RICERCANDO ALL'ESTERO

Una terapia genica per il dolore neuropatico

Il dolore neuropatico, e il dolore in generale, è sempre stato molto sottovalutato anche se condiziona drasticamente la vita delle persone. Spesso è conseguenza di una malattia, di un incidente, di un problema e purtroppo non ci sono farmaci altamente selettivi che possano realmente migliorare la qualità di vita delle persone.

Immagine dei gangli delle radici dorsali, dove si trovano i primi neuroni sensoriali direttamente coinvolti con il dolore neuropatico. In verde i neuroni e le fibre sensoriali, in blu i nuclei delle cellule gliali che circondano i neuroni e in rosso il soma delle cellule. Crediti immagine: Monica Norcini

RICERCANDO ALL’ESTERO – Il dolore neuropatico periferico è un dolore cronico persistente che può derivare da traumi ai nervi sensoriali del sistema nervoso periferico che inviano al cervello segnali sulle sensazioni meccaniche, luminose, acustiche. Se danneggiati o distrutti, per esempio da un intervento chirurgico, da malattie come il diabete o da trattamenti chemioterapici, questi nervi possono veicolare informazioni di dolore anche in assenza di una causa esterna: una manifestazione di questa condizione è, per esempio, l’allodinia, cioè una sensazione dolorosa in seguito a uno stimolo normalmente innocuo (come una carezza).
Il trattamento del dolore cronico consiste nell’alleviarne i sintomi ma la sua efficacia è tuttora limitata. Ne parliamo con Monica Norcini, che studia l’uso di microRNA per il trattamento genetico del dolore neuropatico presso il Department of anesthesiology, perioperative care & pain medicine della New York University.

Quali sono le possibili alternative in campo terapeutico per il dolore neuropatico?

La mia ricerca si basa sullo studio di nuove terapie genetiche. In particolare stiamo studiando un gruppo di microRNA che modificano la trascrizione e la traduzione di messaggeri (ndr mRNA) e proteine coinvolti nella scomparsa del dolore. Lavorando nel dipartimento di anestesiologia, ci occupiamo principalmente di neuropatia a seguito di operazioni chirurgiche: negli Stati Uniti si stima che circa il 2-10% dei pazienti sottoposti a interventi di vario tipo sviluppano dolore neuropatico causato da danni a qualche nervo. Spesso e volentieri il dolore è cronico.

Ho riprodotto in modelli animali due fenotipi diversi di dolore, uno chiamato sural-spared nerve injury (-SNI) e l’altro tibial-spared nerve injury. In pratica in questi animali, delle tre branche del nervo sciatico (tibiale, surale, peroniero) ne vengono recise due: quando viene risparmiato il nervo surale (sural-spared) gli animali mostrano dolore cronico e allodinia meccanica e termica persistente, dal primo giorno dopo l’intervento fino ai 5 mesi successivi investigati. Quando viene risparmiato il nervo tibiale (tibial-spared) si sviluppa un dolore neuropatico acuto che dura circa 14 giorni, attorno al ventitreesimo giorno comincia a scomparire e dopo 3 mesi gli animali sono ritornati a una condizione di salute.
Abbiamo comparato il livello di dolore, di allodinia e il comportamento di questi due modelli con animali naive e con gruppi di controllo, cioè topi che hanno subìto un intervento chirurgico come i due SNI ma senza recisione dei nervi.

Che tipo di neuroni avete studiato?

Per i vari modelli, abbiamo raccolto le radici dei gangli dorsali a livello lombare L3, L4, L5, che sono i primi neuroni sensoriali a ricevere le informazioni direttamente dalla periferia per poi trasferirle al midollo spinale e al cervello. Abbiamo estratto l’RNA totale e poi analizzato tramite microarray quasi 80 000 mRNA per verificare quali messaggeri aumentavano e quali diminuivano e in che modelli ciò succedeva. Sono stati selezionati circa 20-30 mRNA, che sono troppi e, soprattutto, appartengono a gruppi di proteine troppo variegati (recettori, leuchine, molecole infiammatorie) per riuscire a collegarli a un certo fenotipo.

Siamo quindi passati allo studio di uno dei tanti meccanismi di regolazione dell’espressione genica: abbiamo preso in considerazione 40 000 microRNA diversi e confrontato i loro livelli tra i topi sural-SNI, tibial-SNI e di controllo. Ne abbiamo selezionati nove che sembravano essere coinvolti nel recupero dal dolore neuropatico, sette dei quali aumentavano o diminuivano esponenzialmente nel confronto tra sural- e tibial-SNI.

Una volta identificati questi microRNA, qual è stato il passo successivo?

Li abbiamo inseriti all’interno di vettori lentivirali in modo da poter trasferire i microRNA all’interno di un organismo. In seguito, abbiamo iniettato i vettori a livello intratecale, il più vicino possibile alle radici dorsali degli animali sural-SNI, cioè quelli con dolore neuropatico cronico. I topi tibial-SNI sono serviti da confronto.

Dei sette microRNA testati, due sembrano funzionare molto bene nel recupero dal dolore, tanto che abbiamo iniziato le procedure per brevettarli. Sono microRNA principalmente legati a canali ionici: spesso e volentieri, infatti, il dolore neuropatico è collegato a un’ipereccitabilità di queste proteine (canali al sodio, potassio, calcio, TRP, pacemaker) e una loro ridotta espressione è associata a una scomparsa del dolore.
Le iniezioni sono state fatte a diversi tempi dopo l’intervento chirurgico: è emerso che una sola iniezione fatta subito dopo l’operazione è in grado di portare a una completa scomparsa del dolore neuropatico e a un livello di allodinia paragonabile a quello degli animali non sottoposti a intervento. Se l’iniezione viene fatta dopo tre giorni (che negli esseri umani corrispondono a due mesi), il dolore effettivamente diminuisce ma non in maniera persistente e, dopo un picco iniziale, l’effetto svanisce.

È possibile usare una simile terapia in modo preventivo?

È quello che ci auguriamo, per tutte le persone che dovranno subìre interventi ad alto rischio di dolore neuropatico. I due microRNA che abbiamo individuato sembrano essere molto promettenti e il motivo per cui funzionano così bene dipende dal modo con cui sono stati selezionati: non siamo partiti da un gruppo casuale di nucleotidi e poi, studiandoli, abbiamo scoperto che sono coinvolti nel dolore neuropatico; la nostra ricerca è nata direttamente da due modelli di dolore, abbiamo individuato le differenze e normalizzato con dei controlli.

Il nostro obiettivo ora è cercare di modulare questi microRNA per modificare l’espressione di quelle proteine che più probabilmente sono coinvolte nello sviluppo del dolore. Il vantaggio dei microRNA è che, essendo piccoli, sono in grado di legare e regolare tanti RNA messaggeri. Una terapia genica multitarget è sicuramente essenziale per un disturbo multifattoriale come il dolore neuropatico.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Testare i due microRNA e approfondire i loro meccanismi d’azione. Dato che modificano tante proteine non sarà un’analisi facile: per ora ci siamo concentrati sul filone dei canali e della loro iperattività.
Inoltre dovremo verificare la loro efficacia su diversi animali per poi arrivare ai pazienti umani: l’obiettivo finale è riuscire a trovare una terapia genica multitarget che, con una singola iniezione, sia in grado di ripristinare una condizione di salute o addirittura di prevenire il dolore in caso di interventi chirurgici a rischio.

Nome: Monica Norcini
Età: 37 anni
Nata a: Arezzo
Vivo a: New York (Stati Uniti)
Dottorato in: farmacologia e tossicologia (Firenze)
Ricerca: Uso di microRNA per il trattamento genetico del dolore neuropatico
Istituto: Department of anesthesiology, perioperative care & pain medicine (New York, Stati Uniti)
Interessi: cucinare, musica jazz, passare il tempo con la mia famiglia, giocare con mio figlio
Di New York mi piace: la multiculturalità, è possibile soddisfare qualsiasi interesse
Di New York non mi piace: il caos, la frenesia, il fatto che il lavoro viene prima di tutto, non è una città per famiglie
Pensiero: You may never know what results come from your action, but if you do nothing, there will be no result. (Mahatma Gandhi)

Leggi anche: Combattere l’aterosclerosi con la terapia genica

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.