SCOPERTE

Un Nettuno caldo dall’atmosfera sorprendente

Il pianeta HAT-P-26b si trova a 437 anni luce dalla Terra e svela un’atmosfera sorprendente: gli scienziati hanno trovato tracce di acqua, una scoperta che riscrive quello che sappiamo della formazione dei pianeti dentro e fuori il nostro Sistema Solare.

L’atmosfera del “Nettuno caldo” HAT-P-26b, qui illustrato, è inaspettatamente primitiva, composta soprattutto di idrogeno ed elio. NASA/GSFC

SCOPERTE – Ha una massa pari a quella di Nettuno, ma è molto più caldo e più vicino alla sua stella. E soprattutto, per grande sorpresa degli scienziati, nella sua atmosfera c’è acqua, anche se non è un mondo “d’acqua” come la Terra. A rivelarlo le analisi dei dati raccolti dai telescopi spaziali Hubble e Spitzer dai ricercatori del Goddard Space Flight Center della NASA e dell’università del Maryland che hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Science. Se fino a non molto tempo fa anche solo scoprire un esopianeta rappresentava un evento eccezionale, ora siamo addirittura in grado di studiarli in dettaglio e dalle loro diversità con quelli del Sistema Solare capire molto di più di come i sistemi planetari si sono formati ed evolvono nel tempo.

L’esopianeta è definito un Nettuno caldo poiché anche se le sue dimensioni e la sua massa sono simili a quelle dei nostri Nettuno e Urano non condivide le loro temperature: non si tratta dunque di un mondo ghiacciato, ma è molto più caldo. Questo perché il pianeta potrebbe essersi formato su un’orbita più vicina alla sua stella, oppure in un periodo più tardo rispetto allo sviluppo del sistema planetario o una combinazione di queste due condizioni, come ha spiegato la Hannah Wakeford, una delle autrici della pubblicazione.

Gli scienziati si sono concentrati sui dati dei due telescopi spaziali e in particolare hanno usato la tecnica del transito per carpire importanti informazioni sul pianeta alieno. Durante un transito, una frazione della luce emessa dalla stella viene filtrata dall’atmosfera del pianeta, che assorbe solo alcune delle lunghezze d’onda della luce e non altre. Osservando le linee che si producono sullo spettro della stella come risultato del filtro, i ricercatori guidati da Hannah Wakeford e Drake Deming hanno ricostruito la composizione chimica dell’atmosfera del pianeta.

Grazie ai transiti osservati da Hubble e Spitzer, i ricercatori sono stati in grado di analizzare un ampio raggio di lunghezze d’onda, dal giallo alla regione dell’infrarosso, e hanno stimato la metallicità, un indicatore di quanto il pianeta sia ricco di elementi più pesanti di idrogeno ed elio rispetto al Sole, utilizzato in astronomia per studiare la formazione dei pianeti.

Per esempio pianeti come Giove hanno una metallicità tra le 2 e le 5 volte quella del Sole, mentre pianeti come Saturno arrivano a 10 volte tanto. Valori così bassi indicano nei pianeti un’alta presenza di elio e idrogeno. Pianeti come Nettuno e Urano invece hanno metallicità pari anche a 100 volte quella del Sole, valori che indicano la presenza di elementi più pesanti.

Questa differenza si deve probabilmente alle diverse regioni di formazione dei singoli corpi celesti. I pianeti come Nettuno e Urano si sarebbero formati in una regione più esterna ricca di polveri, detriti e gas e sono stati bombardati da una grande quantità di detriti ghiacciati che erano ricchi di elementi più pesanti. Giove e Saturno invece si sono formati in zone più calde del disco protoplanetario e dunque non sono stati oggetto del bombardamento. Noto questo meccanismo di formazione planetaria, gli scienziati lo hanno confrontato con quanto accade in altri sistemi planetari e hanno scoperto che il pianeta nettuniano HAT-P-11b e il gigante gassoso WASP-43b (grande il doppio di Giove) seguono dinamiche simili a quelle osservate nel nostro Sistema Solare.

Altrettanto non si può dire di HAT-P-26b, che con la sua metallicità pari a 4,8 volte quella del Sole ha dimostrato di essere sì grande come Nettuno, ma più simile nella sua chimica a Giove. Una diversità che entusiasma gli scienziati e pone per loro nuove sfide. Gli esopianeti infatti si dimostrano ogni giorno più diversi tra loro e “tradiscono” le aspettative, smentendo teorie e ispirandone di nuove. L’unica certezza è che ancora molto c’è da capire sulla formazione e l’evoluzione dei sistemi planetari: gli esopianeti sono mondi nuovi da scoprire e svelare.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.