SCOPERTE

E se la crosta terrestre fosse piovuta dal cielo?

Finora si riteneva che la crosta terrestre si fosse formata dalla solidificazione del magma delle eruzioni vulcaniche primitive, ma un nuovo studio dei ricercatori della McGill University di Montreal suggerisce che sia formata con una pioggia di minerali circa 4,5 miliardi di anni fa.

La crosta terrestre potrebbe essersi formata 4,5 miliardi di anni fa a causa di una pioggia di minerali. Crediti immagine: Simone Marchi, NASA

SCOPERTA – Immaginate di veder piovere dal cielo cristalli di silice, quarzo e feldspato. Questa è la scena che ci saremmo trovati davanti circa 4,5 miliardi di anni fa, quando alcuni dei componenti chimici caratteristici della crosta terrestre su cui ogni giorno poggiamo piede sono precipitati e si sono solidificati fino a formare quello strato superficiale e duro su cui è nata poi la vita. La nuova teoria del gruppo di geologi guidati Don Baker e Kassandra Sofonio della McGill University, in Canada, sembra ribaltare le ipotesi precedenti: i minerali primordiali della crosta terrestre non vengono dalle eruzioni vulcaniche, ma sono piovuti dal cielo.

I due geologi hanno pubblicato i risultati del loro studio sulla rivista Earth and Planetary Science Letters e la teoria promette di far parlare molto di sé. Alla base della loro ipotesi infatti non c’è la pesante attività vulcanica della Terra appena nata, ma lo scontro tra i nostro proto-pianeta e e un altro corpo celeste grande quanto Marte, il planetoide Theia. Una collisione da cui si sarebbe formata anche la Luna, espulsa come gigantesco detrito.

Nel momento della collisione del proto-pianeta, secondo i due scienziati, l’atmosfera terrestre è diventata così bollente da dissolvere le rocce della superficie terrestre, proprio come lo zucchero si dissolve nel caffè. I minerali dissolti sono così entrati in sospensione nell’atmosfera per poi raffreddarsi, solidificarsi e ricadere sulla superficie, dando vita ad una pioggia di silicati.

Per provare la loro teoria i ricercatori hanno ricreato in laboratorio le condizioni dell’atmosfera terrestre primitiva, riscaldando a 1550 gradi Celsius un mix di acqua e materiali a base di silice prelevati dal terreno ridotti in polvere. Poi hanno simulato le condizioni estreme a cui si trovava questa polvere nella Terra primordiale, incapsulando piccole quantità di polvere e acqua in capsule di palladio d’oro e ponendole in un contenitore a pressione. Infine le capsule sono state riscaldate fino a 727 gradi Celsius, in modo da raggiungere le condizioni atmosferiche del pianeta un milione di anni dopo la formazione della Luna dall’impatto.

Dopo ogni esperimento, gli scienziati hanno analizzato i campioni così ottenuti e il risultato è stato sempre lo stesso. Un risultato raggiunto non solo dal gruppo di Baker, ma anche da altri geologi che hanno condotto esperimenti analoghi. L’autore dello studio ha spiegato in un comunicato: “Siamo rimasti tutti sorpresi dell’incredibile somiglianza tra il materiale silicato dissolti degli esperimenti e quello rinvenuto nella crosta terrestre”.

Dopo i risultati ottenuti, Baker e Sofonio hanno potuto così lanciare la loro teoria del “metasomatismo aereo”, un termine coniato proprio dai ricercatori per descrivere il processo che ha portato i minerali silicati a condensarsi e a ricadere sulla superficie milioni di anni fa, producendo alcuni dei primi esemplari di roccia oggi noti.

Gli esperimenti non solo hanno dato una prima conferma della loro teoria, ma hanno spiegato anche la chimica che si cela dietro al processo. Una conoscenza fondamentale e che pone le basi per dare la caccia alla vita negli altri pianeti del nostro Sistema Solare che presentano condizioni simili a quelle osservate sulla Terra primitiva e che potrebbero ancora stupirci, svelando forme di vita che non conosciamo.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.