano la stabilità delle superfici: più è grande la tensione tra due fluidi, più è difficile deformare la superficie. Questa caratteristica è, per esempio, cruciale per pulire i tubi degli impianti petroliferi: quando bisogna rimuovere un fluido da un tubo è importante che l’interfaccia non si destabilizzi altrimenti si creano queste dita e parte del fluido rimane nel tubo.

Un’altra applicazione riguarda la bonifica del suolo, meglio conosciuta come soil remediation, in cui si usano liquidi per pulire il sottosuolo da altri agenti, miscibili con i primi. Anche in questo caso l’interfaccia tra i due deve essere il più stabile possibile.

Recentemente ho iniziato una collaborazione con un gruppo di biochimica strutturale interessato a capire l’origine della disomogeneità della viscosità del sangue. Quando il sangue circola nei vasi, i globuli rossi si concentrano al centro mentre il plasma rimane vicino alle pareti: si crea così una vera e propria interfaccia tra una fase più concentrata e una meno concentrata di globuli rossi. Questa fase è stabilissima e permane per tantissimo tempo. Stiamo cercando di capire il ruolo degli stress di interfaccia dovuti al gradiente di concentrazione nella circolazione sanguigna: abbiamo condotto i primi esperimenti su sangue “sano” ma vogliamo occuparci anche di patologie come l’anemia falciforme o altre anemie.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Continuare gli esperimenti sulla natura microscopica degli stress di interfaccia. Tutti i sistemi eterogenei all’equilibrio e fuori equilibrio hanno delle interfacce e quindi comprendere l’esistenza di questi stress, dove e quando si formano, in relazione al gradiente di concentrazione tra due sostanze significa caratterizzare sempre più i sistemi eterogenei.

Nome: Domenico Truzzolillo
Età: 34 anni
Nato a: Soveria Mannelli (CZ)
Vivo a: Montpellier (Francia)
Dottorato in: fisica (Roma)
Ricerca: Tensione di interfaccia fuori equilibrio in fluidi semplici e complessi.
Istituto: Laboratoire Charles Coulomb, Université Montpellier (Francia)
Interessi: viaggiare, il calcio, leggere di storia e filosofia antica
Di Montpellier mi piace: tutto! Dall’architettura al clima, alle persone, le attività culturali, l’impianto urbanistico
Di Montpellier non mi piace: il cibo francese è stato una delle più grandi delusioni della mia vita
Pensiero: La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia. (Mahatma Gandhi)

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.