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La signora degli abissi. Sylvia Earle si racconta

Sylvia Earle, leggenda vivente nell’esplorazione degli oceani, racconta la sua vita da scienziata iniziata quando ancora poche intraprendevano questo percorso.

Sono diversi i messaggi che si possono trarre da questo bel libro scritto da Chiara Carminati e illustrato da Mariachiara Di Giorgio, che è sì pensato per i bambini, ma che risulta una piacevolissima lettura anche per i più grandi.

La signora degli abissi

Prima di tutto questo è un libro sulla storia delle donne nel secolo scorso, dal momento che Sylvia Earle è senza dubbio l’emblema di una donna che è riuscita a driblare gli schemi e i pregiudizi che vedevano fuori luogo una donna che intraprendeva la carriera scientifica. Il percorso di Sylvia è iniziato infatti all’inizio degli anni Cinquanta, per prendere il volo negli anni Sessanta e Settanta, prima ancora che nel mondo di iniziasse a parlare di rivoluzione sessuale, di femminismo, di parità dei sessi. Leggendo la sua storia l’impressione che ci si fa di questa tenace scienziata è la naturalezza con cui sia riuscita a conciliare una carriera sfavillante con l’essere moglie e madre, in un contesto come la provincia americana. E nel 1968, “con la mia piccola Gale di cinque mesi chiusa dentro la pancia, mi sono chiusa io stessa nella pancia del sommergibile” che l’ha portata a 38 metri di profondità per esplorare il suo mare. Undici anni dopo, nel 1979, i metri erano diventati 400.

Un altro bel messaggio che emerge da questa pagine – questa volta per noi adulti – è l’importanza che ha avuto per Sylvia avere una famiglia che l’ha sostenuta indefessamente nella sua curiosità: prima i genitori “I miei genitori non erano certo ricchi – scrive  -ma il loro sostegno era totale”. E ancora qualche anno dopo, parlando della possibilità di recarsi per un periodo lontano dalla famiglia e dai figli, “Staranno col papà – mi ha risposto John, abbracciandomi. – Riconosco questa scintilla nei tuoi occhi, Sylvia. Curiosità, scoperte, avventura… sono il sale della nostra vita di scienziati. Nessuno potrebbe trattenerti a casa, sarebbe come soffocarti.” Era il 1964, e i tempi erano tutt’altro che maturi per una donna, soprattutto perché la spedizione prevedeva di imbarcarsi da sola insieme a 70 uomini. “Sylvia si imbarca con 70 uomini – titola il giornale – e si aspetta di non avere problemi.” Ancora una volta lei ci ride sopra. E ci riderà sopra anche nel 1970, quando le viene proposto di passare un periodo di due settimane in una casa sott’acqua, con un team di sole donne, e il giornale titolerà ancora “casalinga di Beacon Hill a capo di un team di subacquee”.

Un altro insegnamento di cui Sylvia sottolinea l’importanza è quello di trovare qualcosa che piace e di seguirlo, avendo il coraggio di abbandonare strade che non ci rappresentano troppo e virare – è il caso di dirlo – verso altri lidi, cavalcando nuove onde. È quello che la scienziata fece all’inizio degli anni Novanta, a sessant’anni, decidendo di dimettersi da capo scienziato del National Oceanographic and Atmospheric Administration (NOAA). “Per quanto fosse prestigioso il posto che mi era stato offerto, dopo soli due anni ho dato le dimissioni dal NOAA. Mi sono detta che c’erano mille altre direzioni in cui i miei sforzi sarebbero stati messi meglio a frutto per comunicare al mondo l’importanza della protezione degli oceani e dell’universo misterioso che contengono.”

Ancora una volta una donna che rompe gli schemi. Un’ottima lezione per le nuove generazioni.


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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.