CULTURA

Father and Son, il museo si mette in gioco

Da una passeggiata per Napoli ai giorni nostri all'eruzione del Vesuvio a Pompei del 79 d.C.: un videogioco sviluppato dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli permette di esplorare varie epoche storiche e diversi livelli temporali.

Father and Son, sviluppato dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, è un videogioco che ricostruisce un viaggio attraverso diverse epoche storiche e livelli temporali. Immagine dal sito fatherandsongame.com

CULTURA – Trecentomila download solo nei primi 40 giorni dal lancio. Un successo oltre le aspettative per Father and Son, il primo videogioco al mondo prodotto da un museo archeologico: il MANNMuseo Archeologico Nazionale di Napoli.

“Penso che sia l’app, e non solo il gioco, tra le più scaricate in ambito museale e culturale”, commenta Fabio Viola, presidente di TuoMuseo, l’associazione che ha sviluppato il videogioco.

Father and Son, gioco narrativo in 2D a scorrimento laterale (scaricabile gratuitamente da App Store e Google Play), racconta la storia di Michael, un ragazzo che, alla morte del padre archeologo, riceve una sua lettera che lo porterà a esplorare Napoli, il Museo e le sue collezioni. Un viaggio attraverso diverse epoche storiche e diversi livelli temporali, dalla Napoli di oggi all’antico Egitto, fino alla Pompei del 79 d.C. nelle ventiquattro ore che precedettero la devastante eruzione del Vesuvio.

“Secondo me, Father and Son sta avendo questo successo perché è un gioco che starebbe sul mercato indipendentemente dal fatto di essere prodotto da un museo”, continua Viola. “Nel titolo, nella descrizione sugli store e anche nella dinamica di gioco, il museo è incidentale. Il gioco ha una narrativa trasversale, che poteva funzionare anche in altri luoghi. Poi, ovviamente, abbiamo agganciato una serie di temi che riconducono alle collezioni museali e a Napoli.”

Father and Son è stato scaricato in tutto il mondo e si può giocare ovunque, senza conoscere la città e il MANN, ma l’ottima resa dell’ambientazione fa sentire il giocatore immerso nella storia di Michael, tra le strade di Napoli e all’interno del Museo. Il legame con il MANN poi è rafforzato non solo dalla sua presenza nella storia, ma anche da una serie di contenuti aggiuntivi che vengono sbloccati solo connettendosi e facendo il check-in nelle sale espositive. “Questa modalità, abbastanza sperimentale, ci sta dando grandi soddisfazioni, perché consente di creare un impatto turistico e fisico dell’esperienza”.

Tra le particolarità di Father and Son​ spiccano le bellissme grafiche dipinte a mano dall’artista inglese Sean Wenham, che ha ricostruito gli ambienti del museo e gli spazi esterni (tra cui 3 chilometri di strade di Napoli) e la colonna sonora originale, che varia in relazione alle epoche nelle quali il giocatore si trova e agli stati d’animo del protagonista.

“I responsabili del museo sono stati abbastanza folli o abbastanza lungimiranti da lasciarci carta bianca dal punto di vista creativo. Noi abbiamo individuato le storie, l’idea, il tema. C’è stato un grande lavoro di ricerca e per realizzare il gioco abbiamo impiegato circa otto mesi di lavoro”, racconta Viola. “E ancora non è finita: stiamo continuando a lavorare, abbiamo rilasciato aggiornamenti e stiamo traducendo il gioco in diverse lingue, anche grazie al successo internazionale che ha avuto”.

La realizzazione del videogioco era prevista come uno degli strumenti per incentivare l’audience development nel Piano Strategico del Museo, presentato a luglio dello scorso anno e realizzato dal professore Ludovico Solima, della Seconda Università di Napoli, insieme alla Direzione e allo staff del MANN.

Nel Piano Strategico la proposta del videogioco mirava a migliorare la capacità di attrarre e coinvolgere diversi pubblici, con uno sguardo particolare verso i giovani e i più piccoli. Father and Son non è però un gioco per bambini, ma coinvolge un pubblico giovane e adulto rendendo questo progetto un esperimento ancora più interessante e molto apprezzato dagli utenti, come dimostrano i feedback ricevuti e le recensioni sugli store.

“Penso che l’utilizzo del gaming sia una strada molto interessante, che ha grandi potenzialità, ancora tutte da esplorare. Il videogioco rappresenta una modalità semplice e non convenzionale per accostarsi a un’istituzione culturale”, afferma Solima. “​Il museo può essere percepito dalla collettività come un soggetto in grado di realizzare una produzione culturale, non solo dedito alla conservazione di un patrimonio storico-artistico ereditato dal passato”.

Il gioco è anche un modo nuovo per permettere al museo di superare i propri confini fisici e raggiungere pubblici nuovi e persone che, per la loro lontananza geografica, potrebbero non avere mai occasione di visitarlo. La maggior parte dei giocatori, infatti, arriva dall’estero, e  l’ampiezza del pubblico coinvolto fa riflettere soprattutto se messa in relazione con il numero di visitatori del MANN. Nel 2016, il Museo Archeologico è stato uno dei siti campani più visitati, con circa 450 000 presenze e una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. Il gioco ha raggiunto una diffusione simile in poche settimane, facendo emergere tutta la potenzialità di questo tipo di strumenti nella promozione turistica e culturale, oltre che per la divulgazione, l’educazione scientifica o la citizen science (come in altri esempi di cui avevamo parlato qui, qui e qui)

“L’ampio successo riscosso da Father and Son​ aiuterà gli altri musei italiani e stranieri a sperimentare questa possibilità; per loro sarà più semplice​ farlo proprio perché avranno la possibilità di riferirsi a un’esperienza di successo”, commenta Solima.

Un progetto simile, infatti, potrebbe funzionare bene anche in altri musei, artistici o scientifici. “Nel momento in cui si crea una storia universale comprensibile a tutti, e all’interno di questa macro-trama si innescano avventure collegate al tema del museo, credo che non ci siano vincoli geografici o di epoca storica”, conclude Fabio Viola. “Anche in un museo scientifico ci si potrebbe agganciare a storie straordinarie”.

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