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Clima e salute: ecco perché è complesso capire come agire

Ogni contesto vede in gioco variabili diverse, che lo rendono unico, anche nello stimare gli effetti del riscaldamento globale. La parola all'esperta.

“Per costruire un pianeta resiliente agli effetti dei cambiamenti climatici, e proteggere così la salute della popolazione è necessario cambiare paradigma, cioè iniziare a ragionare a livello locale.” Crediti immagine: Pixabay

Le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla salute, in particolare legate all’aumento delle temperature globali, anche nell’area Mediterranea, sono ben note: aumento delle malattie infettive trasmesse da vettori come gli insetti, una maggiore incidenza attesa di malattie respiratorie, oltre a tutti gli effetti correlati con una minor disponibilità di risorse idriche e all’impatto di eventi estremi. Ma se è più semplice al momento elencare i nemici da sconfiggere, è ben più complesso capire quali sono gli strumenti migliori per farlo a livello pratico, e soprattutto mettere in atto sistemi di valutazione di questi strumenti che tengano conto delle caratteristiche uniche di ogni territorio. A sottolinearlo fra gli altri sono anche gli esperti intervenuti nel primo numero di The Lancet Planetary Health, pubblicato in aprile, dove si evidenzia la necessità di cominciare a valutare seriamente, dati alla mano, l’effettiva portata delle misure che possiamo intraprendere per contrastare gli effetti del riscaldamento globale.

“Riguardo all’area Mediterranea è complesso eseguire un’analisi che vada bene per ogni zona, ma anche per ogni comune all’interno della stessa regione” spiega a OggiScienza Paola Mercogliano del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), che sta studiando gli effetti che le ondate di calore potranno sortire da qui al 2050 nel comune di Prato, in Toscana, al fine di inserire queste valutazioni all’interno di un piano strategico comunale. “Stiamo vivendo una fase in cui abbiamo raggiunto, dopo anni di ricerche e di pubblicazioni scientifiche, una certa dose di conoscenze scientifiche riguardo alle possibili conseguenze dei cambiamenti climatici, a seconda del tipo di scenario che ci immaginiamo – continua Mercogliano – ma al tempo stesso a livello operativo è ancora tutto da capire, dal momento che, all’interno del rapporto di causa-effetto, agiscono moltissime variabili, che sono diverse a seconda della micro-zona, per non dire della città, considerata. Questo è il motivo per cui con il mio gruppo stiamo studiando gli effetti delle ondate di calore sulla salute della popolazione di una particolare città, appunto Prato, con l’obiettivo di mettere a punto delle azioni su misura per contrastare questi possibili effetti negativi. A livello pratico – prosegue l’esperta – si tratta di valutare l’impatto delle ondate di calore alla luce dei servizi presenti in città, come fontanelle pubbliche con acqua potabile, isole verdi e via dicendo.”

Le zone urbane saranno quelle infatti dove gli effetti dell’aumento delle temperature si riveleranno più efferati, dal momento che a differenza delle zone rurali, dove di notte la temperatura tende a scendere, ristabilendo un equilibrio termico, nelle città è più difficile che questo accada. “La sfida è riuscire a prevedere questo tipo di fenomeni e integrarli nei piani strategici per la salute cittadina, contesto per contesto, anzi quartiere per quartiere” chiosa Mercogliano. “A Torino per esempio abbiamo collaborato come CMCC a una ricerca che ha messo in luce come sia complesso parlare addirittura di resilienza in genere di una città, poiché a seconda del quartiere esaminato cambiano le variabili in gioco.” Riguardo al miglioramento del design cittadino per esempio, la ricerca ha analizzato nove azioni principali, tra cui la salvaguardia del verde urbano, la tutela delle aree protette, la presenza di alberature urbane, lo sviluppo e l’implementazione di tetti verdi e dei cosiddetti corridoi del vento.

“Per costruire un pianeta resiliente agli effetti dei cambiamenti climatici, e proteggere così la salute della popolazione è necessario cambiare paradigma – conclude l’autrice – cioè iniziare a ragionare a livello locale, ma per fare questo serve anzitutto una presa di coscienza di questo problema e delle differenze fra città e città, e quindi del bisogno che esse per prime si impegnino con progetti in questa direzione, perché il caso positivo di Prato non rimanga un episodio ma diventi un leitmotiv.”


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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.